Una storia di impegno per ritrovare la speranza in tempi difficili.
Perché proprio ora? Perché un manipolo di ostinati pacifisti volge lo sguardo (anche) all’indietro, verso le origini, la storia, le vittorie e le sconfitte del movimento per la pace, nel tempo in cui la guerra – anzi, la guerra di sterminio contro i civili – torna ad essere la regola (più che la tragica eccezione) dei rapporti internazionali? Perché ora, quando in molti, troppi Paesi sembrano prevalere il nazionalismo, lo sciovinismo, le culture dell’odio e il mito della forza che nel secolo scorso portarono l’Europa e il mondo nell’abisso?
Il sito-portale-archivio Paceinmovimento (in rete da dicembre: www.paceinmovimento.it) potrebbe sembrare un atto di nostalgia, il ricordo commosso degli anni in cui le bandiere arcobaleno coloravano le piazze di ogni parte d’Italia. Un pizzico di commozione c’è senz’altro, almeno per le foto che ritraggono le ragazze e i ragazzi che animarono le manifestazioni, le catene umane, i “presidi nonviolenti” e le (vere) missioni di pace in Jugoslavia o in Israele-Palestina, e ora hanno più di un capello bianco.
Tom Benetollo
Ma no, non è nostalgia. È piuttosto l’ennesimo regalo che ci ha fatto Tom Benetollo, animatore instancabile del movimento per la pace, dal 1980 fino alla sua morte improvvisa vent’anni fa: l’anniversario ha “costretto” molti di noi a scuoterci da un torpore rassegnato per ritrovare insieme l’impegno e la speranza. Paceinmovimento non è un sito su Tom (anche se ci sono molte bellissime pagine che lo ricordano), ma è dedicato a Tom da chi ha avuto la fortuna di condividere con lui un fondamentale pezzo di strada e da chi ne ha semplicemente sentito parlare dopo la sua scomparsa.
Del resto ogni parola di Tom era (è) un invito alla speranza, quando tutto sembra(va) andare nel verso contrario.
Il sito è articolato per decenni: prima “le origini”, le fiaccole sempre accese in tempi lontani (in Italia, da Aldo Capitini a Danilo Dolci, da La Pira ai primi obiettori di coscienza); a seguire, gli anni Ottanta del secolo scorso – quelli dello straordinario movimento che scosse il mondo contro la spirale del riarmo impersonata da Breznev e Reagan, e i decenni successivi: sui “luoghi del conflitto” (Iraq, Bosnia, Kossovo, Palestina...), il pacifismo globale, con l’intreccio tra pacifismo e no-global che portò milioni di persone a gridare che “un altro mondo è possibile” negli anni cupi aperti dalla sciagurata strage delle Twin Towers (fino a spingere il New York Times a definire il movimento “la seconda superpotenza globale”), l’età dell’incertezza (sì, diciamolo, anche del disorientamento, ad esempio dinanzi alla stagione delle “primavere arabe”), e infine i giorni nostri descritti da papa Francesco con la profetica sintesi della “guerra mondiale a pezzi”.
Memoria
Per ogni stagione una (breve) introduzione, e poi una raccolta di documenti, foto, filmati, tracce audio che continuerà ad arricchirsi con il contributo di ciascuno (già oggi l’archivio raccoglie oltre mille “pezzi di memoria”, dal video Rai della prima marcia Perugia-Assisi del 1961 alla paginetta di un quaderno che elenca i partecipanti della riunione che promosse la prima manifestazione nazionale per “un’Europa senza missili, dal Portogallo alla Polonia” il 24 ottobre 1981). Una sezione speciale – lo abbiamo già detto – riguarda Tom Benetollo, le sue idee e il suo ostinato e sorridente lavoro, e un’altra gli “approfondimenti”, con il link a molti altri siti, grandi e piccoli, che costituiscono un variopinto e insostituibile caleidoscopio della “memoria pacifista”, e tante “storie” di protagonisti illustri o sconosciuti di questi decenni di impegno (da Ernesto Balducci ad Alex Langer, da Pietro Ingrao a Lidia Menapace, da Tonino Bello a Dino Frisullo).
Il progetto
Il sito è stato promosso dall’ARCI – di cui Tom fu presidente fino alla morte – insieme a “Un ponte per” e “Sbilanciamoci”, con il sostegno imprescindibile dell’Istituto buddista italiano Soka Gakkai grazie ai fondi dell’8x1000. Il comitato di redazione ha avuto la responsabilità collettiva dei testi (le introduzioni) e della prima scelta dei documenti (ripetiamolo: ancora da arricchire, si attendono suggerimenti!), coadiuvato da tanti generosi collaboratori. I nomi sono sul sito.
