Documento preparatorio 7 settembre 2021
1. La Chiesa di Dio è convocata in Sinodo. Il cammino, dal titolo «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione», si aprirà solennemente il 9-10 ottobre 2021 a Roma e il 17 ottobre seguente in ogni Chiesa particolare.
Una tappa fondamentale sarà la celebrazione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre del 2023[1], a cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolgerà nuovamente le Chiese particolari (cfr. EC, artt. 19-21). Con questa convocazione, Papa Francesco invita la Chiesa intera a interrogarsi su un tema decisivo per la sua vita e la sua missione: «Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio»[2]. Questo itinerario, che si inserisce nel solco dell’«aggiornamento» della Chiesa proposto dal Concilio Vaticano II, è un dono e un compito: camminando insieme, e insieme riflettendo sul percorso compiuto, la Chiesa potrà imparare da ciò che andrà sperimentando quali processi possono aiutarla a vivere la comunione, a realizzare la partecipazione, ad aprirsi alla missione. Il nostro “camminare insieme”, infatti, è ciò che più attua e manifesta la natura della Chiesa come Popolo di Dio pellegrino e missionario.
2. Un interrogativo di fondo ci spinge e ci guida: come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?
Affrontare insieme questo interrogativo richiede di mettersi in ascolto dello Spirito Santo, che come il vento «soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va» (Gv 3,8), rimanendo aperti alle sorprese che certamente predisporrà per noi lungo il cammino. Si attiva così un dinamismo che consente di cominciare a raccogliere alcuni frutti di una conversione sinodale, che matureranno progressivamente. Si tratta di obiettivi di grande rilevanza per la qualità della vita ecclesiale e lo svolgimento della missione di evangelizzazione, alla quale tutti partecipiamo in forza del Battesimo e della Confermazione. Indichiamo qui i principali, che declinano la sinodalità come forma, come stile e come struttura della Chiesa:
· fare memoria di come lo Spirito ha guidato il cammino della Chiesa nella storia e ci chiama oggi a essere insieme testimoni dell’amore di Dio;
· vivere un processo ecclesiale partecipato e inclusivo, che offra a ciascuno – in particolare a quanti per diverse ragioni si trovano ai margini – l’opportunità di esprimersi e di essere ascoltato per contribuire alla costruzione del Popolo di Dio;
· riconoscere e apprezzare la ricchezza e varietà dei doni e dei carismi che lo Spirito elargisce in libertà, per il bene della comunità e in favore dell’intera famiglia umana;
· sperimentare modi partecipativi di esercitare la responsabilità nell’annuncio del Vangelo e nell’impegno per costruire un mondo più bello e più abitabile;
· esaminare come nella Chiesa vengono vissuti la responsabilità e il potere, e le strutture con cui sono gestiti, facendo emergere e provando a convertire pregiudizi e prassi distorte che non sono radicati nel Vangelo;
· accreditare la comunità cristiana come soggetto credibile e partner affidabile in percorsi di dialogo sociale, guarigione, riconciliazione, inclusione e partecipazione, ricostruzione della democrazia, promozione della fraternità e dell’amicizia sociale;
· rigenerare le relazioni tra i membri delle comunità cristiane come pure tra le comunità e gli altri gruppi sociali, ad esempio comunità di credenti di altre confessioni e religioni, organizzazioni della società civile, movimenti popolari, ecc.;
· favorire la valorizzazione e l’appropriazione dei frutti delle recenti esperienze sinodali a livello universale, regionale, nazionale e locale.
