Pax Christi Italia opera in Medioriente con iniziative di solidarietà e di denuncia delle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale tramite propri aderenti con la campagna “Ponti e non Muri” da decenni.
Oggi nel contesto destabilizzato dell’intero Medio Oriente denuncia il fatto che sulle popolazioni della Palestina storica cade la ‘bomba” del secolo cioè il sedicente “accordo del secolo” fra palestinresi e israeliani.

Lo sgancio dell’ordigno, come usa oggi, viene pilotato da remoto: dalla Casa Bianca di Washington e sono seduti al monitor due capi di stato e di governo: Trump e Netanyahu, entrambi trincerati in difesa da imputazioni che li vedono rinviati a giudizio per corruzione e abuso di potere. Eppure a loro viene concesso di fronte all’audience mondiale di fare strame del diritto internazionale sia quello sancito dopo le due terriblili guerre mondiali, sia quello faticosamente costruito dall”Onu nei suoi 75 anni di storia attraverso le Risoluzioni dell’Assemblea e del suo Consiglio di Sicurezza.
Vengono infatti cancellati d’un colpo il diritto all’autodeterminazione di un popolo, quello palestinese, sulla propria terra; il divieto assoluto di procedere a conquiste territoriali con mezzi militari; l’obbligo della Potenza occupante, in questo caso Israele, di garantire alla popolazione sotto occupazione i diritti umani fondamentali dal diritto alla vita all’acqua, al cibo, al lavoro, alla salute, alla libertà di movimento, perfino al diritto di resistere con ogni mezzo legittimo alla prevaricazione e all’abuso che accompagnano ogni occupazione.
Viene negato il diritto a tornare alle proprie case, dopo esserne stati espulsi con le armi e le azioni intimidatorie e terroristiche, viene negato il diritto al risarcimento per le espropriazioni subite, viene legittimato il fatto che un muro lungo 700 kilometri rinchiuda 5 milioni di persone privati di diritti e di possibilità di vita dignitosa, in una condizione di “apartheid”, peggiore del modello sudafricano del XX secolo.
Viene sequestrata, a puro beneficio di uno stato che definisce se stesso con la denominazione religiosa di “ebraico”, la città di Gerusalemme, patrimonio comune alle tre religioni monoteiste.
La questione riguardante il riconoscimento di questi diritti e la cessazione di ogni violazione in atto viene ridotta a mercimonio: si propone a un popolo intero la rinuncia a tutto questo in cambio di denaro o beni materiali, concessi oggi ad arbitrio dell’occupante.
Viene in tal modo alimentato un malcontento dovuto alla perdurante e confermata offesa alla dignità delle persone foriero di tumulti che saranno come al solito repressi dalla Potenza occupante con la consueta sproporzionata violenza, sempre utilizzata, nonostante le denunce e i moniti dell’Onu.
Insomma noi intendiamo porre all’attenzione di chi ha a cuore la pace fondata sulla giustizia e il rispetto del diritto, l’esistenza di una “questione israeliana”, che determina conseguenze destabilizzanti ben oltre lo scenario geopolitico mediorientale.
Una questione che ci riguarda, perché non può essere consentito che vi sia al mondo una “zona franca” dove il diritto viene impunemente e gravemente violato e quindi delegittimato di fronte al mondo intero
Deve essere chiaro che chi si pone fuori dal concerto delle Nazioni che si sono date un Diritto Internazionale da rispettare, costituisce per la pace nel mondo un fattore di rischio globale.


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