Documento di sintesi del Forum per cambiare l’ordine delle cose, Roma, 30-31 marzo 2019, Garbatella
- Un po’ di storia
Il Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose ha preso avvio il 3 dicembre 2017 a Roma sulla scorta della forte indignazione suscitata dal film di Andrea Segre, l’Ordine delle Cose appunto, uscito al Festival di Venezia nel settembre 2017. Il film, con un tempismo raro, riusciva a rendere conto narrativamente di un passaggio che aveva molto esacerbato la dialettica politica nell’estate del 2017: la decisione dell’Italia di siglare (per conto della UE) un accordo di esternalizzazione con la Libia, proprio nel momento in cui la criminalizzazione delle Ong impegnate a salvare vite nel Mediterraneo raggiungeva livelli di veemenza mai visti prima, in un coro di accuse che ha coinvolto coerentemente sia le forze di governo che di opposizione. Il film, supportato nel suo lancio da una fitta rete di associazioni attive nel campo delle migrazioni - Medici Senza Frontiere, ASGI, Medici per i Diritti Umani (Medu), Amnesty International, Naga, Lunaria e Banca Etica – ha catalizzato l’urgenza di una reazione da parte della società civile e della cittadinanza: il Forum lanciato a Roma ha sortito una risposta inattesa in termini di partecipazione e di coinvolgimento (700 persone al Frentani, e circa un migliaio che seguivano l’incontro sulla diretta FB). Un’onda che non è stato facile sostenere nel tempo, date le ulteriori involuzioni intervenute nei mesi successivi e la mancanza di una vera e propria struttura organizzativa del Forum, oltre il direttivo che si è andato costituendo nel tempo.
Alla seconda edizione del Forum si è preso a ragionare dopo la approvazione del cosiddetto decreto sicurezza e immigrazione nel novembre 2018 (legge 132/18). L’idea di riconvocare tutti e tutte a Roma, alla fine di marzo, è stata una scommessa. Una scommessa rispetto alla comune stanchezza e frustrazione degli enti di accoglienza e delle organizzazioni umanitarie, dopo mesi di attacchi molto aspri – la vicenda Riace, i sequestri delle navi, gli estenuanti rimpalli sul salvataggio delle persone in mare, le indagini sugli Sprar, che non sono cessate. Una scommessa anche rispetto alla fatica di gestire il progressivo smantellamento di un sistema di ricezione imperfetto certo, ma con alcune punte di eccellenza, e la sopravvivenza quotidiana da inventare, storia per storia. Per non deprimere lo stato di diritto e la speranza del progetto migratorio. Tre incontri preparatori hanno anticipato l’organizzazione del Forum (il 30 gennaio, il 13 e il 28 febbraio), con una partecipazione molto incoraggiante, da tutta Italia. Abbiamo interpretato questa risposta come spinta di riemersione da una solitudine operativa asfissiante, ancorché inevitabile, e come voglia comune di non più solo subire o temere il presente, ma pensarsi invece in un orizzonte di resistenza strategica di lunga gittata.
Rispetto al primo evento di lancio del Forum, la seconda edizione si è caratterizzata sin dalla sua preparazione per alcuni tratti evoluti. Tra questi:
- la forte presenza delle esperienze territoriali, ovvero i Forum regionali che si erano creati nel frattempo, gli Sprar e le realtà di accoglienza diffusa. La loro partecipazione risponde allo stato di grave necessità ma anche a un risveglio registrato a più riprese nei territori, incluso in settori della società fino a qualche tempo prima sopiti, o meno attenti alle implicazioni della legge 132/18;
- la presenza delle diaspore come protagoniste della costruzione del Forum. La presenza delle comunità africane organizzate ha permesso di svelare l’urgenza di questo inedito intreccio nella costruzione di una narrazione nuova sulla presenza dei migranti nel nostro paese, e nella edificazione di un argine di nuova solidarietà rispetto alle politiche promosse dal governo;
- la dimensione europea, venutasi a creare nel tempo, dalla fine del 2017 ad oggi, dal basso, attraverso una piattaforma di discussione e azione comune che include alcuni paesi della UE (Francia, Grecia, Germania, Spagna, Cipro, Belgio).