3. Il presente Documento Preparatorio si pone al servizio del cammino sinodale, in particolare come strumento per favorire la prima fase di ascolto e consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari (ottobre 2021 – aprile 2022), nella speranza di contribuire a mettere in moto le idee, le energie e la creatività di tutti coloro che prenderanno parte all’itinerario, e facilitare la condivisione dei frutti del loro impegno. A questo scopo: 1) comincia tracciando alcune caratteristiche salienti del contesto contemporaneo; 2) illustra sinteticamente i riferimenti teologici fondamentali per una corretta comprensione e pratica della sinodalità; 3) offre alcuni spunti biblici che potranno nutrire la meditazione e la riflessione orante lungo il cammino; 4) illustra alcune prospettive a partire dalle quali rileggere le esperienze di sinodalità vissuta; 5) espone alcune piste per articolare questo lavoro di rilettura nella preghiera e nella condivisione. Per accompagnare concretamente l’organizzazione dei lavori viene proposto un Vademecum metodologico, allegato al presente Documento Preparatorio e disponibile sul sito dedicato[3]. Il sito offre alcune risorse per l’approfondimento del tema della sinodalità, come supporto a questo Documento Preparatorio; tra queste ne segnaliamo due, più volte citate di seguito: il Discorso per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, tenuto da Papa Francesco il 17 ottobre 2015, e il documento La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, elaborato dalla Commissione Teologica Internazionale e pubblicato nel 2018.
I. L’appello a camminare insieme
4. Il cammino sinodale si snoda all’interno di un contesto storico segnato da cambiamenti epocali della società e da un passaggio cruciale della vita della Chiesa, che non è possibile ignorare: è nelle pieghe della complessità di questo contesto, nelle sue tensioni e contraddizioni, che siamo chiamati a «scrutare i segni dei tempi ed interpretarli alla luce del Vangelo» (GS, n. 4). Si tratteggiano qui alcuni elementi dello scenario globale più strettamente connessi al tema del Sinodo, ma il quadro andrà arricchito e completato a livello locale.
5. Una tragedia globale come la pandemia da COVID-19 «ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti: ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme» (FT, n. 32). Al tempo stesso la pandemia ha fatto esplodere le disuguaglianze e le inequità già esistenti: l’umanità appare sempre più scossa da processi di massificazione e di frammentazione; la tragica condizione che i migranti vivono in tutte le regioni del mondo testimonia quanto alte e robuste siano ancora le barriere che dividono l’unica famiglia umana. Le Encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti documentano la profondità delle fratture che percorrono l’umanità, e a quelle analisi possiamo fare riferimento per metterci all’ascolto del grido dei poveri e della terra e riconoscere i semi di speranza e di futuro che lo Spirito continua a far germogliare anche nel nostro tempo: «Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» (LS, n. 13).
6. Questa situazione, che, pur tra grandi differenze, accomuna l’intera famiglia umana, sfida la capacità della Chiesa di accompagnare le persone e le comunità a rileggere esperienze di lutto e sofferenza, che hanno smascherato molte false sicurezze, e a coltivare la speranza e la fede nella bontà del Creatore e della sua creazione. Non possiamo però nasconderci che la Chiesa stessa deve affrontare la mancanza di fede e la corruzione anche al suo interno. In particolare non possiamo dimenticare la sofferenza vissuta da minori e persone vulnerabili «a causa di abusi sessuali, di potere e di coscienza commessi da un numero notevole di chierici e persone consacrate»[4]. Siamo continuamente interpellati «come Popolo di Dio a farci carico del dolore dei nostri fratelli feriti nella carne e nello spirito»[5]: per troppo tempo quello delle vittime è stato un grido che la Chiesa non ha saputo ascoltare a sufficienza. Si tratta di ferite profonde, che difficilmente si rimarginano, per le quali non si chiederà mai abbastanza perdono e che costituiscono ostacoli, talvolta imponenti, a procedere nella direzione del “camminare insieme”. La Chiesa tutta è chiamata a fare i conti con il peso di una cultura impregnata di clericalismo, che eredita dalla sua storia, e di forme di esercizio dell’autorità su cui si innestano i diversi tipi di abuso (di potere, economici, di coscienza, sessuali). È impensabile «una conversione dell’agire ecclesiale senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio» [6]: insieme chiediamo al Signore «la grazia della conversione e l’unzione interiore per poter esprimere, davanti a questi crimini di abuso, il nostro pentimento e la nostra decisione di lottare con coraggio»[7].
