Dal silenzio delle Nazioni Unite al ruolo di Israele nel mondo.
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- Scritto da Nicoletta Dentico
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
Forse dovremmo chiedere alle donne afgane che cosa hanno da dire sulle insopportabili conseguenze del metodo adottato da Donald Trump per fare il grande gioco della politica internazionale, in un mondo che ha perso la bussola del diritto internazionale e della decenza diplomatica.
Forse dovremmo interpellare le donne afgane per capire quanto sa di sale, in un contesto sfiancato da decenni di guerra, il pane di un accordo negoziato e siglato direttamente con una sola delle parti in causa. Questo accadde a Doha nel febbraio del 2020 quando Donald Trump trattò con i Talebani, lasciando intenzionalmente gli alleati della Nato e il governo di Kabul fuori dalla porta. Lo stesso paradigma negoziale rischia di essere disastrosamente riproposto da Trump nei confronti dell’amico-nemico Putin. Fermare per interesse la guerra tra Russia e Ucraina, con la menzogna della pace.
Le donne afgane, loro sì, sanno. Sanno che cosa aspettarsi dall’euforica propaganda del “piano di pace” per Gaza appena somministrata dal presidente americano al suo secondo mandato. Trump esalta la tregua a Gaza e lo scambio degli ostaggi israeliani e palestinesi rivolgendosi con toni direttamente amichevoli a Benjamin Netanyahu, criminale certificato di un genocidio finanziato massicciamente dagli Stati Uniti, e ovviamente non ci sono palestinesi nella stanza.
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- Scritto da Tonio Dell'Olio
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
La speranza va osata, sempre e comunque. Oltre ogni realismo e calcolo. Per alimentare il nostro stare insieme.
Per una speranza oltre
La speranza, quella vera, quella che affonda le radici nel cielo e non nell’oscurità della terra, è sempre oltre. Oltre i nostri sguardi, oltre gli orizzonti della nostra comprensione, oltre i calcoli statistici, oltre le previsioni sapientemente definite. La speranza vera è sempre oltre.
Se ripensiamo al detto paolino di “Spes contra spem”, che si riferisce ad Abramo che “ebbe fede sperando contro ogni speranza (…)” (Rm 4,18) traduciamo letteralmente con “speranza contro la speranza” ma forse dovrebbe essere meglio tradotto con “speranza oltre ogni speranza”.
Insomma, ancora una volta si tratta di una speranza che non si arrende all’evidenza, alla sconfitta, alla disperazione, alla miopia dello sguardo esclusivamente umano, ed è capace di andare oltre. È l’ulteriorità a caratterizzare la speranza. E si tratta di uno spreco incomprensibile, di una spinta che conduce più in là dell’apparente e del visibile. C’è da diventare matti oppure a passare per matti, cosa che capita più frequentemente!
C’è una categoria di santi registrati nella storia della spiritualità cristiana che vengono definiti “i folli di Dio”. Sono quelli che sono rimasti talmente abbagliati dall’amore del Padre che non possono vivere che per lui e dedicano completamente la propria esistenza a farne conoscere la presenza.
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- Scritto da Alessandro Marescotti
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
L’altra frontiera dell’attivismo.
Tra la fine di settembre e l’inizio del mese di ottobre del 2025, si è scatenata una battaglia mediatica per convincere l’opinione pubblica che gli avvistamenti dei droni sugli aeroporti europei portavano alla Russia.
In un clima di paura e di sospetto, sono aumentati gli avvistamenti di droni.
Negli aeroporti europei c’è stata a momenti la paralisi. A un certo punto, il ministro della Difesa danese Troels Lund Poulsen ha calmato gli animi affermando che non ci sono prove che la Russia sia dietro l’incursione dei droni.
Non essendo stata accertata l’origine dei droni (alcuni esperti hanno escluso, per ragioni tecniche, la provenienza dalla Russia) è partita la caccia a presunte navi che, al largo delle coste europee, potessero aver fatto da piattaforme di partenza.