Un ringraziamento speciale va a Luciana Castellina, presidente onoraria dell’ARCI, che da appena nove decenni (è nata nel 1929!) continua a produrre idee e proposte per un mondo migliore e diverso di quello che conobbe da ragazza nell’Europa straziata dalla Seconda guerra mondiale. Tra le “storie” c’è un suo racconto sugli esordi del “nuovo movimento per la pace” con la Campagna END (European Nuclear Disarmament) lanciata nel 1980 dalla Bertrand Russell Peace Foundation. Quel movimento, ricorda Luciana, fu “l’unica volta che siamo stati europei”.
È un monito non da poco, dinanzi alle contraddizioni impotenti dell’attuale Unione europea. Eppure, fu davvero così, perché quel movimento non solo era diffuso in tanti Paesi diversi ed era animato da straordinarie personalità europee ed europeiste (da Mary Kaldor a Mient Ian Faber, da Ken Coates a Petra Kelly, da Bernard Ravenel a Bruce Kent, e tra gli italiani – appunto – da Tom Benetollo a Luciana Castellina), ma perché seppe interpretare un nuovo “popolo europeo”, donne e uomini che si sentivano davvero fratelli e sorelle, uniti da valori, desideri, sogni ed esperienze.
Le Convenzioni europee per il disarmo nucleare seppero “dare forma” al quel nuovo popolo, anno dopo anno, da Bruxelles 1982 fino a Helsinky-Tallin nel 1990 (e a Mosca nel 1991).
Europa in movimento
La Convenzione di Perugia – nel luglio 1984 – fu speciale, perché affrontò con forza inaspettata la più nobile antinomia del pacifismo: dialogare con tutti, e, dunque, anche con quello che Reagan chiamava “l’impero del male”, ma stare al fianco di chi per la pace e la libertà rischiava la galera e subiva la repressione sotto i regimi autoritari sostenuti da Mosca. C’è una foto, nella pagina “L’Europa in movimento” (decennio 1979-1989, “Per un’Europa senza missili”) che mostra una catena umana a Berlino Est nel 1983: molti dei “pacifisti indipendenti” della Germania Est furono fermati dalla polizia poco prima, ma gli (altri) giovani europei erano lì, a dimostrazione che il pacifismo non è e non sarà mai indifferenza per i diritti umani, le libertà, la democrazia.
È questa la bussola con cui il sito affronta le tragedie di oggi, dall’Ucraina alla Palestina, nello scenario globale della “guerra mondiale a pezzi” (non ci sono riferimenti agli ultimissimi sviluppi, anche in Siria, per ovvie ragioni di tempo: il sito è stato presentato ufficialmente alla Camera dei deputati l’11 dicembre scorso).
I conflitti di oggi
Nessuna ragione, nessun torto subito nel tempo poteva giustifica i massacri nel rave-party Supernova e nei kibbutz di Israele il 7 ottobre 2023 né può giustificare il sistematico sterminio di civili a Gaza nei quindici mesi successivi. Nessuna disputa territoriale o “equilibrio geopolitico” giustifica l’aggressione a un altro Stato, la strage del teatro di Mariupol, i bombardamenti delle città ucraine. Il dilemma non è, dunque, tra l’arrendersi alla prepotenza degli aggressori e il rilancio infinito del riarmo e della guerra, ma piuttosto il modo migliore, nuovo ed efficace, per ritrovare le ragioni del “mai più” che i nostri padri e nonni gridarono 80 anni fa, dopo Auschwitz e dopo Hiroshima, e che risuonano nella Carta delle Nazioni Unite e nella Costituzione repubblicana.
I tempi nuovi ci fanno paura? Certamente sì, ma è bello ricordare che il movimento contro gli euromissili partì in Italia con lo slogan Stop terror now, basta paura subito, gridato a Bologna nel primo anniversario della strage fascista della stazione. E le centinaia di migliaia di persone che nelle settimane successive manifestarono a Milano, a Comiso e poi a Roma proclamavano proprio questo: il diritto a non aver paura. È quello di cui oggi il mondo ha bisogno, contro l’abitudine alla cultura della sopraffazione e della forza come regolatrice dei rapporti tra i Paesi come tra le persone.
Per i pacifisti italiani quel passaggio significò anche altro: dopo il terrorismo, dopo gli anni di piombo, dopo l’abitudine alla violenza, milioni di giovani e di persone di ogni età sceglievano di cambiare radicalmente campo e le regole del gioco, con la nonviolenza che divenne cifra, forma e contenuto della loro lotta. Non fu affatto facile, come non fu semplice ritrovarsi, oltre ogni retorica, tra persone di storie, fedi, culture ed esperienze politiche diversissime. Ma il momento richiedeva questo sforzo, con il mondo che sembrava avviarsi verso il baratro della guerra nucleare. E questo momento non ci chiede ancora una volta di rimetterci in cammino con la stessa urgenza?