7. A dispetto delle nostre infedeltà, lo Spirito continua ad agire nella storia e a mostrare la sua potenza vivificante. Proprio nei solchi scavati dalle sofferenze di ogni genere patite dalla famiglia umana e dal Popolo di Dio stanno fiorendo nuovi linguaggi della fede e nuovi percorsi in grado non solo di interpretare gli eventi da un punto di vista teologale, ma di trovare nella prova le ragioni per rifondare il cammino della vita cristiana ed ecclesiale. È motivo di grande speranza che non poche Chiese abbiano già avviato incontri e processi di consultazione del Popolo di Dio, più o meno strutturati. Dove sono stati improntati a uno stile sinodale, il senso di Chiesa è rifiorito e la partecipazione di tutti ha dato nuovo slancio alla vita ecclesiale. Trovano altresì conferma il desiderio di protagonismo all’interno della Chiesa da parte dei giovani, e la richiesta di una maggiore valorizzazione delle donne e di spazi di partecipazione alla missione della Chiesa, già segnalati dalle Assemblee sinodali del 2018 e del 2019. In questa linea vanno anche la recente istituzione del ministero laicale del catechista e l’apertura alle donne dell’accesso a quelli del lettorato e dell’accolitato.
8. Non possiamo ignorare la varietà delle condizioni in cui vivono le comunità cristiane nelle diverse regioni del mondo. Accanto a Paesi in cui la Chiesa accoglie la maggioranza della popolazione e rappresenta un riferimento culturale per l’intera società, ce ne sono altri in cui i cattolici sono una minoranza; in alcuni di questi i cattolici, insieme agli altri cristiani, sperimentano forme di persecuzione anche molto violente, e non di rado il martirio. Se da una parte domina una mentalità secolarizzata che tende a espellere la religione dallo spazio pubblico, dall’altra un integralismo religioso che non rispetta le libertà altrui alimenta forme di intolleranza e di violenza che si riflettono anche nella comunità cristiana e nei suoi rapporti con la società. Non di rado i cristiani assumono i medesimi atteggiamenti, fomentando le divisioni e le contrapposizioni anche nella Chiesa. Ugualmente occorre tenere conto del modo in cui si riverberano all’interno della comunità cristiana e nei suoi rapporti con la società le fratture che percorrono quest’ultima, per ragioni etniche, razziali, di casta o per altre forme di stratificazione sociale o di violenza culturale e strutturale. Queste situazioni hanno un profondo impatto sul significato dell’espressione “camminare insieme” e sulle possibilità concrete di darle attuazione.
9. All’interno di questo contesto, la sinodalità rappresenta la strada maestra per la Chiesa, chiamata a rinnovarsi sotto l’azione dello Spirito e grazie all’ascolto della Parola. La capacità di immaginare un futuro diverso per la Chiesa e per le sue istituzioni all’altezza della missione ricevuta dipende in larga parte dalla scelta di avviare processi di ascolto, dialogo e discernimento comunitario, a cui tutti e ciascuno possano partecipare e contribuire. Al tempo stesso, la scelta di “camminare insieme” è un segno profetico per una famiglia umana che ha bisogno di un progetto condiviso, in grado di perseguire il bene di tutti. Una Chiesa capace di comunione e di fraternità, di partecipazione e di sussidiarietà, nella fedeltà a ciò che annuncia, potrà mettersi a fianco dei poveri e degli ultimi e prestare loro la propria voce. Per “camminare insieme” è necessario che ci lasciamo educare dallo Spirito a una mentalità veramente sinodale, entrando con coraggio e libertà di cuore in un processo di conversione senza il quale non sarà possibile quella «continua riforma di cui essa [la Chiesa], in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno» (UR, n. 6; cfr. EG, n. 26).