LA SECONDA EDIZIONE DEL FORUM PER CAMBIARE L’ORDINE DELLE COSE (30-31 marzo 2019)
I segnali che emergono quotidianamente non solo preoccupano, ma fanno emergere quanto sia decisiva la sfida di civiltà che è in gioco intorno al tema delle migrazioni. Restare tutti uniti e capire come muoversi è oggi fondamentale. Il Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose rappresenta uno spazio libero e plurale, senza bandiere ed etichette, che intende porsi come terreno di costruzione di una sinergia e di una rete oggi quanto mai necessaria. Finché il diritto e la volontà delle persone a viaggiare, a partire, a muoversi non diventerà il cuore di un radicale cambiamento delle politiche migratorie, nulla davvero cambierà.
Il secondo appuntamento del Forum è stato pensato come una occasione di studio e di confronto aperto a Roma, nel quartiere della Garbatella. L’idea è stata quella di predisporre un luogo dove potessero liberamente confluire le diverse realtà interessate ai temi migratori, le grandi organizzazioni, la varietà delle organizzazioni delle diaspore, le entità piccole, le iniziative delle navi, le reti locali emergenti e le persone singole interessate ad attivarsi nelle realtà di appartenenza. La riflessione sviluppatasi nel corso dei tre incontri preparatori ha formulato una agenda costruita su due giorni
- una prima sessione di gruppi di lavoro tematici nel pomeriggio del 30 marzo, più orientati alle persone addette ai lavori;
- una giornata di dibattiti allargati in plenaria, con le restituzioni dei gruppi di lavoro, una tavola rotonda, uno spazio di interventi e di interlocuzione anche con il mondo politico e con le esperienze internazionali.
e ha trovato convergenza su quattro aree di approfondimento, attorno alle quali sono stati concepiti e organizzati i gruppo di lavoro:
- esclusione: sulle conseguenze della legge 132/18 (cosiddetto decreto sicurezza e immigrazione), e gli effetti di esclusione e produzione di irregolarità derivanti dall’attacco al sistema di protezione;
- inclusione sociale e welfare bilaterale, cittadinanza: sulla possibilità di approfondire e replicare modelli di sostegno alla cittadinanza e di promozione dei diritti in grado di rispondere ai bisogni oltre la contrapposizione fra persone di origine italiana e migranti. Per rivolgere uno sguardo attento ai bisogni fondamentali di tutti, nelle specifiche realtà;
- frontiere e vie legali: sulla necessità di affrontare il tema del decreto flussi, ovvero del sistematico diniego dei visti di viaggio presso le ambasciate dei paesi europei in Africa o in altre parti del sul globale (anche quando si tratti di motivi di studio e/o ricongiungimento familiare). Importanza di riaffermare le vie legali di viaggio, anche per favorire il ritorno disciplinato nei paesi di origine;
- inclusione e partecipazione: sulla costruzione di nuove modalità di interpretazione della mobilità umana a partire dalla inclusione delle diaspore e delle comunità locali, nelle forme della coesistenza in Italia e in Europa, per contrastare insieme il veleno di una politica sulle migrazioni incapace di riconoscere la complessa realtà del nostro tempo.
Si è tenuto inoltre un incontro della piattaforma internazionale, grazie alla presenza a Roma di attivisti provenienti da diversi paesi europei, che hanno inteso valorizzare l’appuntamento del Forum per costruire insieme una strategia in vista delle prossime elezioni di maggio.
SINTESI DEI GRUPPI DI LAVORO DEL 30 MARZO
Gruppo 1. Esclusione
Punto di partenza è stata la comune preoccupazione sulle ricadute negative che stanno per realizzarsi dopo che il “decreto Salvini” ha stravolto il sistema di accoglienza determinando di fatto la chiusura degli spazi di accoglienza e la eliminazione di uno strumento molto avanzato della legislazione italiana quale è stata la possibilità di ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, strumento che ha permesso di “resistere” con buona efficacia ai dinieghi della Commissione Territoriale al riconoscimento della protezione internazionale.