Le indagini si sono subito dirette sulla nave militare russa Alexander Shabalin che avrebbe navigato al largo della Danimarca “con i transponder spenti”. I transponder sono sistemi elettronici per rendere nota la presenza di un aereo o una nave. Basta fare una semplice interrogazione delle piattaforme di intelligenza artificiale per rendersi conto che le navi militari, come pure gli aerei militari, viaggiano con i transponder spenti.
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- Scritto da Francesco Comina
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
Due ragazze di terza media delle scuole delle Marcelline di Bolzano affrontano il male oscuro del conflitto a partire da Gaza ed esprimono il loro disgusto per un mondo senza più anima e senza più futuro.
Come iniziare un anno scolastico in un tempo di eccidi, di stermini, di genocidi e di guerra? Rileggendo un classico della letteratura: 1984 di George Orwell. Ho iniziato così le mie lezioni di italiano, in collaborazione con la collega di inglese del mio istituto pluricomprensivo dove insegno a Bolzano, la professoressa Sonia Reilly. Con i ragazzi dell’ultimo anno del liceo linguistico abbiamo lavorato tutto il mese di ottobre per capire l’attualità di Orwell, a 75 anni esatti dalla morte, e per cercare di indagare le distopie di oggi. Ne è venuto fuori un lavoro interessantissimo che sarà pubblicato come dossier su questa rivista nel numero di gennaio. Ma non ero del tutto soddisfatto, perché anche nelle mie due terze medie sentivo il bisogno di aprire un confronto su questi temi e sul tema più ampio della guerra.
E così abbiamo lavorato in parallelo anche alle medie sulla distopia del nostro tempo schiacciato dalle macchine e sulla guerra che toglie il sorriso e tiene bloccati anche ragazzi fortunati delle nostre città, in una condizione permanente di stress, magari impercettibile ma reale, per tutto quello che gli adulti non dicono, ma che comunque loro avvertono profondamente. Così ho proposto a questi ragazzi due tracce per un tema scritto in classe, una sulla società distopica e una sui bambini di Gaza. E ne è venuto fuori un mosaico ricchissimo di voci, sensazioni, idee, rabbie, denunce, paure... Così abbiamo pensato di dare testimonianza con la pubblicazione di due temi di due ragazze di terza B delle scuole medie Marcelline per far emergere la coscienza critica dei ragazzi di scuola media, non più bambini a cui far giungere solo favole e filastrocche, ma ragazzi in divenire capaci di uno sguardo sul mondo.
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- Scritto da Marisa Cioce
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
Progetto Itaca: riflessioni, storie e campagne sul disagio mentale.
“Anche tu convivi con un elefante? I disturbi psichici sono un elefante nella stanza da gestire ogni giorno!”. È questo lo slogan con cui si fa conoscere “Fondazione Progetto Itaca – Per la mente. Con il cuore”: l’elefante nella stanza è ingombrante, per quanto si faccia finta di non vederlo. La Campagna racconta come Itaca aiuti a rendere questo elefante più piccolo, dando supporto alle persone che vivono patologie mentali e alle loro famiglie.
Progetto Itaca è nato a Milano nell’ottobre del 1999, per iniziativa di un piccolo gruppo di familiari e pazienti. Negli anni successivi sono state fondate le sedi di Roma, Palermo, Firenze e Napoli. Nel 2012 è nata la Fondazione Progetto Itaca con lo scopo di rafforzare e sostenere lo sviluppo nazionale. Nel 2022 è stata costituita la sede di Progetto Itaca Bari che ha affiancato Itaca Lecce, nata nel 2016. Dal 29 giugno 2023 è iscritta al Registro unico nazionale del Terzo Settore.
Progetto Itaca promuove programmi di informazione, prevenzione, supporto e riabilitazione rivolti a persone affette da disturbi mentali e alle loro famiglie.
Le diciassette sedi in tutta Italia, riunite, rappresentano la principale organizzazione impegnata a favore della Salute Mentale.
