Il ritorno delle armi. Conflitti a differente entità nel nostro tempo.
Il volume, “Il ritorno alle armi. Guerre del nostro tempo”, costituisce l’ottava tappa di un percorso di studio sui conflitti dimenticati, avviato da Caritas Italiana nel 2002, e che ha dato luogo ad altrettante pubblicazioni editoriali. Frutto di un lungo lavoro di studio portato avanti a cura di un gruppo ristretto di studiosi ed enti accreditati, il Rapporto si concentra sul peso mediatico delle guerre nell’agenda informativa, con particolare interesse agli aspetti umanitari e al legame tra guerra, ambiente e transizione ecologica. Uno spazio di approfondimento è dedicato al ruolo dell’acqua, risorsa limitata per eccellenza, che può divenire causa, strumento e obiettivo di un conflitto.
La prima parte del Rapporto è di taglio descrittivo-analitico e intende offrire uno spaccato dei fenomeni e delle tendenze in atto, con particolare riferimento allo scenario geopolitico dello scacchiere internazionale, che vede il ritorno della guerra tra Stati nel continente europeo. Ampio spazio è dedicato all’intervento umanitario, a come le organizzazioni si trovano ad agire in uno scenario di guerra caratterizzato da rischi e opportunità, con particolare riguardo al coinvolgimento dei minori in situazioni di conflitto armato.
Le statistiche rese disponibili da varie fonti internazionali evidenziano un mondo colpito da tanti conflitti armati, di elevata intensità. Secondo i dati diffusi dal Conclift Barometer dell’Università di Heidelberg, nel 2023 i fronti di conflitto armato di massima intensità (War) sono 22, e coinvolgono 18 Paesi. A distanza di tre anni dal precedente Rapporto sui conflitti dimenticati, il livello di gravità e diffusione delle guerre appare sostanzialmente costante: nel 2020 i fronti di guerra erano 21 e coinvolgevano 20 Paesi. Oggi nove Paesi sono ancora in situazione di grave conflitto armato: Azerbaijan, Burkina Faso, Ciad, Kenya, Mali, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Somalia e Sud Sudan. L’Africa si conferma il continente con il numero più elevato di guerre di lunga durata (9 su 10).
I dati disponibili evidenziano le contraddizioni del nostro tempo: a fronte di una conflittualità persistente aumenta la spesa militare complessiva, in particolare in alcuni Stati che impegnano quote sempre più ampie della propria ricchezza disponibile. È un fenomeno che riguarda tutti gli Stati, non solamente le superpotenze planetarie (USA, Cina, Russia). Ad esempio, con 83,6 miliardi di dollari, l’India si è collocata al quarto posto a livello mondiale per spese militari; nel 2023 il budget militare indiano è aumentato del 4,2% rispetto al 2022 e addirittura del 44% rispetto al 2014. Secondo i dati di SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute, Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma) i primi cinque Paesi della classifica (che comprende al quinto posto l’Arabia Saudita) rappresentano il 61% del totale delle spese militari globali.
Allo stesso tempo, sono tanti gli interventi per la pace avviati e implementati dalle istituzioni internazionali, anche se solamente un terzo di essi sono stati coordinati dall’ONU.
I bambini
Secondo i dati diffusi nell’ultimo Rapporto dal Segretario Generale per i bambini e i conflitti armati (ONU), pubblicato a giugno 2024, sono state registrate nel mondo 32.990 gravi violazioni contro i bambini in venticinque conflitti nazionali e in un conflitto regionale (il bacino del Lago Ciad): il numero più alto mai registrato dall’inizio delle attività di monitoraggio (2005).
Le violazioni includono uccisioni e menomazioni, reclutamento e utilizzo dei minori in gruppi e forze armate, violenza sessuale contro i bambini, rapimenti, attacchi a scuole e ospedali e diniego dell’accesso umanitario.
Uccisioni e menomazioni: nel Rapporto del 2024 è stato registrato il numero più alto di casi di questa violazione dall’inizio del monitoraggio con un aumento del 35% dallo scorso anno: da 8.647 bambini uccisi o mutilati nel 2022 a 11.649 nel 2023.