La preoccupazione nasce dalla consapevolezza che l’ interazione tra le due conseguenze rischia di innescare una gravissima condizione di irregolarità, rendendo assai più ardua la possibilità di intercettare tutti e tutte coloro che finiranno nella zona grigia determinata proprio dal nuovo quadro normativo.
L’azione sui territori va dunque declinata in modo nuovo e il più possibile capillare. La necessità, anche politica, di conoscersi e riconoscersi, per lavorare in rete, su base territoriale e nazionale, è stato il punto di maggiore condivisione tra tutti i presenti, insieme con la importanza di costruire percorsi di formazione ed autoformazione, da gestirsi anche su piattaforma digitale, per condividere saperi, competenze ed azioni.
Le nuove criticità su cui intervenire con urgenza possono sintetizzarsi come segue:
Come limitare la portata delle nuove forme di “esclusione”. |
Come intercettare quanti saranno “esclusi” dal nuovo sistema. |
Operativamente, le azioni da mettere in campo sono state individuate secondo le seguenti piste
Sul Permesso per motivi umanitari
Vigilare sulla corretta applicazione del principio di irretroattività (sancito anche dalla Cassazione con la sentenza n. 4890 del 20/02/2019) della abrogazione di fatto del permesso per motivi umanitari, forma di accoglienza che deve continuare ad essere applicata a tutti coloro che abbiano fatto domanda di asilo prima del 5 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto Salvini) moltiplicando il contenzioso nei casi di abuso nella applicazione della norma. |
La fine delle proroghe che si compirà intorno al mese di aprile 2019, renderà operativi nuovi bandi per la apertura dei CAS; sarà necessario diffondere la consapevolezza della necessità di partecipare ai bandi al solo fine di impugnare il Capitolato per incongruità dei finanziamenti.
Necessario costruire Sportelli di Servizio territoriali su base volontaria. |
Sulla residenza
Moltiplicare il numero dei Comuni che accettino la iscrizione o variazione anagrafica dello straniero regolarmente soggiornante.
Valorizzare il precedente ottenuto avanti il Tribunale di Firenze (Ordinanza del 18 marzo 2019 resa nel procedimento RG. 361/2019) secondo la quale la semplice presentazione della domanda di riconoscimento della protezione internazionale costituisce titolo per la iscrizione anagrafica. |
Verso i Comuni che non dovessero prendere una posizione politica di apertura alle richieste di iscrizione anagrafica dello dello/a straniero/a mettere in campo una campagna di resistenza anche legale con la parola d’ordine:
“UN RICORSO PER OGNI COMUNE” |
Ampliare la applicazione delle forme di permesso sopravvissute al decreto Salvini: - Permessi di soggiorno per casi speciali - Permessi di soggiorno per protezione sociale - Permessi di soggiorno per vittime di violenza domestica - Permessi di soggiorno per particolare sfruttamento lavorativo - Permessi di soggiorno per attesa occupazione |
Fare rete con le realtà associative già impegnate in settori attinenti alle diverse tipologie di permesso:
- Centri Antiviolenza di genere (CAV) - Organizzazioni sindacali (in particolare le categorie più a contatto con lavoratori e lavoratrici migranti: alimentaristi, edili, domestici, ecc.) - Associazioni ambientaliste - Associazioni vittime di tratta
e con le realtà antirazziste locali che si stanno via via formando. |
Gruppo 2. Welfare inclusivo e bilaterale
Il gruppo ha articolato una intensa discussione, nel corso della quale sono state illustrate le azioni concrete di inclusione bilaterale che hanno permesso di agevolare il percorso di autonomia, forme di inclusione lavorativa, supporto legale, residenza, per ottenere una fattiva inclusione nel contesto dello Sprar di Caserta. La legge 132 ha colpito al cuore il sistema, volendo fermare ciò che sta funzionando. Reddito, inclusione, cittadinanza. Sono questi i tre concetti su cui fondare il lavoro del futuro.
