Qualifica Autore: Ufficio Comunicazione Caritas di Locri-Gerace

La rete di solidarietà che cambia vite nella Locride.

  

L’accoglienza e l’integrazione sociale rappresentano due pilastri fondamentali per la coesione di una comunità. Una massima particolarmente vera a Roccella Jonica, dove la campagna nazionale dell’8xmille della CEI, lo scorso anno, ha acceso i riflettori sull’impegno della Caritas diocesana di Locri-Gerace e sulla collaborazione sinergica con istituzioni e associazioni locali nel sostegno ai più vulnerabili.

Sulle spiagge remote della costa ionica reggina, dove le istituzioni sono avvertite come distanti più che altrove e dove le risorse risicate spesso limitano l’incisività dell’associazionismo, il progetto “Un popolo per tutti” trova una declinazione concreta proprio nelle azioni quotidiane della Caritas, che opera come hub di assistenza per migranti e famiglie in difficoltà. In un contesto socioeconomico complesso come quello della Locride, la Chiesa e il volontariato si configurano, infatti, come attori essenziali nella costruzione di percorsi di integrazione e autonomia per le persone accolte. 

Il lavoro

Mons. Francesco Oliva, vescovo di Locri-Gerace, ha più volte sottolineato il valore del progetto, volto a promuovere l’inserimento lavorativo e sociale dei migranti. Il Porto delle Grazie di Roccella Jonica, divenuto simbolo dell’accoglienza calabrese, rappresenta il primo approdo per numerosi migranti che, dopo viaggi estenuanti, necessitano di un’assistenza che vada oltre la mera risposta emergenziale.

La Caritas, in questo scenario, garantisce un supporto multidimensionale che include servizi primari come igiene, nutrizione e abbigliamento, ma anche assistenza psicologica e orientamento socio-lavorativo. Carmen Bagalà, direttrice della Caritas diocesana di Locri-Gerace, ha sottolineato come la collaborazione tra enti del terzo settore e amministrazioni locali abbia rafforzato l’efficacia degli interventi, trasformando la rete assistenziale in un modello di welfare di prossimità.

“L’obiettivo non è solo fornire aiuti immediati, ma accompagnare le persone verso l’autosufficienza”, ha dichiarato, evidenziando il ruolo cruciale di progetti di sostegno abitativo, formativo e lavorativo. La sinergia con associazioni locali e nazionali ha reso possibile la creazione di iniziative educative per i più giovani, con programmi di tutoraggio scolastico e attività ricreative finalizzate a favorire l’inclusione sociale.

L’accoglienza

L’intensificarsi dei flussi migratori, in particolare dalla rotta turca e in conseguenza della crisi ucraina, ha aumentato la pressione sul sistema di accoglienza locale. Molti migranti giungono in condizioni di estrema vulnerabilità, con traumi fisici e psicologici derivanti dalle difficili traversate. In questo quadro, il contributo della Caritas e delle organizzazioni partner diventa determinante nel garantire un’accoglienza dignitosa e funzionale all’inclusione sociale. Oltre ai servizi essenziali, sono stati attivati sportelli di consulenza legale e amministrativa per agevolare il riconoscimento dei diritti e facilitare l’accesso alle opportunità disponibili sul territorio.

Il finanziamento di queste iniziative avviene soprattutto grazie all’8xmille, uno strumento di sussidiarietà essenziale per la sostenibilità degli interventi sociali promossi dalla Chiesa, il cui impatto positivo è alla base della sopravvivenza di questo modello di solidarietà integrata, in cui la sinergia tra enti ecclesiali, associazioni e istituzioni pubbliche gioca un ruolo determinante, in grado di rendere la Locride, al netto delle sue difficoltà socio-economiche, un esempio virtuoso di accoglienza e inclusione sociale.

Una storia

In questo contesto, la storia di Evina Kavac rappresenta in modo emblematico l’impegno della Caritas diocesana nell’accoglienza e nel supporto delle persone più vulnerabili. Evina è, infatti, una giovane donna migrante giunta sul territorio quasi due anni fa e segnalata dalla Croce Rossa a causa della sua condizione di estrema vulnerabilità. Incinta di quattro o cinque mesi, presentava infatti perdite preoccupanti che mettevano a rischio la sua gravidanza. Inoltre, il marito, sospettato di essere uno scafista, era stato arrestato all’arrivo in Italia. Senza alcun sostegno e con una salute fragile, Evina necessitava insomma di cure e di un luogo sicuro dove poter essere assistita.

Anche nel suo caso la Caritas, in collaborazione con la Croce Rossa e con altre realtà solidali del territorio, si è attivata per mettere in atto tempestivamente il proprio modello di supporto che, nel corso degli anni, le ha permesso di tendere la mano a minori stranieri non accompagnati, donne vittime di violenza e persone in situazioni di grave disagio che, per ragioni diverse, non potevano rimanere nelle strutture di prima accoglienza. Per questo, anche Evina è stata accolta in struttura, dove sono state avviate tutte le procedure per garantirle l’assistenza necessaria.

Durante le visite mediche, è stato così scoperto che Evina aveva un fibroma di 17 centimetri, una condizione che aggravava ulteriormente la sua già delicata situazione. Rimasta nella sede di Locri per un breve periodo, ha ricevuto tutte le cure di cui aveva bisogno grazie al lavoro giornaliero di volontari e operatori, finché non è stata inserita in un progetto SAI (Sistema di Accoglienza e Integrazione) per motivi sanitari. Inizialmente destinata a una struttura lontana dal territorio, la Caritas diocesana si è nuovamente attivata per mantenerla più vicino, affinché potesse avere un sostegno costante e la possibilità di seguire le vicende giudiziarie del marito.

Grazie alla rete della Caritas, Evina è stata trasferita nel progetto SAI della vicina Gioiosa Ionica, dove ha ricevuto tutti i documenti necessari per accedere ai benefici riservati ai richiedenti asilo e per intraprendere un percorso di vera autonomia, fondato su un tirocinio formativo, finanziato dalla Diocesi, nella sede dell’Associazione don Milani. Un’esperienza che le ha permesso di acquisire competenze professionali e avvicinarsi al mondo del lavoro.

Terminato lo scorso febbraio l’anno di tirocinio, è stato possibile prorogarlo per un altro semestre, inserendo Evina in un percorso lavorativo strutturato. Questo le ha dato l’opportunità di costruire un futuro più stabile, pur rimanendo vicino al marito che sta scontando la sua pena.

È evidente come questa sia una storia di accoglienza, impegno e speranza e, cosa che rende particolarmente orgogliosi gli operatori di Caritas e Diocesi, la dimostrazione che dietro ogni numero, dietro ogni volto che vediamo arrivare sulle nostre coste, ci siano persone con vissuti difficili, ma anche con sogni, speranze e il desiderio di ricominciare alle quali i volontari riescono a offrire gli strumenti necessari a ricostruire una vita dignitosa e abbattere le barriere dell’indifferenza. Una storia a lieto fine che ci permette di affermare senza tema di smentita che Evina, oggi, non è solo una migrante accolta, ma una donna che, grazie alla solidarietà di tanti, sta costruendo il suo futuro con forza e determinazione.

 

 

 

 

 

 


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