Minori rapiti nei conflitti armati: il numero è significativamente aumentato, raggiungendo per il terzo anno consecutivo un record storico: 4.356 casi nel 2023 di cui la maggior parte maschi; anche in Ucraina sono state registrate gravi violazioni ai diritti dei bambini: nel febbraio 2022 sono stati riportati 1.682 attacchi alla salute dei minorenni, a danno di operatori sanitari, forniture, strutture, magazzini, e ambulanze e oltre 3.000 attacchi a strutture educative, che hanno lasciato circa 5,3 milioni di bambini ucraini senza un accesso sicuro all’educazione.
Rispetto all’ingente volume di vulnerabilità determinato dai conflitti armati, emerge un fabbisogno umanitario di enorme entità, che non riesce a trovare una risposta adeguata nelle attuali politiche:
• quasi 300 milioni di persone nel mondo sono bisognose e dipendenti da aiuto umanitario, in quanto non hanno alcuno strumento per soddisfare in modo autonomo i propri bisogni primari. È una popolazione che si avvicina al 70% di quella dell’Unione Europea;
• la popolazione dell’Africa orientale e meridionale dipendente da assistenza umanitaria ammonta oggi a 74,1 milioni di persone;
• da sola, la guerra in Sudan ha generato nel 2023 bisogni umanitari per 15,8 milioni di persone, stimate a 30 milioni per il 2024 (di cui 3.5 milioni sono bambini, facendo del Sudan il Paese con il più alto numero di bambini sfollati in tutto il mondo).
La seconda parte del volume costituisce il “cuore” dell’opera e descrive i risultati di una serie di ricerche sul campo condotte ad hoc per il Rapporto. Vengono forniti risultati di un sondaggio demoscopico, realizzato dall’Istituto Demopolis, relativo alla conoscenza dei conflitti. L’attenzione si sposta poi sull’ambiente dei social media. Per l’occasione è stato scelto Instagram, uno dei nuovi media più diffusi, soprattutto in ambito giovanile. La rilevazione online sulla piattaforma ha consentito di rispondere a tre interrogativi: come si parla di guerra su Instagram? Come si parla dei conflitti dimenticati? Chi parla dei conflitti dimenticati?
Sempre sull’ambito mediatico si pone il capitolo curato dall’Osservatorio di Pavia, che ha studiato la presenza dei conflitti dimenticati nei contenuti trasmessi dai principali TG italiani negli anni 2022 e 2023. L’Osservatorio ha inoltre approfondito i fattori che favoriscono la copertura telegiornalistica dei conflitti e quanto le notizie hanno messo in rilievo il tema dell’acqua.
Un altro capitolo analizza circa 180 video, disegni, fotografie e componimenti inviati da studenti italiani, dalla scuola dell’infanzia fino alle superiori, che hanno letto e interpretato il tema del conflitto nell’ambito di un concorso indetto dal Ministero dell’Istruzione del Merito e Caritas Italiana. Conclude la seconda parte un’analisi trasversale dei diversi aspetti comunicativi emergenti dalle ricerche riportate nel testo, evidenziando categorie interpretative e aspetti di tendenza.
La terza parte del volume, che conclude il Rapporto, è invece di taglio propositivo, e ha lo scopo di delineare alcune possibili prospettive di lavoro e di impegno, anche a partire da esperienze concrete, nell’ambito civile ed ecclesiale, con particolare riferimento al ruolo della Chiesa universale e alla specifica realtà Caritas. Un primo capitolo si focalizza sul ruolo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite nel mantenimento della pace, analizza gli strumenti a sua disposizione per mantenerla e suggerisce possibili riforme per rendere l’azione dell’Organizzazione più incisiva ed efficace. Data la forte connessione tra guerra e tematiche ambientali, un capitolo studia l’attenzione per la “casa comune” all’interno del magistero Pontificio, con particolare attenzione all’enciclica Laudato Si’.
Un capitolo presenta alcuni possibili percorsi di riconciliazione a partire da esperienze e progetti sostenuti dalla Chiesa italiana. Il ventaglio di iniziative introdotte dalla Chiesa è di notevole ampiezza. Limitando l’attenzione alle sole attività coordinate dalla Chiesa italiana, si evidenzia una forte capacità della CEI di sostenere le progettualità socioassistenziali promosse dalle Chiese cattoliche presenti nei Paesi colpiti dai conflitti armati (vedi scheda).
