Riflessioni e proposte del Tavolo Ecclesiale Dipendenze in occasione della Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droghe 2021.

1. Premessa
2. Chiusi in casa. L’impatto dell’epidemia di Covid su adolescenti e giovani
3. Le dipendenze al tempo della pandemia
4. Il mondo degli adulti e il loro ruolo di accompagnatori
5. La città e le politiche

1. Premessa
Il Tavolo Ecclesiale Dipendenze – costituito da diverse organizzazioni di ispirazione cristiana impegnate nel contrasto alle dipendenze e in favore della crescita e del protagonismo di adolescenti e giovani, in collaborazione con la Caritas Italiana – ha messo sempre al centro dei propri interessi e delle proprie proposte le fatiche e i sogni delle giovani generazioni. Le organizzazioni aderenti al Tavolo hanno accompagnato moltissimi giovani affetti da problemi di dipendenza nella costruzione di un nuovo progetto di vita, a partire dai loro desideri e dalle loro aspirazioni. Pensiamo che oggi, in un tempo segnato dalla pandemia, sia più che mai urgente mettersi in ascolto di adolescenti e giovani, tornare a dare loro lo spazio e il tempo per sognare. Il nostro impegno di educatori acquista senso proprio in questo orizzonte vasto, che investe in un futuro certamente rischioso, ma ricco di possibilità e di opportunità. In occasione della Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droghe 2021 intendiamo dunque lanciare un appello alle Istituzioni e alla società civile affinché i giovani diventino una priorità della politica e dell’azione collettiva nazionali.

2. Chiusi in casa. L’impatto dell’epidemia di Covid su adolescenti e giovani
È passato più di un anno da quando il mondo che conoscevamo è stato travolto da un minuscolo virus. Da quel giorno sono entrate nelle nostre case la paura e l’angoscia. E nelle nostre case sono rimasti chiusi i nostri ragazzi. La scelta di lockdown prolungati – necessaria per affrontare la crisi sanitaria che così duramente ci ha colpito – ha però messo a dura prova la vita dei più giovani. L’adolescenza è per definizione un tempo della vita dedicato all’esplorazione del mondo esterno, alla costruzione di un’identità sociale che passa da nuove relazioni e da esperienze forti. Qualcuno forse ha pensato che fosse sufficiente ricostruire un surrogato virtuale della scuola ed evitare di interrompere gli apprendimenti didattici. Non è così e lo sanno benissimo gli studenti, gli insegnati e i genitori. I ragazzi non hanno bisogno solo di nozioni, ma di relazioni, di esperienze dirette, di fisicità e corporeità. Questo è per loro il tempo dell’innamoramento; ed è molto difficile vivere l’amore attraverso un monitor.
La portata di questa crisi nella vita degli adolescenti è certamente stata sottovalutata. Si sono trovati soli e isolati; hanno sperimentato la paura del contagio, l’ansia di questo tempo sospeso e, talvolta, la morte di quei nonni con cui avevano condiviso tanto tempo della loro infanzia.
Quando poi l’estate scorsa è stato possibile uscire di casa, noi eravamo troppo preoccupati dai protocolli anti- Covid per riaprire gli spazi educativi. Così molti giovani si sono ritrovati ancora una volta respinti e sono tornati ad abitare gli spazi pubblici tra di loro, senza nessun adulto che potesse aiutarli a rielaborare un’esperienza che è riduttivo definire traumatica.
Li abbiamo resi invisibili e inutili alla società. Anche quando è iniziata la campagna di vaccinazione nelle scuole, ci si è drammaticamente dimenticati di loro, come se non esistessero e non fossero i protagonisti principali di quel mondo.
I giovani non sono tutti uguali, hanno storie diverse, famiglie diverse, case diverse, opportunità diverse. Era così già prima della pandemia. Ma, in questa fase, queste differenze stanno segnando profondamente il destino di molti di loro. Le emozioni represse per un così lungo periodo di tempo stanno esplodendo e noi assistiamo con preoccupazione a una crescita vorticosa delle situazioni di disagio. Stanno aumentando gli attacchi d’ansia patologici e gli attacchi al proprio corpo, cresce il numero di giovanissimi che vivono un vero e proprio ritiro sociale, aumentano le aggregazioni informali in cui la rabbia si trasforma in episodi di violenza. I servizi di neuropsichiatria infantile ci testimoniano quotidianamente un aumento drammatico dei casi di autolesionismo e di tentativo di suicidio tra gli adolescenti.
La pandemia ha ulteriormente messo ai margini della società i giovani e i più fragili, che già scontavano un ingiustificabile disinteresse per la propria condizione.

