Le ragioni della convergenza del 25 e 26 marzo crescono ogni giorno di più. Insorgere e convergere diventa ogni giorno di più necessario. Ogni giorno si moltiplicano “le crisi”: bellica, energetica, idrica, alimentare, debitoria, pandemica, inflattiva ecc...
Ognuna di queste crisi, presa singolarmente, alimenta “stati di emergenza” funzionali a rinviare, reprimere, inibire qualsiasi reale processo di cambiamento, scavalcando le più basilari forme di controllo democratico e popolare. Queste crisi, invece, prese insieme, valutate complessivamente, sono parte di un’unica crisi di sistema. E in quanto tali, confermano invece l’urgenza di dare vita a un cambiamento radicale e non rinviabile. Tutti i piani di transizione energetica e climatica messi in campo dalle attuali istituzioni si rivelano nella migliore delle ipotesi inefficaci, lenti, insufficienti. Nella peggiore delle ipotesi invece sono vere e proprie opere di inganno gattopardesche, dove tutto cambia per non cambiare nulla. La realtà è che non si può raggiungere la giustizia climatica senza toccare gli interessi economici più profondi e dominanti nella società. Non si può raggiungere la giustizia climatica senza scontrarsi contro la fitta rete di interessi economici ai vertici della società. E per realizzarla è fondamentale ripensare radicalmente il modello di produzione e consumo, attualmente basato sulla forte asimmetria di potere. Il che implica, fra le altre cose: proprietà collettiva di settori chiave per condurre una politica industriale in linea con i principi di rispetto dell'ambiente, necessità e sufficienza, abbattendo i consumi dei più ricchi, tutelando così le fasce più deboli della popolazione, diminuendo contemporaneamente il peso climatico del consumo dei supericchi e stabilendo, attraverso la redistribuzione, delle misure di welfare veramente universali e che riconoscano l’importanza delle attività di cura. Al contempo lo stato di precarietà lavorativa, disoccupazione da un lato e eccesso di lavoro dall’altro, povertà assoluta e relativa, vanno aumentando vorticosamente. L’inflazione galoppa alimentata da speculazione finanziaria, guerra, concorrenza tra potenze dall’impazzimento della catena di valore capitalista. La scala mobile dei salari, il salario minimo, la riduzione d’orario a parità di salario diventano misure di sopravvivenza fondamentali. La ripresa del Pil post Covid, basata su intensificazione di sfruttamento e precarietà, volge già al termine. Si avvicina una nuova recessione. Sarà basata su intensificazione di sfruttamento e precarietà. Il 25 e 26 marzo siamo scese e scesi in piazza per questo, per altro e per tutto. Abbiamo sancito in primo luogo che non esiste contrapposizione tra questione sociale e ambientale, che il programma sociale di cambiamento deve discendere dalle esigenze di vita e che le esigenze di vita del pianeta – l’unico che abbiamo – sono quelle di una rapida e radicale giustizia climatica. Ma abbiamo anche sancito che di fronte a una crisi complessiva, di sistema, abbiamo perso tutte e tutti il diritto alla settorialità, alla ristrettezza di vedute, alla mobilitazione corporativa o isolata, alla frantumazione e al settarismo. Abbiamo invece il dovere di convergere, per accumulare il più rapidamente possibile le forze necessarie a insorgere e ribaltare l’attuale situazione. Con questo spirito ci ritroveremo ancora una volta uniti nel Climate Social Camp di Torino, appuntamento che deve essere centrale non solo per le reti di lotta ecologista e climatica ma anche per le vertenze del lavoro e per tutti gli altri movimenti sociali. Questo momento sarà cruciale per porre le basi per una più ampia lotta autunnale, che parta dalla specificità dei vari territori e possa veramente unire i vari gruppi troppo spesso frammentati e isolati. Con questo spirito organizzeremo in autunno una discussione nazionale sul Polo Pubblico della Mobilità Sostenibile. E con questo spirito invitiamo ogni prossima scadenza ecologista a farsi parte di un ideale nuovo Insorgiamo tour; invitiamo ogni vertenza e organizzazione sindacale, ogni lotta sociale a integrarsi e farsi contaminare dall’avanzata della lotta ambientale, a presenziare i diversi campeggi e incontri ecologisti. E attraverso questo intreccio valuteremo insieme la possibilità di un nuovo “tenetevi libere e liberi” per quest’autunno.
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