Il diritto e la giustizia sono condizioni necessarie per delimitare il potere, ripensare il modello di sviluppo e affermare l’ecologia integrale in risposta al dominio della guerra.
Nell’Enigma di Pio XII, Pier Paolo Pasolini scriveva che “le istituzioni sono commoventi: e gli uomini in altro che in esse non sanno riconoscersi. Sono esse che li rendono umilmente fratelli”. Ricorro a queste parole che considero verità civili, a me politicamente molto care, per riflettere sulla storia pastorale di Papa Francesco nel dialogo costante e generoso con le istituzioni internazionali. Il pontefice, infatti, ha frequentato con assiduità i luoghi della politica mondiale. Dalla prima visita al Parlamento Europeo e al Consiglio d’Europa il 25 novembre 2014 a Strasburgo, e poi con ripetuti interventi alle Nazioni Unite, Bergoglio ha imbastito nei 12 anni del suo pontificato una fitta sequenza di dialoghi, non solo ufficiali, con le istituzioni multilaterali.
Nei mesi successivi alla sua elezione il Papa argentino – primo non europeo in oltre un millennio – anticipava con Evangelii Gaudium, in una diagnosi per nulla accomodante, una critica irremovibile nei confronti del potere economico e finanziario globale, e del modello di sviluppo imposto da una globalizzazione che favorisce accumulazione incontrollata di capitali da un lato, esclude e uccide dall’altro. Le encicliche Laudato Si’ e Fratelli Tutti hanno poi approfondito e integrato queste visioni sul governo del mondo, la materia prima dei suoi interventi all’ONU.
Criteri
Ben consapevole delle carenze strutturali della società mondiale e delle molte occasioni mancate da parte del potere internazionale per “ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo ” (Laudato Si’, 189); convinto dell’urgenza di superare le strategie individualistiche dei singoli Stati, che in nome del mercato avvelenano i processi di integrazione e assicurano ai potenti di turno ogni forma di libertà (Fratelli Tutti, 170), il Papa ha curato il rapporto con le sedi dell’azione intergovernativa con autentica dedizione, con amore politico. Nel solco dei suoi predecessori, in particolare Paolo VI, Francesco non ha mai perso occasione per interpretare in prima persona, nella marcatura spirituale della leadership globale che ha esercitato, la vocazione altissima della politica: “una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune” (Evangelii Gaudium, 205).
Unione Europea
Il rapporto di Francesco con l’Unione Europea, nel sogno di “un’Europa sanamente laica, in cui Dio e Cesare siano distinti ma non opposti”, come scrisse in una lettera per il cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e UE, se da un lato gli ha evitato di dettare norme morali ispirate dalla Chiesa cattolica su alcuni ambiti della vita umana, dall’altro non ha impedito una profonda e continua rottura di Bergoglio con la UE e i suoi Stati membri sulle politiche migratorie. Francesco ha ostinatamente richiamato le responsabilità dei dirigenti europei nei confronti di chi fugge dalle persecuzioni e dalle guerre, dalla miseria, in nome di un’Europa umanista.
Mentre i politici europei proseguivano nella costruzione di un’Europa fortezza sempre più impenetrabile ai disperati del mondo, Bergoglio riportava su questi disperati l’attenzione mediatica globale andando a Lampedusa – sua prima visita pastorale – e denunciando a ripetizione il “freddo cimitero senza lapidi” del Mediterraneo (Discorso al Parlamento Europeo, novembre 2014), divenuto un “desolante mare mortuum”. Una guerra eurocentrica e cinica quella contro i migranti, la guerra di chi ha perduto il valore trascendente della dignità umana e non riconosce “un mondo più complesso e fortemente in movimento”. Poi le altre due sue visite all’isola di Lesbo: nel 2016, all’indomani dell’accordo europeo con la Turchia per bloccare l’arrivo dei siriani, conclusasi con il simbolico gesto di sfida al Continente, mettere a bordo del suo aereo dodici rifugiati, presi in carico dal Vaticano; e nel 2021, dopo il terribile incendio al campo di Moria, per denunciare il definitivo “naufragio di civiltà” in Europa.