Le proposte concrete emerse:
- Sportelli informativi contro le povertà
Una proposta da mettere in campo se ci fosse la volontà di costruirli sul proprio territorio con una linea comune che possiamo dare noi, come piano nazionale (per restituire quello che dicevano sui due livelli da tenere insieme e da interfaccia reciproca)
- Raccolta dati sulle povertà e vertenze su come risolvere i casi concreti!
In questo tavolo è possibile costruire i punti nodali che vogliamo far emergere e poi aggregare per la raccolta e la analisi comparata. Così è possibili capire quali sono le criticità comuni, gli ostacoli ricorrenti, sulla base dei quali costruire laddove fattibile una vertenza comune.
- Cittadinanza come concetto di “chi vive il territorio” va costruito attraverso azioni concrete
Cittadinanza = serve campagna riconoscibile e condivisa Es. EuropAsilo ha costruito quella ‘io accolgo’ che riunisce tutti coloro che si ribellano al sistema non accogliente. Hanno fatto stick da attaccare perché si sia riconoscibili
- Come cambiamo atteggiamento di una persona? Attraverso concetti ma attraverso pratiche concrete!! cosa posso fare? In base alle proprie competenze, rimuovere gli ostacoli che determinano l’irregolarità e quindi incentivare azioni legali. Se leghiamo cittadinanza al concetto di partecipazione possiamo secondo me chiedere la denuncia che permetta a noi, di nuovo piano nazionale, di parlare degli ostacoli e muoverci legalmente
Migranti e autoctoni devono lavorare insieme. Ci vuole un messaggio e un metodo di incoraggiamento in tal senso. Si può pensare ad una forma di SPRAR privato, di imprese sociali che sposino i valori di integrazione e inclusione, con appoggio di imprese profit illuminate. Occorre creare delle forme di welfare che sia generativo e vertenziale, non assistenziale. E’ auspicabile parlare nuovamente di reddito di base perché c’è necessità di reddito tra la popolazione. Tutto questo crea cittadinanza, ma chi crea partecipazione, inclusione?
Gruppo 3. Frontiere e canali legali
Nell'ambito delle discussioni del gruppo 3 "Frontiere e canali regolari" del Forum sono emerse parecchie riflessioni. Le più rilevanti sono qui di seguito esposte.
La tratta di essere umani tra Libia e Italia, con le conseguenti violenze che si registrano nei campi di detenzione, avviene perché non vi sono possibilità di entrare in Italia e in Europa attraverso un regolare visto. Questo è un dato che non irrompe con sufficiente forza nella discussione sui flussi migratori. Perché è così difficile ottenere un visto turistico o un visto per ricongiungimento familiare, per le persone provenienti dal continente africano? Perché viene negati gli studenti africani la possibilità di visto per motivi di studio in Europa? I visti vanno richiesti alle ambasciate e ai consolati italiani per chi vuole entrare in Italia, presenti negli Stati dove gli aspiranti migranti risiedono. Ma è facile ottenere un visto di ingresso ?
Premesso che il visto d'ingresso è ora regolato dal Codice comunitario dei visti (Regolamento n. 810/2009), i motivi per cui si può ottenere un visto d'ingresso nell'area Schengen sono diversi. Quelli più utilizzati per arrivare in Europa sono cure mediche, motivi familiari, turismo, e in passato, quando in Italia occorreva mano d'opera straniera, sono stati utilizzati soprattutto i visti per lavoro autonomo e lavoro subordinato. Attualmente è stato abolito il visto per ricerca del lavoro. Oggi questi visti non vengono più rilasciati. L'Europa si è ridotta a usare normative sempre più complicate e farraginose, le maglie della burocrazia diventano sempre più strette e i requisiti per accedere alle frontiere esterne risultano sempre più stringenti. Chi fa richiesta per un visto di ingresso deve dimostrare capacità economiche e di autosostentamento per sè e per i propri familiari, soprattutto nei casi di ricongiungimenti familiari. Gli standard finanziari utilizzati non sono realistici, e bilanciati.