II. Una Chiesa costitutivamente sinodale
10. «Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola “Sinodo”»[8], che «è parola antica e veneranda nella Tradizione della Chiesa, il cui significato richiama i contenuti più profondi della Rivelazione»[9]. È il «Signore Gesù che presenta se stesso come “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6)», e «i cristiani, alla sua sequela, sono in origine chiamati “i discepoli della via” (cfr At 9,2; 19,9.23; 22,4; 24,14.22)» [10]. La sinodalità in questa prospettiva è ben più che la celebrazione di incontri ecclesiali e assemblee di Vescovi, o una questione di semplice amministrazione interna alla Chiesa; essa «indica lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice»[11]. Si intrecciano così quelli che il titolo del Sinodo propone come assi portanti di una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione. Illustriamo in questo capitolo in maniera sintetica alcuni riferimenti teologici fondamentali su cui si fonda questa prospettiva.
11. Nel primo millennio, “camminare insieme”, cioè praticare la sinodalità, è stato il modo di procedere abituale della Chiesa compresa come «Popolo radunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo»[12]. A coloro che dividevano il corpo ecclesiale, i Padri della Chiesa hanno opposto la comunione delle Chiese sparse per il mondo, che S. Agostino descriveva come «concordissima fidei conspiratio»[13], cioè l’accordo nella fede di tutti i Battezzati. Si radica qui l’ampio sviluppo di una prassi sinodale a tutti i livelli della vita della Chiesa – locale, provinciale, universale –, che ha trovato nel concilio ecumenico la sua manifestazione più alta. È in questo orizzonte ecclesiale, ispirato al principio della partecipazione di tutti alla vita ecclesiale, che S. Giovanni Crisostomo poteva dire: «Chiesa e Sinodo sono sinonimi»[14]. Anche nel secondo millennio, quando la Chiesa ha maggiormente sottolineato la funzione gerarchica, non è venuto meno questo modo di procedere: se nel medioevo e in epoca moderna la celebrazione di sinodi diocesani e provinciali è ben attestata accanto a quella dei concili ecumenici, quando si è trattato di definire delle verità dogmatiche i papi hanno voluto consultare i Vescovi per conoscere la fede di tutta la Chiesa, facendo ricorso all’autorità del sensus fidei di tutto il Popolo di Dio, che è «infallibile “in credendo”» (EG, n. 119).
12. A questo dinamismo della Tradizione si è ancorato il Concilio Vaticano II. Esso mette in rilievo che «è piaciuto a Dio di santificare e salvare gli uomini non separatamente e senza alcun legame tra di loro, ma ha voluto costituirli in un popolo che lo riconoscesse nella verità e lo servisse nella santità» (LG, n. 9). I membri del Popolo di Dio sono accomunati dal Battesimo e «se anche per volontà di Cristo alcuni sono costituiti dottori, dispensatori dei misteri e pastori a vantaggio degli altri, fra tutti però vige vera uguaglianza quanto alla dignità e all’azione nell’edificare il corpo di Cristo, che è comune a tutti i Fedeli» (LG, n. 32). Perciò tutti i Battezzati, partecipi della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, «nell’esercizio della multiforme e ordinata ricchezza dei loro carismi, delle loro vocazioni, dei loro ministeri»[15] sono soggetti attivi di evangelizzazione, sia singolarmente sia come totalità del Popolo di Dio.
13. Il Concilio ha sottolineato come, in virtù dell’unzione dello Spirito Santo ricevuta nel Battesimo, la totalità dei Fedeli «non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà peculiare mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il Popolo, quando “dai Vescovi fino agli ultimi Fedeli laici”, esprime l’universale suo consenso in materia di fede e di morale» (LG, n. 12). È lo Spirito che guida i credenti «a tutta la verità» (Gv 16,13). Per la sua opera, «la Tradizione che viene dagli Apostoli progredisce nella Chiesa», perché tutto il Popolo santo di Dio cresce nella comprensione e nell’esperienza «tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2,19 e 51), sia con la intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità» (DV, n. 8). Infatti questo Popolo, radunato dai suoi Pastori, aderisce al sacro deposito della Parola di Dio affidato alla Chiesa, persevera costantemente nell’insegnamento degli Apostoli, nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera, «in modo che, nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si stabilisca tra Pastori e Fedeli una singolare concordanza di spirito» (DV, n. 10).