Globalizzazione dell’indifferenza
Papa Francesco non ha dato tregua sul rischio di politiche imperniate sull’idea di “diritto individualista” che “porta ad essere sostanzialmente incuranti degli altri e a favorire quella globalizzazione dell’indifferenza che nasce dall’egoismo, frutto di una concezione dell’uomo incapace di accogliere la verità e di vivere un’autentica dimensione sociale” (Discorso al Consiglio D’Europa, novembre 2014), cui corrisponde la cultura dello scarto in cui siamo immersi. Bergoglio a Strasburgo chiedeva di riprendere il sogno di “un nuovo umanesimo europeo” ispirato ai diritti umani, lo sviluppo della democrazia e dello stato di diritto, salvo poi incalzare il continente: “Dov’è il tuo vigore? […] Dov’è la tua sete di verità che hai finora comunicato al mondo con passione?” Un’inquietudine, quella bergogliana, ravvivata dal rigurgito dell’internazionale reazionaria nel Vecchio Continente. In una lettera del 2 novembre 2020, Francesco lancia il suo grido: “Europa, ritrova te stessa! […] Non avere paura della tua Storia millenaria, che è una finestra sul tuo futuro più che sul passato”. Parole che fanno rabbrividire oggi, alla luce del Re-Arm EU.
Nazioni Unite
Non meno poderoso il dialogo con le Nazioni Unite. Bergoglio interviene alla FAO, alla Seconda Conferenza Internazionale sulla Nutrizione nel 2014, con una denuncia impietosa contro la “priorità del mercato” e la “preminenza del guadagno”, la mercificazione e speculazione finanziaria come ostacoli strutturali al diritto al cibo e alla dignità umana, in linea con Evangelii Gaudium e anticipando il binomio “dare da mangiare agli affamati per salvare la vita del pianeta” della enciclica Laudato Si’. Da allora, la sua presenza alla FAO si rinnova a più riprese, per ricordare ogni volta l’osceno crimine della fame. Incontra poi i membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la prima volta nel 2015, per il 70esimo anniversario dell’ONU. Il 2015, va ricordato, doveva segnare un anno di svolta per le sorti del pianeta, a cavallo tra la sigla dell’accordo dei 193 Stati membri dell’ONU in favore della Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e l’accordo di Parigi sul clima firmato a dicembre. Francesco si staglia in questa agenda globale con la sua Laudato Si’ – una sorprendente elaborazione di spiritualità geopolitica che dispiega le forme della pastorale socio-ecologica del Papa argentino.
Da questo ardito e autorevole posizionamento Bergoglio rivendica il tema del diritto e della giustizia come condizioni per delimitare il potere, per ripensare il modello di sviluppo per la fraternità universale, per affermare l’ecologia integrale come strategia di risposta al dominio epistemico della guerra e del riarmo. Francesco ha piena contezza della debolezza delle politiche nazionali che convergono nella istituzione mondiale. Eppure, riafferma la centralità dell’ONU come risposta giuridica e politica necessaria, “una risposta imprescindibile dal momento che il potere tecnologico, nelle mani di ideologie nazionalistiche o falsamente universalistiche, è capace di produrre tremende atrocità”.
Ripercorrendo 70 anni di realizzazioni per lo sviluppo del diritto internazionale e dei diritti umani, il perfezionamento del diritto umanitario, la soluzione di numerosi conflitti e l’intervento per la pace in contesti di guerra, Bergoglio rilancia l’ONU come sede per la realizzazione della casa comune e della fraternità universale, che per essere utile deve saper sostenere “l’esigenza di tener fede agli impegni sottoscritti” (Fratelli Tutti, 174). Parimenti, la riforma dell’architettura economica e finanziaria internazionale è condizione essenziale per dare “reale concretezza al concetto di famiglia delle Nazioni” (Fratelli Tutti, 173) e avere la meglio sulla forza transnazionale dell’economia “con istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate, con autorità designate in maniera imparziale mediante accordi tra i governi nazionali e dotate del potere di sanzionare” (Laudato Si’, 175).
Il potere. Il riarmo. Il materialismo individualista. In un mondo “affamato di fraternità” (Discorso al Consiglio di Sicurezza, 2023). Rileggendo gli interventi di Bergoglio, mi son persuasa che Francesco ritenesse, come Pasolini, che ci fosse qualcosa di misterioso nelle istituzioni, “unica forma di vita e semplice modello per l’umanità che il mistero di un singolo, in confronto, è nulla”. Per questo, la schiettezza delle parole e degli interrogativi rivolti ai responsabili del potere intergovernativo, uniti alla grammatica di certe visite pastorali, hanno costantemente operato da irriducibile pungolo nei confronti delle istituzioni internazionali. A molti mancherà la poesia del suo coraggio, la forza intellettuale della sua generosità.