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- Scritto da Rito Maresca
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
- Qualifica Autore: sacerdote, Rete “Preti contro il genocidio”
Preti contro il genocidio: una rete di sacerdoti che scelgono di rompere il silenzio.
“Perché restate in silenzio?”
“Perché restate così in silenzio? Perché non scendete in piazza, perché non organizzate un momento di preghiera davanti al Quirinale?”.
Queste parole, scritte da una suora missionaria in Giordania davanti al massacro di Gaza e all’apartheid che soffoca il popolo palestinese, mi hanno trafitto. Mi hanno interrogato e provocato: “perché?”
Intorno a me vedevo uomini e donne di buona volontà mobilitarsi: fiaccolate, marce silenziose, racconti di umanità ferita. Eppure, la domanda tornava insistente: “Perché la Chiesa tace?”.
I miei giovani me lo chiedevano, la mia comunità me lo chiedeva. Certo, non sarebbe giusto parlare di un vero silenzio: Gaza era nel cuore di papa Francesco, che chiamava ogni sera padre Romanelli; la diplomazia vaticana operava nel suo stile paziente; anche papa Leone, con voce commossa, chiedeva “una pace disarmata e disarmante”. E tanti sacerdoti, religiosi e religiose provavano e provano a non far spegnere la lampada della fede in questo tempo oscuro.
Eppure, alle comunità arrivava solo il rumore delle bombe e il silenzio. Il bollettino dei morti, e poi silenzio. Le violazioni del diritto internazionale, e poi silenzio. I colpi sparati sulla gente in cerca di cibo, e poi ancora silenzio. Mi sono chiesto: posso fare qualcosa?
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- Scritto da Intervista a cura di Rosa Siciliano
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
Il Festival delle migrazioni e il grande tema del superamento delle chiusure.
Dei diversi Festival che si propongono in Italia, abbiamo scelto di dar spazio al Festival delle migrazioni, che nasce e si svolge a Torino nel 2018, ad opera di Almateatro, Tedacà e Amafactory. I migranti non sono una “categoria”, ma persone, che riempiono la Storia di fusioni e di attraversamenti. “Ogni attraversamento è una crepa che si apre. È la Frontiera. Non è un luogo preciso, piuttosto la moltiplicazione di una serie di luoghi in perenne mutamento, che coincidono con la possibilità di finire da una parte o rimanere nell’altra.” (Alessandro Leogrande, La Frontiera). Abbiamo sentito Cristina Negri, che ci racconta qualcosa di questo Festival, svoltosi a Torino dal 10 al 14 settembre scorso.
“Il cuore oltre l’ostacolo”: avete scelto un titolo originale e attuale per questa edizione del Festival. Quali migrazioni sono al centro della vostra attenzione?
Il nome del Festival volutamente vuole rimanere aperto e richiamare l’idea di migrazione, movimento e mobilità come dimensioni antropologiche essenziali dell’esperienza umana. L’obiettivo principale del Festival delle migrazioni è quello di creare uno spazio di dibattito e partecipazione cittadina per poter riflettere e indagare insieme le diverse tematiche che ruotano attorno al concetto di migrazione.
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- Scritto da Michele Lucivero
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
Le proposte e le campagne dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università.
L’anno scolastico 2025-2026 è appena cominciato, ma si è già rivelato estremamente caldo dal punto di vista delle mobilitazioni, tutte legate all’impegno antimilitarista, pacifista e nonviolento che la società civile e il mondo della scuola vorrebbero indicare come direzione. A circa dieci giorni dall’inizio delle lezioni, ci troviamo tra fine settembre e primi di ottobre con due grandi scioperi generali, di cui il primo, quello del 22 settembre, con una percentuale di partecipazione del personale scolastico dell’11,2%, numeri che non si vedevano dal 2015; una manifestazione nazionale del 4 ottobre a Roma con più di un milione di persone, oltre a tantissime altre iniziative sparse per il territorio nazionale.