14. I Pastori, costituiti da Dio come «autentici custodi, interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa»[16], non temano perciò di porsi all’ascolto del Gregge loro affidato: la consultazione del Popolo di Dio non comporta l’assunzione all’interno della Chiesa dei dinamismi della democrazia imperniati sul principio di maggioranza, perché alla base della partecipazione a ogni processo sinodale vi è la passione condivisa per la comune missione di evangelizzazione e non la rappresentanza di interessi in conflitto. In altre parole, si tratta di un processo ecclesiale che non può realizzarsi se non «in seno a una comunità gerarchicamente strutturata»[17]. È nel legame fecondo tra il sensus fidei del Popolo di Dio e la funzione di magistero dei Pastori che si realizza il consenso unanime di tutta la Chiesa nella medesima fede. Ogni processo sinodale, in cui i Vescovi sono chiamati a discernere ciò che lo Spirito dice alla Chiesa non da soli, ma ascoltando il Popolo di Dio, che «partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo» (LG, n. 12), è forma evidente di quel «camminare insieme» che fa crescere la Chiesa. S. Benedetto sottolinea come «spesso il Signore rivela la decisione migliore»[18] a chi non occupa posizioni di rilievo nella comunità (in quel caso il più giovane); così, i Vescovi abbiano cura di raggiungere tutti, perché nello svolgersi ordinato del cammino sinodale si realizzi quanto l’apostolo Paolo raccomanda alle comunità: «Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono» (1Ts 5,19-21).
15. Il senso del cammino a cui tutti siamo chiamati è anzitutto quello di scoprire il volto e la forma di una Chiesa sinodale, in cui «ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo “Spirito della verità” (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli “dice alle Chiese” (Ap 2,7)»[19]. Il Vescovo di Roma, quale principio e fondamento di unità della Chiesa, richiede a tutti i Vescovi e a tutte le Chiese particolari, nelle quali e a partire dalle quali esiste l’una e unica Chiesa cattolica (cfr. LG, n. 23), di entrare con fiducia e coraggio nel cammino della sinodalità. In questo “camminare insieme”, chiediamo allo Spirito di farci scoprire come la comunione, che compone nell’unità la varietà dei doni, dei carismi, dei ministeri, sia per la missione: una Chiesa sinodale è una Chiesa “in uscita”, una Chiesa missionaria, «con le porte aperte» (EG, n. 46). Ciò include la chiamata ad approfondire le relazioni con le altre Chiese e comunità cristiane, con cui siamo uniti dall’unico Battesimo. La prospettiva del “camminare insieme”, poi, è ancora più ampia, e abbraccia l’intera umanità, di cui condividiamo «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce» (GS, n. 1). Una Chiesa sinodale è un segno profetico soprattutto per una comunità delle nazioni incapace di proporre un progetto condiviso, attraverso il quale perseguire il bene di tutti: praticare la sinodalità è oggi per la Chiesa il modo più evidente per essere «sacramento universale di salvezza» (LG, n. 48), «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG, n. 1).