Impedendo una via di ingresso legale si dà vita ad un percorso di ingresso illegale gestito dai trafficanti di uomini e mercenari, un business che impone un prezzo altissismo sulle famiglie e comunità, molto redditizio per i vari racket del traffico di persone, ma per nulla sicuro per i migranti. Un business, che rende impossibile praticamente le ipotesi di tornare indietro, lungo il viaggio.
Come immaginare una azione pressione sulla Unione Europea, affinché riveda la sua politica dei visti? Durante la riunione del Gruppo di Lavoro si è pensato ad azioni simboliche che colpiscano soprattutto l'opinione pubblica, soprattutto in questo momento in cui in Italia sono in molti a prendere parola per “la difesa della famiglia”. Cavalcando questo rinato interesse nazionale per la famiglia, sarebbe interessante applicarlo al caso di visti per motivi familiari. L’idea potrebbe essere quella di organizzare in tutti gli aeroporti italiani un flash mob così concepito: persone che aspettano ai varchi figli mariti genitori che non arriveranno, con cartelli e messaggi rispetto al dolore di una famiglia che non può riunirsi e vivere in pienezza.
Un’altra idea è stata quella di fare pressioni sulle ambasciate, titolari di un vero e proprio potere discrezionale nel rilasciare o negare un visto, attraverso manifestazioni di protesta da organizzare con molta cautela negli stessi paesi di origine, tramite una presenza di attivisti europei. Non rilasciare visti costringe infatti la gente a mettersi su un barcone, con tutto ciò che consegue.
Un secondo filone è invece può essere rappresentato dal continuare a proporre ricorsi alla CEDU per violazione dei diritti umani chiamando in causa l'Italia, che di fatto ha delegato alla Libia il lavoro sporco di frenare e respingere i migranti e rifugiati trattenendoli in campi di detenzione violando sia la Convenzione europea dei diritti dell'uomo i sia Convenzione dei rifugiati del 1951. Le testimonianze non mancano, come emerso anche nella giornata plenaria del Forum. Queste atrocità devono essere portate costantemente a conoscenza dell'opinione pubblica: le testimonianze devono passare nei tg in prima serata, per far capire di cosa l'Italia si sta facendo complice, e con l’Italia l’Europa tutta. Stiamo parlando di crimini contro l’Umanità, di lager, e occorre con urgenza risvegliare la coscienza europea su questo dramma.
Gruppo 4. Inclusione, cittadinanza, partecipazione
Sul tema delle buone pratiche di coesione sociale e partecipazione delle persone o delle associazioni di origine immigrata, il gruppo di lavoro ha elaborato quanto segue:
- Creazione di un portale comune per la condivisione di azioni, approcci e campagne, con materiali e informazioni di vario tipo: un archivio, come punto di riferimento importante
- Attività nelle scuole, per sensibilizzare ragazzi e famiglie
- Ricerca di spazi pubblici, nei quali promuovere la partecipazione e il confronto.
- Lavorare a livello di territorio, di quartiere. Per questo ha senso per il forum costituirsi come una comunità di pratiche, di esperienze. Funziona il coordinamento leggero (vedi esperienza di Padova).
- Trovare un linguaggio e una narrazione sul tema che permetta di parlare in maniera non polarizzata. Trovare terreni di comunicazione diversa, che spostino gli elementi della questione e permettano il dialogo.
- Le piazze del dialogo (gazebo di informazioni nei mercati di Padova) sono esperienze da condividere, dandosi una data comune in cui farlo tutti insieme
- Utilizzare il 1 maggio come luogo per portare delle istanze importanti, costruendolo insieme ai sindacati
- Importanza della musica come strumento per promuovere partecipazione e protagonismo delle diaspore. Idem vale per il cibo, lo sport e l’arte, potenti strumenti di coesione.