In questo quadro politico, l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha già messo a segno con grande successo diverse campagne di sensibilizzazione e tante altre ha intenzione di avviarne per proseguire con il lavoro di smilitarizzazione delle coscienze e delle menti, un processo culturale ed economico che, da tempo, sta infestando le nostre scuole, l’università e tutta la società civile.
Formazione
In tutti gli ordini e gradi di scuola, il personale scolastico deve contribuire al raggiungimento di obiettivi quali l’istruzione, la formazione, l’inclusione, l’autonomia, la crescita personale e, soprattutto, far sì che ragazze e ragazzi possano presentarsi al mondo come cittadine e cittadini consapevoli. E deve farlo subito, perché è sotto gli occhi di tutti come le tragedie del secolo scorso, il colonialismo, la Prima e la Seconda guerra mondiale, il genocidio di gruppi di persone riconducibili a categorie razziali, culturali, etniche e religiose, si stiano ripresentando oggi.
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- Scritto da Giovanni Marangoni e Paolo Fin
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
Il movimento dei Cristiani per la Pace e le proposte degli attivisti di Vicenza, di fronte all’invadente presenza USA della Base militare Del Din.
Vicenza è città Unesco, pur se lo è sempre di meno a causa dell’asfissiante e devastante (anche sul piano infrastrutturale, ambientale e monumentale) impatto dei nuovi, inarrestabili, perpetuamente ed esplosivamente in estensione, insediamenti militari di U.S. Army Garrison, l’esercito degli Stati Uniti. Nota bene: non della NATO! Nonostante la fortissima difesa popolare nonviolenta dei “No Dal Molin” durata una decina d’anni, il progetto di occupazione militare “Vicenza 2020” è stato già, purtroppo, in gran parte realizzato.
Pregare
La base USA Dal Molin (ora rinominata Del Din) ha tuttora un unico accesso da viale Ferrarin lungo il quale è presente un capitello votivo dedicato alla Madonna, dove, dal 2009, ogni terzo mercoledì del mese, gli amici della Comunità Papa Giovanni XXIII “pregano per la pace, per le vittime e per i carnefici, prima perché la base non venisse costruita, adesso che c’è, affinché venga riconvertita”. Spiega Paolo Fin: “Perseverare nel pregare ‘ostinatamente’ alimenta in noi la speranza per costruire un mondo più giusto e in pace.
Lo dobbiamo alle vittime innocenti di tutte le guerre, lo dobbiamo ai nostri figli e ai nostri nipoti”. Quale risultato avete ottenuto? “Beh, la nostra ‘orante ostinazione’ ha permesso di tenere accese le sensibilità nostre e di molte persone, di mantenere una vigilanza attiva rispetto alle nuove provocazioni che il nostro sistema bellico impone all’ambiente, alla viabilità, alle bellezze del nostro territorio patrimonio mondiale dell’Unesco, alla militarizzazione della città di Vicenza”.
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- Scritto da Intervista di Marianna Montagnana
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
- Qualifica Autore: Centro Pace Bolzano
La giustizia sociale nella lotta per i diritti umani: a colloquio con Frei Betto.
Esile nel fisico, semplice nell’aspetto e gentile nei modi. Instancabile con i suoi 80 anni, Frei Betto arriva a Bolzano in jeans e camicia bianca, un regalo di amici cubani. Ringrazia tantissimo per l’ospitalità, per averlo invitato e per il tour che è stato costruito apposta per lui: a Torino dalla Rete Radié Resch, a Bolzano ospite del Centro per la Pace, cuore organizzatore del tutto, a Milano dagli “Amici della Colonia Venezia”.
Ogni tappa è un’ondata di affetto che gli arriva e di riconoscimento per le battaglie che porta avanti, per il coraggio di tener fede alle sue idee e per averle difese anche sotto tortura. Frei Betto, al secolo Carlos Alberto Libânio Christo (nato a Belo Horizonte, Brasile) è un sacerdote, scrittore, attivista e politico brasiliano, uno dei maggiori esponenti della Teologia della Liberazione, noto per il suo impegno a favore dei diritti umani, della giustizia sociale e della difesa delle popolazioni indigene.