III. In ascolto delle Scritture
16. Lo Spirito di Dio che illumina e vivifica questo “camminare insieme” delle Chiese è lo stesso che opera nella missione di Gesù, promesso agli Apostoli e alle generazioni dei discepoli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica. Lo Spirito, secondo la promessa del Signore, non si limita a confermare la continuità del Vangelo di Gesù, ma illuminerà le profondità sempre nuove della sua Rivelazione e ispirerà le decisioni necessarie a sostenere il cammino della Chiesa (cfr. Gv 14,25-26; 15,26-27; 16,12-15). Per questo è opportuno che il nostro cammino di costruzione di una Chiesa sinodale sia ispirato da due “immagini” della Scrittura. Una emerge nella rappresentazione della “scena comunitaria” che accompagna costantemente il cammino dell’evangelizzazione; l’altra è riferita all’esperienza dello Spirito in cui Pietro e la comunità primitiva riconoscono il rischio di porre limiti ingiustificati alla condivisione della fede. L’esperienza sinodale del camminare insieme, alla sequela del Signore e nell’obbedienza allo Spirito, potrà ricevere una ispirazione decisiva dalla meditazione di questi due momenti della Rivelazione.
Gesù, la folla, gli apostoli
17. Nel suo impianto fondamentale, una scena originaria appare come la costante del modo con cui Gesù si rivela lungo tutto il Vangelo, annunciando l’avvento del Regno di Dio. Gli attori in gioco sono essenzialmente tre (più uno). Il primo naturalmente è Gesù, il protagonista assoluto che prende l’iniziativa, seminando le parole e i segni della venuta del Regno senza fare «preferenza di persone» (cfr. At 10,34). In varie forme, Gesù rivolge una speciale attenzione ai “separati” da Dio e agli “abbandonati” dalla comunità (i peccatori e i poveri, nel linguaggio evangelico). Con le sue parole e le sue azioni offre la liberazione dal male e la conversione alla speranza, nel nome di Dio Padre e nella forza dello Spirito Santo. Pur nella diversità delle chiamate e delle risposte di accoglienza del Signore, il tratto comune è che la fede emerge sempre come valorizzazione della persona: la sua supplica è ascoltata, alla sua difficoltà è dato aiuto, la sua disponibilità è apprezzata, la sua dignità è confermata dallo sguardo di Dio e restituita al riconoscimento della comunità.
18. L’azione di evangelizzazione e il messaggio di salvezza, in effetti, non sarebbero comprensibili senza la costante apertura di Gesù all’interlocutore più ampio possibile, che i Vangeli indicano come la folla, ossia l’insieme delle persone che lo seguono lungo il cammino, e a volte addirittura lo inseguono nella speranza di un segno e di una parola di salvezza: ecco il secondo attore della scena della Rivelazione. L’annuncio evangelico non è rivolto solo a pochi illuminati o prescelti. L’interlocutore di Gesù è “il popolo” della vita comune, il “chiunque” della condizione umana, che Egli mette direttamente in contatto con il dono di Dio e la chiamata alla salvezza. In un modo che sorprende e talora scandalizza i testimoni, Gesù accetta come interlocutori tutti coloro che emergono dalla folla: ascolta le appassionate rimostranze della donna cananea (cfr. Mt 15,21-28), che non può accettare di essere esclusa dalla benedizione che Egli porta; si concede al dialogo con la Samaritana (cfr. Gv 4,1-42), nonostante la sua condizione di donna socialmente e religiosamente compromessa; sollecita l’atto di fede libero e riconoscente del cieco nato (cfr. Gv 9), che la religione ufficiale aveva liquidato come estraneo al perimetro della grazia.
19. Alcuni seguono più esplicitamente Gesù, sperimentando la fedeltà del discepolato, mentre altri sono invitati a tornare alla loro vita ordinaria: tutti, però, testimoniano la forza della fede che li ha salvati (cfr. Mt 15,28). Tra coloro che seguono Gesù prende netto rilievo la figura degli apostoli che Lui stesso chiama, sin dall’inizio, destinandoli all’autorevole mediazione del rapporto della folla con la Rivelazione e con l’avvento del Regno di Dio. L’ingresso di questo terzo attore sulla scena non avviene grazie a una guarigione o conversione, ma coincide con la chiamata di Gesù. L’elezione degli apostoli non è il privilegio di una posizione esclusiva di potere e di separazione, bensì la grazia di un ministero inclusivo di benedizione e di comunione. Grazie al dono dello Spirito del Signore risorto, costoro devono custodire il posto di Gesù, senza sostituirlo: non per mettere filtri alla sua presenza, ma per rendere facile incontrarlo.