- Lavorare a livello locale e su vertenze concrete e strategiche
- Promuovere associazionismo misto e coinvolgere le associazioni migranti non solo su questioni migratorie, ma su tutte le questioni che riguardano la convivenza e il territorio.
- Proporre attività in tema di elezioni europee – ad esempio il Forum può avere interesse ad esprimersi in tema di politiche europee di fronte all’immigrazione e all’accoglienza? Potremmo riprendere la modifica al trattato di Dublino proposta dal Parlamento europeo.
- Lettera comune per fare pressioni in tema di politiche europee
- Il Forum potrebbe preparare una richiesta collettiva che poi ciascuno può riproporre a livello locale
Gruppo europeo (Spagna, Italia, Francia, Grecia)
Il gruppo europeo ha svolto una discussione sui singoli contesti nazionali , evidenziando criticità politiche e normative, con una marcata escalation della esclusione dei migranti anche in paesi come la Francia e la Spagna. La situazione disperata di Lesvos è stata approfondita in termini della crescente violenza nei campi, associata alla estensione dei tempi di sosta per intere famiglie, prive di ogni forma di assistenza: la illegalità regna sovrana nell’isola, a partire dai minori rinchiusi nel campo di Moria. La Libia si è imposta come importante tema di discussione, grazie alla presenza del giornalista Khalifa Abo Kraisse che vive a Tripoli, e che ha dato la sua drammatica prospettiva sulle vicende del suo paese, e di una possibile soluzione che può venire solo dall’Europa.
Il gruppo ha poi discusso la costruzione di una strategia di attivazione comune in vista delle elezioni europee alla fine di maggio, lavorando sulla base di un documento in 12 punti elaborato dalla piattaforma francese degli Stati Generali delle Migrazioni (EGM), e dandosi la consegna di provare a formulare un documento comune per un lancio comune il 9 maggio, giornata dell’Europa. La decisione è stata quella di usare il testo di EGM come testo di riferimento, da adattare alle esigenze nazionali se necessario, visto che la costruzione di un testo unico europeo richiede processi complicati e difficili, nelle circostanze date. Le priorità sono di certo comuni, ma l’ordine di rilevanza forse implica oggettivamente delle differenze.
SINTESI DELLA PLENARIA DEL 31 MARZO
La plenaria del 31 marzo si è aperta con la presentazione della seconda edizione del Forum da parte del suo direttivo e con la restituzione dei gruppi di lavoro. Dopo i saluti istituzionali del Presidente dell’VIII Municipio - Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della Regione Lazio e membro del nuovo direttivo del PD, ha comunicato all’ultimo momento la sua assenza - Il fulcro centrale della mattinata si è articolato intorno a Exodus di Michelangelo Severnigni, e alla tavola rotonda. Nel corso della quale sono emersi con forza i seguenti temi:
- L’impatto dell’applicazione della nuova legge sulla sicurezza e immigrazione nel contesto italiano. La testimonianza dallo Sprar di Caserta (i cui beneficiari sono venuti in massa al Forum di Roma) restituisce la durezza dell’interruzione del processo di regolarizzazione nelle singole storie di persone che si trovano a vivere una nuova precarizzazione, magari dopo anni di presenza in Italia. Poi c’è il caos prodotto dal decreto Salvini su quanti sono arrivati di recente, o negli ultimi anni. Le tensioni, il caso del sequestro della struttura dell’Ex Canapificio, e le implicazioni che questo comporta su un territorio ad alta densità criminale come Caserta;
- Il totale fallimento dell’Unione Europea nella formulazione di interventi minimamente in grado di affrontare la complessità e inesorabilità del tema migratorio. La legislatura che sta per concludersi, per la prima volta da Tampere, termina con un nulla di fatto sui temi migratori. La sola agghiacciante eccezione sta negli accordi con la Turchia (nel 2015) e con la Libia (nel 2017). Ma questi accordi, che segnano una regressione senza precedenti, sono di fatto “non accordi”: nel senso che non esistono testi e clausole scritte, non ci sono stati passaggi nei parlamenti (siano il Parlamento Europeo che quelli nazionali) per una loro qualsivoglia approvazione. La arbitrarietà è la sola cifra di queste operazioni. La proposta di riforma del Trattato di Dublino votata all’unanimità dal Parlamento europeo nel primo semestre del 2018 dopo un notevole lavoro negoziale è stata rigettata dal Consiglio d’Europa del giugno 2018. Prospettive fosche, dunque, alla vigilia delle elezioni europee. Il messaggio unitario da sviluppare per le prossime mobilitazioni potrebbe essere “Salvare i migranti per salvare l’Europa”.