Proprio a causa del suo impegno politico e della forza delle sue idee, nel 1969 fu imprigionato e torturato dalla terribile dittatura militare brasiliana. Un’esperienza drammatica, che ha rafforzato, però, la sua visione, politica e religiosa assieme, impegnandolo in numerose battaglie per i diritti umani. Ha tenuto diversi incontri pubblici in Italia, una settimana densa di appuntamenti. Il 5 giugno era a Bolzano. Lo abbiamo intervistato.
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- Scritto da Ilaria Dell’Olio
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
È una vera e propria nuova architettura della realtà che ci rende spettatori di noi stessi.
Ci si sente un po’ Truman, nell’omonimo Show della sua vita. Questo l’effetto creato dalla Ipnocrazia, concetto messo a punto dal dialogo tra i redattori di edizioni Tlon e l’Intelligenza Artificiale. Il libro Ipnocrazia - Trump, Musk e la nuova architettura della realtà è frutto di un esperimento di cui è protagonista il filosofo creato dall’IA Jianwei Xun.
Un testo, potremmo affermare, oracolistico: basti pensare al discorso di insediamento del presidente Donald Trump alla Casa Bianca oppure al video generato con l’intelligenza artificiale, Trump Gaza, pubblicato dallo stesso sui suoi canali ufficiali lo scorso 26 febbraio.
In entrambi i contesti opera quella che Xun definisce “uno stato alterato di coscienza permanente”.
Infatti, obiettivo dell’ipnocrazia è catturare e manipolare la coscienza mediante immagini, parole e dati che non assumono più un carattere di neutralità. A sfumare, inoltre, è la distinzione tra realtà e simulazione, poiché questo sistema mira a creare molteplici narrazioni che “non dialogano: collidono”.
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- Scritto da Intervista di Marcella Orsini
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
In Afghanistan sono vietati libri scritti da donne. La voce di una giovane studentessa.
Nonostante gli sforzi della Campagna internazionale per il riconoscimento dell’apartheid di genere come crimine di diritto internazionale, in Afghanistan continuano le persecuzioni a danno di donne, ragazze e bambine. Questa volta, il tribalismo repressivo del regime talebano si è scagliato contro le fonti del sapere e della conoscenza nelle Università, dove è stato imposto di eliminare dall’insegnamento e dallo studio i testi scritti da donne. Sono stati vietati 140 libri scritti da donne ed è stato proibito insegnare i diritti umani.
La connessione a Internet è stata rallentata, a fine settembre anche sospesa per settimane, per limitare il rischio di “atti impuri” e impedire alle ragazze di studiare da casa. Milioni di afghani sono stati tagliati fuori dal mondo: senza voce, senza connessione, senza istruzione. Avendo scelto con forza e determinazione da che parte stare e di dare voce alle donne silenziate dalla violenta repressione di ogni forma di vita e di libertà, abbiamo raggiunto una giovane attivista afghana tra le più impegnate nella difesa del diritto all’istruzione delle ragazze e delle donne nel suo Paese, per farci raccontare la reazione e la risposta delle attiviste al nuovo ordine di divieti nel nome del “codice morale” imposto dai talebani.
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- Scritto da Anita Pesce
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
Il dramma di Gaza e di tutta la Palestina nel libro di Chris Hedges.
Chris Hedges, giornalista e già Premio Pulitzer, conoscitore della lingua araba e soprattutto degli Stati Arabi, ci trasporta, come autore di Un genocidio annunciato, sulle strade saccheggiate e annientate della Striscia di Gaza, e ci descrive incessanti bombardamenti, fame, sete e angoscia che sono diventate ménage quotidiano.