3. Le dipendenze al tempo della pandemia
In questo scenario, la pandemia non ha fatto registrare un calo dei consumi di sostanze stupefacenti, sono invece cambiate le modalità di acquisto e di consumo: i giovani hanno scoperto sempre più i nuovi mercati online, sono divenuti esperti navigatori nel dark web. Un cambiamento non da poco, che impatta notevolmente sulla possibilità di aggancio precoce da parte dei servizi, peggiorando una situazione già di per sé critica.
L’isolamento, la paura del futuro, lo sgretolarsi delle certezze, la tensione in famiglia, ma anche a volte la semplice noia, sono tutti fattori ansiogeni e di stress che hanno prodotto nei ragazzi un aumento di comportamenti da consumo a rischio e l’incremento dell’abuso di psicofarmaci e di alcol, soprattutto nelle fasce di età più giovani.
Il malessere diffuso di una larga fascia di giovani ha contribuito anche a un aumento dell’uso autocurativo delle sostanze stupefacenti, che avevamo riscontrato anche prima dell’epidemia di Covid, ma in misura più contenuta.
Sappiamo che l’offerta di sostanze (alcool, droghe sintetiche, nuove sostanze psicoattive, droghe etniche, psicofarmaci…) è in crescita per quantità e tipologia. Un’offerta mirata per target, capillare, quasi individualizzata: ti procuro l’effetto che vuoi. Il mondo delle sostanze è diventato un grande drugstore.
L’esposizione all’offerta è cresciuta anche tra i più giovani. E insieme all’aumento del consumo di sostanze psicoattive abbiamo visto emergere un fenomeno come prevalente, quello del policonsumo: si mischiano insieme alcol, droghe vecchie e nuove, psicofarmaci. Le “culture del consumo” sono alla ricerca di effetti sempre diversi. Gli stili di consumo e di abuso variano a seconda del target (nei contesti del divertimento, nei rioni a più alta densità di problematiche sociali, nelle scuole, nelle fasce di popolazione più “vulnerabili”). Il protagonismo dei consumatori più giovani finisce per esprimersi anche nella sperimentazione di nuove sostanze: cannabiniodi sintetici, catinoni, fentanil, un nuovo uso dell’eroina. È anche attraverso questo mondo variegato e complesso che è passato il modo di reagire alla pandemia per parecchi dei nostri giovani.
I dati relativi al consumo di sostanze illegali da parte dei giovani in età scolare tra i 15 ed i 19 anni - gli ultimi disponibili, ripresi dalla Relazione al Parlamento - ci dicono che 1 ragazzo su 3 dichiara di aver usato almeno una volta sostanze illegali. Peraltro, internet stesso è divenuto, soprattutto nel periodo di massima chiusura, un surrogato del gruppo dei pari, generando ulteriori dipendenze da tecnologia, smartphone e social, in particolare in chi aveva già un rapporto non sano con i dispositivi prima della pandemia.