- Quanto avviene in Libia è un crimine contro l’umanità del quale occorre farsi carico. Le testimonianze di Exodus dei giovani africani bloccati in Libia denunciano la totale complicità della comunità internazionale e portano alla luce la richiesta di tornare nel proprio paese, malgrado i regimi oppressivi di provenienza, come extrema ratio per interrompere la tragedia della sosta libica. La critica alla eccessiva focalizzazione da parte degli europei sul salvataggio nel Mediterraneo si scontra con la quasi impossibilità di un qualunque margine di manovra in territorio libico. Eppure, l’Europa potrebbe interrompere lo scempio libico. In Libia si consuma una guerra europea per procura, quella fra la Francia e l’Italia, e i migranti sono le vittime designate di questo scontro. Emerge la proposta di organizzare una delegazione di parlamentari europei che si rechi in Libia, per fare pressione e forzi in qualche modo l’evacuazione dei campi per i migranti in Libia.
- La relazione delle diaspore con le persone migranti di ultimo arrivo è complessa, e non priva di contraddizioni. Vengono ricordate le varie forme di inaccessibilità al canale regolare, volute dalle politiche degli stati europei in Africa. Gli ostacoli sono sempre più insormontabili, per le persone migranti, una volta che si trovano in Italia, dopo viaggi di una violenza inaudita. Pape Diaw, storico portavoce della comunità senegalese di Firenze, rappresenta la necessità di stare accanto alle persone sopravvissute approdate nel nostro paese. Il presidente del Summit delle diaspore ricorda da parte sua l’importanza di rafforzare la narrazione “sui migranti che ce l’hanno fatta”, i quali restano poco raccontati. C’è un modo in cui le comunità africane possono prendersi carico dei migranti di ultima generazione? Possono fare di più? E come, nello scenario attuale? Come affrontare alcune derive delle diaspore, disposte a esprimere consenso elettorale verso le forze regressive della destra italiana?
- E’ sorta nella discussione la proposta di organizzare azioni di pressione della società civile europea rivolte alle ambasciate europee presenti in selezionati paesi del continente europeo (Senegal, Gambia). La esternalizzazione delle frontiere è una pratica consolidata che ha portato nei paesi africani mercenari, soldati e mafie europee di varia estrazione. Manca dallo scenario la società civile. Potrebbe essere un segnale forte marcare la presenza degli attivisti europei, anche per non limitare la pressione solo al Mar Mediterraneo e ai percorsi in mare. Si tratta di insistere sulle politiche per i viaggi legali
Nel pomeriggio, il Forum ha dato voce alla varietà di punti di vista ed esperienze presenti nella sala. Il rappresentante della Fundacion Finanzas Eticas ha relazionato sul Foro Frontera Sur, tenutosi a Siviglia la settimana precedente al Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose, nell’intento di connettere i due processi, perché sul tema delle migrazioni va comunque trovata la quadra della dimensione europea.
Lo stesso messaggio è stato veicolato dalla parlamentare Elly Schlein, intervenuta a distanza, la quale ha ricordato i molti ostacoli, ma anche gli sforzi compiuti in seno al Parlamento Europeo per riformare il trattato di Dublino, tentativo che ha conseguito un consenso insperato, da non disperdere per il futuro.