Il libro si avvale della prefazione di Piergiorgio Odifreddi, che definisce le voci introdotte nel volume come “coro da tragedia classica”. L’autore, nell’esaminare le radici storiche del conflitto, non condivide l’idea dominante che Israele sia l’unica democrazia in Medio Oriente, anzi pone in evidenza come il sionismo sia rigorosamente legato alla supremazia etnica e quindi il genocidio, termine quasi non pronunciabile qui, sia la conclusione prevedibile e immaginabile della politica israeliana, facilitata da un’immunità internazionale. Chris Hedges si sofferma specialmente sulla propaganda d’Israele che, conniventi i media dell’Occidente, stravolge e quindi falsa gli accadimenti, legittimando la distruzione e descrivendo i palestinesi come terroristi.
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- Scritto da Intervista a cura di Livio Gaio
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
- Qualifica Autore: coordinatore Sud di Pax Christi Italia
Martirani e Zanotelli a Eirenefest Napoli: la sfida al potere degli imperi.
All’interno di Eirenefest Napoli, festival del libro dedicato alla pace e alla nonviolenza, sabato 20 settembre sono intervenuti Giuliana Martirani e Alex Zanotelli le cui riflessioni hanno avuto origine da due testi: La Nonviolenza. Spiritualità e teoria di G. Martirani e La nonviolenza di Gesù. Operare la pace secondo i Vangeli di Pax Christi International.
Giuliana, perché un libro sulla nonviolenza?
La parola “pace” è molto compromessa: continua a essere usata per giustificare le guerre. “Nonviolenza”, invece, è un termine chiaro: nonviolenza con noi stessi, con il prossimo, con la natura. Per la prima volta, l’essere umano sta causando alla natura la sesta estinzione di massa. Le precedenti cinque furono provocate da eventi cosmici; questa volta siamo noi i responsabili. Non è solo questione di riscaldamento globale o inquinamento: abbiamo messo le mani sui beni comuni – acqua, terra, aria, fuoco – e li stiamo distruggendo.
E paradossalmente, di tutto ciò diamo la colpa ai giovani. Noi europei, che abbiamo colonizzato e sfruttato il mondo, oggi lo rifiutiamo chiudendo le porte ai migranti. Uno studio di Gaia Vince mostra che, abolendo i confini – quelli degli Stati e della proprietà privata – il PIL mondiale crescerebbe del 150%. I confini sono la maggiore limitazione alla ricchezza globale: basterebbe accogliere per crescere. Ma abbiamo perso la “sapienza”: eravamo cooperativi, oggi siamo competitivi.
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- Scritto da Rosa Siciliano
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
Coltivare la pace nella terra del Salento. Un progetto sostenuto dall’8 per mille della Chiesa cattolica.
Una filiera etica che crea lavoro, restituisce dignità e combatte lo spreco alimentare: diritti fa rima con lavoro e dignità nel cuore del Salento. La terra diventa strumento di inclusione e di giustizia e la strada di un nuovo modello di sviluppo si profila possibile. Ad Alliste, in diocesi di Nardò-Gallipoli, la Caritas ha dato vita a un’esperienza di agricoltura sociale.
Si chiama Opera Seme Farm e mette in rete persone, aziende e comunità per ridare vita ai campi abbandonati e al tempo stesso ridare speranza a chi ne ha più bisogno. Opera Seme Farm è un laboratorio di pace nel quotidiano. Perché la pace nasce dal lavoro dignitoso, dal rispetto della terra, dalla scelta di non sprecare, dal rimettere in circolo le risorse e le energie di una comunità. E questa esperienza traduce in pratica la dottrina sociale della Chiesa proponendo la solidarietà come stile di vita, la sussidiarietà come metodo, la cura del creato come vocazione.
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- Scritto da Mons. Francesco Neri
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
- Qualifica Autore: arcivescovo di Otranto
La più umile e la più alta delle creature: Maria, donna piena di Dio.