4. Il mondo degli adulti e il loro ruolo di accompagnatori
Oggi, ancor più nell’epoca del Covid, viviamo in una società che rimuove o trasforma in malattia somatica o psicologica il disagio sociale e la fatica e la disperazione individuali, che spesso diventano per qualcuno, soprattutto se giovane, una ricerca affannata di un senso e una prospettiva nella vita. Una società che cerca di nascondere le sue contraddizioni servendosi principalmente di strategie difensive, che mirano a eliminare e rimuovere il dolore, il negativo, il “tragico” - leggendoli come incapacità dell’individuo a reggere il gioco sociale - e a individualizzare e privatizzare i problemi per poi trovare soluzioni di anestesia sociale, di igienizzazione individuale e collettiva. Un effetto che si può raggiungere anche attraverso l’intermediazione chimica. E tutto questo si pone in un contesto segnato da una diffidenza estrema nei confronti del futuro, dovuta all’incertezza degli scenari che abbiamo davanti, vissuta intensamente soprattutto nel mondo giovanile ed estremizzata nell’era Covid. Il futuro non è semplicemente ciò che ci capiterà domani, ma ciò che ci permette nelle crisi di guardare lontano e di distaccarci dal presente (specie se difficile), ponendoci contemporaneamente in una prospettiva, in un pensiero, in una proiezione.
Riteniamo – come adulti e come educatori – di avere la responsabilità di essere accanto ad adolescenti e giovani nel pensare e affrontare le fatiche e gli eventi della vita senza favorire rimozioni e senza anestetizzare il negativo. Il compito di educare si traduce nel coraggio di consegnare risorse e ragioni per vivere e di accompagnare in un’avventura generativa non solitaria. L’educazione non è azione “sulle” persone, ma “con” le persone, promozione della libertà e della responsabilità, stimolazione di processi reali di autonomia, promozione di nuove forme di partecipazione diretta e di cittadinanza attiva. Credere nell’unicità delle storie, delle esperienze e delle difficoltà di ognuno.
C’è un’urgenza di vita nei giovani che spesso diventa un grido per combattere la noia o l’apatia che a volte li attanaglia, in ricerca di risposte grandi come il desiderio del loro cuore. Difficilmente gli esseri umani, e a maggior ragione i giovani, riescono a stare in una condizione in cui il loro grido si perde nel vuoto. In questa attesa si aprono due strade: una è la ricerca di luoghi e persone che aiutano a trovare le risposte al grido, l’altra si accontenta di cercare luoghi e persone che ti aiutano a distrarti, a non pensare. Noi vogliamo aiutare a pensare.
L’accompagnamento dei giovani da parte degli adulti può essere sintetizzato con tre verbi: suscitare, prendere sul serio e ricordare. Già Plutarco insegnava che “le menti dei giovani non sono un vaso da riempire ma un fuoco da accendere... perché s’infuochi il gusto della ricerca e l’amore della verità”. Chi accompagna deve invitare il giovane a sognare, deve suscitare il desiderio di guardare più in là.
La realizzazione dei sogni passa attraverso il duro esame di realtà e ha come ingredienti la pazienza, la tenacia, il sacrificio. Non di rado i giovani ci partecipano i loro sogni. Si espongono con tremore e coraggio insieme; sono confidenze "sacre". Sono desideri del cuore, proiezioni in avanti ed è compito degli adulti prenderli sul serio, accoglierli con partecipazione.
L’adulto che accompagna ricorderà ai giovani le luci che hanno colto in passato ma che le nuvole ora coprono, ricorderà loro sempre Isaia (40,30): “quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi”.