Molto importante la presenza della Senatrice Elena Fattori del Movimento 5 Stelle, la sola parlamentare tra i molti contattati ad aver mantenuto l’impegno di partecipare al Forum, per avviare un dialogo e confrontarsi con la comunità di operatori ed esperti di settore. Elena Fattori fa parte del nucleo ristretto che ha votato contro il decreto Salvini al Senato; ha spiegato le pieghe del dibattito parlamentare, i tentativi di migliorare il testo del decreto e l’esito della nascita di un gruppo trasversale di parlamentari che intende continuare a lavorare sul tema per monitorare la attuazione della legge. Questo gruppo potrebbe rappresentare un nucleo di dialogo sulle politiche migratorie e/o sulle regole della cittadinanza in Italia (anche se a lei il ddl sullo ius soli della precedente legislatura non piaceva) anche in futuro.
Di particolare rilievo poi la testimonianza da Caserta sul tema dell’inclusione circolare, nella esperienza di Angela, una delle “madri per il buono studio” di Caserta. Con una operatrice dello Sprar, Angela ha raccontato la decisione dei richiedenti asilo dello Sprar di devolvere una parte della loro disponibilità finanziaria a favore delle famiglie italiane per risolvere l’errore contabile del Comune, che ha prodotto un decurtamento del 60% nella quota del buono libro nel 2018 – il buono libro è una condizione necessaria per l’accesso allo studio dei figli di Angela. I richiedenti asilo di Caserta hanno così beneficiato diverse famiglie italiane, rendendosi tra l’altro protagonisti della mobilitazione nei confronti del Comune, in materia di buono studio, con più presenza e vigore delle stesse famiglie.
Tra i diversi interventi merita segnalare il contributo della giurista greca esperta di migrazioni che ha condiviso la recente vittoria legale che ha costretto il riconoscimento della titolarità al permesso di soggiorno per 350 braccianti agricoli stranieri nel Peloponneso occidentale, sottoposti a condizioni di lavoro e di vita illegali. Il campo nel quale questi lavoratori stranieri vivevano è andato a fuoco, evento nel corso del quale molti di loro hanno perduto/danneggiato i documenti. Per questa azione di strategic litigation si è fatto ricorso per la prima volta alla direttiva EU 2009/52 (sulle sanzioni in materia di diritto del lavoro in Europa) e alla direttiva 2014/36 sui lavoratori stagionali. Questa strategia è importante per l’Italia - basti pensare a San Ferdinando o alla situazione di violazioni nel foggiano - o magari ad altri paesi europei che si avvalgono della manodopera straniera nella agricoltura.
CONCLUSIONI E PRINCIPALI RACCOMANDAZIONI
Il Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose è uno spazio libero di ideazione ed elaborazione sui temi delle politiche migratorie. La rilevanza di un tale spazio è stata confermata dalla due giorni di marzo. In estrema sintesi, il Forum può concentrarsi su alcune azioni specifiche (che non si sovrappongono alle attività dell’associazionismo competente e attivo, nei sui rispettivi settori di intervento):
- Il rafforzamento della rete di azioni sul territorio;
- La messa a tema della necessità di un nuovo welfare integrato e generativo, a partire dalle esperienze concrete da sostenere;
- Focus sulla Libia: iniziativa di una delegazione di parlamentari da ingaggiare sul tema e/o mandare nel paese, e di azioni da intraprendere per liberare i migranti dalla disperazione dei campi libici;
- La proposta di azioni nei paesi africani, davanti alle ambasciate europee;
- Un vademecum per le persone operatrici e interessate, per uscire dalla lingua polarizzata e formulare proposte di interazione concrete sui territori.
- Azioni da attivare presso gli aeroporti italiani e non solo, con il diretto coinvolgimento delle diaspore, per sensibilizzare sulla impossibilità di ricongiungimenti familiari e di rispetto dei diritti delle famiglie.