Conclude il volume un contributo dedicato al rapporto tra conflitto armato e giornalismo, segnato da storie di coraggio e professionalità, ma al tempo stesso da aspetti di ambiguità e reciproca fascinazione.
La Chiesa italiana si è attivata anche mediante Campagne e interventi bilaterali di sostegno, a favore di Paesi colpiti da gravi emergenze, derivanti da guerre e conflitti armati. A gennaio 2023, in occasione della visita del Papa nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan, è stata lanciata la Campagna “Africa fame di giustizia” per sostenere gli interventi di aiuto in diversi Paesi africani colpiti da guerre e crisi ambientali, ma anche per offrire materiali di informazione e approfondimento per evidenziare i meccanismi di ingiustizia alla radice delle diverse crisi. Ai fondi raccolti con la Campagna si sono sommati due stanziamenti straordinari della Presidenza della CEI. Il primo, il 17 febbraio 2023, di 2,7 milioni di euro per rispondere alle crisi umanitarie in 13 Paesi africani e il secondo, a luglio 2023, di 1 milione di euro per aiuti alla popolazione colpita dalla guerra esplosa ad aprile in Sudan.
Sul conflitto in Ucraina, Caritas Italiana ha coordinato il progetto “Apri Ucraina”, che ha visto una consistente partecipazione delle diocesi italiane: 100 diocesi coinvolte in servizi di accoglienza (alloggio, istruzione, sanità...); oltre 6 mila ucraini accolti e ospitati dalle diocesi fino alla fine del 2023, 4 milioni di fondi erogati per il progetto. Ma anche al di fuori del contesto del progetto, notevole è stato lo sforzo di accoglienza: complessivamente, nel corso del 2023, sono stati 13.347 i cittadini ucraini assistiti nei centri di ascolto Caritas (bollette, pacchi, alimentari, aiuto educativo, orientamento...). Il picco era stato raggiunto nel 2022, con 21.930 cittadini ucraini aiutati nei centri di ascolto (pari al 15,1% di tutti gli utenti nei centri di ascolto Caritas).
Sul fronte del Medio Oriente, Caritas Italiana si è impegnata in progetti specifici di Pace e riconciliazione in Siria, Libano, Iraq e in Terra Santa, orientati soprattutto sul mondo giovanile. Sono stati raggiunti più di 3.000 giovani nei diversi Paesi, impegnando un budget di circa 160.000 euro (anno 2023).
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L'autore
Walter Nanni è sociologo, ricercatore, per diversi anni consulente per enti locali e organizzazioni non profit in materia di ricerca, formazione e progettazione sociale, attualmente responsabile del Servizio Studi di Caritas Italiana. Esperto sui temi della povertà e dell’esclusione sociale, è curatore del Rapporto sui conflitti dimenticati sin dalla prima edizione del 2001.
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Interventi CEI nei Paesi in guerra
Dal 1991 a oggi la CEI (Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli) ha accompagnato e sostenuto in 108 Paesi un totale di 18.378 progetti, pari a un ammontare di 2,554 miliardi di euro.
Dal novembre 2018 al 31 ottobre 2024, la CEI ha finanziato un totale di 2.321 progetti complessivi.
Oltre la metà dei progetti dal 2018 al 2024 (58,2%) ha riguardato Paesi in guerra (57,6% dei fondi erogati).
I progetti sostenuti in Paesi interessati da conflitti a estrema o alta gravità sono stati 1.351 (28 i Paesi).
Spesa militare mondiale nel 2023
2.443 miliardi di dollari (massimo storico). Per la prima volta dal 2009, si registra un aumento delle spese militari in tutti i continenti: + 6,8%, 2,3% del PIL globale, 306 dollari a persona;
Spesa militare nel 2023
USA: 820 miliardi di dollari (+2,3%)
Cina: 296 miliardi di dollari (+6%)
Russia: 109 miliardi di dollari
Gli interventi per la pace nel 2023
63 operazioni multilaterali di pace (64 nel 2022). Un terzo delle operazioni è coordinato dall’Onu
100.568 operatori (civili e militari) impegnati in operazioni di pace (dicembre 2023)
Erano 114.984 nel 2022