Nel suo Cantico, san Francesco pone la grammatica e il lessico per guardare a colei che tra le creature è la più umile e la più alta, Maria Santissima. I biografi del Santo notano che egli «circondava di un amore indicibile la Madre di Gesù, perché aveva reso nostro fratello il Signore della maestà. A suo onore cantava lodi particolari, innalzava preghiere, offriva affetti tanti e tali che lingua umana non potrebbe esprimere» (Tommaso da Celano, Vita Seconda: FF 786).
Don Tonino è anch’egli un grande innamorato di Maria, come mostrano gli Scritti mariani raccolti nel terzo volume delle sue opere, che sono fra i testi più esemplari del vescovo di Molfetta, per il modo in cui si combinano l’ispirazione, la devozione, la bellezza letteraria e la modernità.
In questo grande mosaico, don Tonino fa della Madre del Signore la piena icona del femminile, e la delinea con i tratti che definiscono il compito della donna nel progetto di Dio. L’obbedienza a Dio come fiducia, che nasce dallo scoprirsi pensati e desiderati, sostenuti da un progetto d’amore.
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- Scritto da Luciano Ardesi
- Categoria: Novembre 2025 - La risposta
- Qualifica Autore: sociologo
Cinquanta anni di occupazione e di resistenze.
Il Sahara Occidentale è l’ultima colonia africana, occupata per circa due terzi dal Marocco da 50 anni. Uno dei conflitti dimenticati, ma soprattutto forme molteplici del tutto ignorate. Nel nuovo ordine del disordine mondiale che si sta disegnando da tempo questa resistenza rischia di essere cancellata. Il diritto all’autodeterminazione, che l’Onu riconosce al popolo sahrawi, è sempre più a rischio.
La moderna resistenza sahrawi inizia nel maggio 1973, quando si costituisce il Fronte Polisario, il movimento di liberazione nazionale erede della resistenza al colonialismo spagnolo all’inizio del Novecento e maturata poi col risveglio dei popoli coloniali dopo la guerra mondiale. L’obiettivo è l’indipendenza e lo strumento è anche la resistenza armata, che diventa prioritaria quando all’inizio del novembre 1975 il Marocco comincia la penetrazione in quella che è ancora una colonia spagnola. Di fronte a un esercito poco motivato, i guerriglieri sahrawi, che si muovono su un terreno che conoscono perfettamente, infliggono gravi perdite al Marocco e soprattutto alla Mauritania, che intanto si era affiancata a Rabat, costringono nel 1979 Nouakchott a firmare un accordo di pace.
Nell’impossibilità di fermare con le armi il Polisario, il Marocco costruisce negli anni Ottanta un muro di sabbia, rocce e cemento armato, protetto da campi minati, che isola da nord a sud i territori occupati che si affacciano sull’Atlantico. Fin dall’inizio dell’invasione, nei centri che l’esercito marocchino via via occupa, la popolazione civile sahrawi introduce una resistenza non armata e nonviolenta. I primi anni la repressione è brutale, centinaia di attivisti sono arrestati, torturati, fatti scomparire. Sarà solo all’inizio degli anni Novanta che il velo del segreto sarà tolto e i sopravvissuti potranno narrare l’indicibile sofferenza di quegli anni.
La resistenza nonviolenta si manifesta ora alla luce del sole, ma non per questo viene meno la repressione. I sahrawi sono socialmente ed economicamente discriminati mentre Rabat inizia una politica di popolamento per ridurre i sahrawi a un’infima minoranza.
Dossier - Novembre 2025 - Eccezione Israele
A cura della Redazione
Parliamo di Israele, impronta e sentinella dell’Occidente in Asia occidentale. È una nazione complessa, a partire dalla sua nascita e dal suo stato di eccezione nella geopolitica internazionale del secondo dopoguerra.
In questo dossier, apriamo finestre sui settant'anni di impunità, sull’assenza dell’ONU, sulla tecnologia e la sicurezza, sull’indottrinamento della popolazione.
E sui suicidi tra le forze israeliane, sui disertori e sulla società civile che ha riempito le piazze.
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