5. La città e le politiche
Se questo è lo scenario, è urgente tornare ad avere uno sguardo attento ai giovani, capire le loro domande e le ragioni profonde dei loro comportamenti. Restituire loro visibilità, dignità e quel protagonismo sociale che hanno dimostrato più volte di saper gestire con intelligenza e innovazione.
C’è bisogno di un nuovo patto sociale e generazionale che consenta di generare quella coesione sociale che è alla base delle possibilità di sviluppo di ciascuna comunità locale. Perché il futuro non è altro che il frutto delle possibilità che si costruiscono nel presente.
La crisi pandemica sta contribuendo ad acuire le disuguaglianze sociali tra generazioni, generi, territori, fasce sociali. Il costo del debito contratto per far fronte all’emergenza sanitaria e sociale ricadrà prevalentemente sulle giovani generazioni e rischia quindi di peggiorare ulteriormente la situazione. È necessario un intervento forte di riequilibrio delle risorse e di contrasto a tutte le forme di povertà (economica, educativa, relazionale…) al fine di consentire l’esercizio della corresponsabilità dei giovani e la tenuta del sistema sociale.
Ma rimettere i giovani al centro del progetto di Paese è urgente e necessario non solo per una questione di equità sociale, ma anche perché i giovani - tutti i giovani e non solo pochi supereroi - hanno sguardi innovativi sulla società e sulle sue problematiche: ad esempio, una maggiore sensibilità ambientale, una maggiore capacità di condivisione, una propensione a utilizzare la tecnologia come strumento per affrontare le questioni. Per costruire oggi il futuro insieme a loro è necessario un lavoro strutturale e capillare nelle comunità locali, in termini di infrastruttura sociale.
Per quanto riguarda il settore specifico delle dipendenze, se è vero che negli ultimi cinque anni i minori in carico al servizio sanitario per problemi di dipendenza sono raddoppiati, è purtroppo altrettanto vero che l’intero sistema di cura e riabilitazione per le dipendenze patologiche è scritto per altri, o meglio per un’altra epoca, quella della fine degli anni Ottanta.
Siamo infatti ancora fermi a una legge, la 309 del 1990, nata come risposta all’eroinomane “classico”, costruita su un approccio ormai vecchio, incapace, come dimostrano i dati, di rispondere in modo adeguato alle esigenze di un fenomeno che è invece in costante evoluzione.
Del resto è evidente l’assoluto disinteresse, ormai più che decennale, di una politica sorda alle istanze che pervengono quotidianamente dalla rete dei servizi del pubblico e del privato sociale accreditato. Un problema, quello delle dipendenze, divisivo e poco produttivo in termini di consenso, quindi spesso trattato come polvere da nascondere sotto il tappeto. La pandemia, con la sua drammatica violenza, ci sta mostrando tutta l’inadeguatezza del nostro sistema di intervento educativo e riabilitativo, in particolare con le fasce più giovani.
In tal senso, forse, il Covid potrà essere un’occasione, l’ennesima, da non perdere.
A nostro avviso, sono queste le priorità sulle quali dovremmo investire:
A. Riscrivere immediatamente, in modo condiviso con tutti gli attori del sistema, il modello di intervento, ricostruendo i luoghi del confronto, iniziando dalla Conferenza Nazionale sulle Droghe attesa ormai da più di 11 anni.
B. Ricostruire al più presto i luoghi della relazione per e con i nostri giovani, garantendo sin da subito percorsi educativi strutturati e in presenza, capaci, seppure nel rispetto delle necessarie misure di sicurezza anti-Covid, di restituire ai ragazzi, almeno in parte, il tempo perduto.
C. Accompagnare le famiglie, supportandole per attraversare questo periodo d’ombra caratterizzato dalla mancanza di certezze e quindi di incapacità a fornire risposte educative coerenti ai nostri figli. D. Fornire adeguato accompagnamento e sostengo alle strutture educative specialistiche, diurne e residenziali, che si occupano di minori con dipendenze, con problemi comportamentali e con patologie psichiatriche, che in questa fase hanno dovuto approntare, nel silenzio e nell’abbandono generale, percorsi educativi-riabilitativi capaci di tenere conto delle mutate esigenze e dell’emergenza sanitaria, prevedendo, prevenendo, le possibili fasi successive.
E. Sviluppare in modo diffuso una qualificata rete di prossimità nei luoghi del consumo, dell’abuso della dipendenza con equipe territoriali capaci di ascolto, counseling, accoglienza e presa in carico precoce, cosa peraltro stabilita nei Livelli essenziali di assistenza, ma ancora disattesa nel nostro Paese.

I giovani e i giovanissimi stanno già scrivendo il futuro. Nella quotidianità, con linguaggi e pratiche innovative, stanno indicando strategie nuove per affrontare le questioni che riguardano l’intera società. È un bene che dobbiamo coltivare e preservare con ogni mezzo perché sono lo sguardo e la parola dei giovanissimi che potranno indicarci la strada da intraprendere. Abbiamo bisogno di loro perché i nostri sguardi sono limitati e le nostre parole, da sole, suonano vecchie. Abbiamo bisogno di loro per provare a costruire insieme un mondo più giusto e sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico.

Il Tavolo Ecclesiale Dipendenze è composto da Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Casa dei Giovani, CDO Opere sociali, Comunità Emmanuel, Comunità di Sant’Egidio, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), Federazione Italiana Comunità Terapeutiche (FICT), Nuovi Orizzonti, Salesiani per il Sociale APS, in collaborazione con la Caritas Italiana.


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