20. Gesù, la folla nella sua varietà, gli apostoli: ecco l’immagine e il mistero da contemplare e approfondire continuamente perché la Chiesa sempre più diventi ciò che è. Nessuno dei tre attori può uscire di scena. Se viene a mancare Gesù e al suo posto si insedia qualcun altro, la Chiesa diventa un contratto fra gli apostoli e la folla, il cui dialogo finirà per seguire la trama del gioco politico. Senza gli apostoli, autorizzati da Gesù e istruiti dallo Spirito, il rapporto con la verità evangelica si interrompe e la folla rimane esposta a un mito o una ideologia su Gesù, sia che lo accolga sia che lo rifiuti. Senza la folla, la relazione degli apostoli con Gesù si corrompe in una forma settaria e autoreferenziale della religione, e l’evangelizzazione perde la sua luce, che promana dalla rivelazione di sé che Dio rivolge a chiunque, direttamente, offrendogli la sua salvezza.
21. C’è poi l’attore “in più”, l’antagonista, che porta sulla scena la separazione diabolica degli altri tre. Di fronte alla perturbante prospettiva della croce, ci sono discepoli che se ne vanno e folle che cambiano umore. L’insidia che divide – e quindi contrasta un cammino comune – si manifesta indifferentemente nelle forme del rigore religioso, dell’ingiunzione morale che si presenta come più esigente di quella di Gesù, e della seduzione di una sapienza politica mondana che si vuole più efficace di un discernimento degli spiriti. Per sottrarsi agli inganni del “quarto attore” è necessaria una conversione continua. Emblematico a proposito è l’episodio del centurione Cornelio (cfr. At 10), antecedente di quel “concilio” di Gerusalemme (cfr. At 15) che costituisce un riferimento cruciale di una Chiesa sinodale.
Una duplice dinamica di conversione: Pietro e Cornelio (At 10)
22. L’episodio narra anzitutto la conversione di Cornelio, che addirittura riceve una sorta di annunciazione. Cornelio è pagano, presumibilmente romano, centurione (ufficiale di basso grado) dell’esercito di occupazione, che pratica un mestiere basato su violenza e sopruso. Eppure è dedito alla preghiera e all’elemosina, cioè coltiva la relazione con Dio e si prende cura del prossimo. Proprio da lui entra sorprendentemente l’angelo, lo chiama per nome e lo esorta a mandare – il verbo della missione! – i suoi servi a Giaffa per chiamare – il verbo della vocazione! – Pietro. La narrazione diventa allora quella della conversione di quest’ultimo, che quello stesso giorno ha ricevuto una visione, in cui una voce gli ordina di uccidere e mangiare degli animali, alcuni dei quali impuri. La sua risposta è decisa: «Non sia mai, Signore» (At 10,14). Riconosce che è il Signore a parlargli, ma gli oppone un netto rifiuto, perché quell’ordine demolisce precetti della Torah irrinunciabili per la sua identità religiosa, che esprimono un modo di intendere l’elezione come differenza che comporta separazione ed esclusione rispetto agli altri popoli.
23. L’apostolo rimane profondamente turbato e, mentre si interroga sul senso di quanto avvenuto, arrivano gli uomini mandati da Cornelio, che lo Spirito gli indica come suoi inviati. A loro Pietro risponde con parole che richiamano quelle di Gesù nell’orto: «Sono io colui che cercate» (At 10,21). È una vera e propria conversione, un passaggio doloroso e immensamente fecondo di uscita dalle proprie categorie culturali e religiose: Pietro accetta di mangiare insieme a dei pagani il cibo che aveva sempre considerato proibito, riconoscendolo come strumento di vita e di comunione con Dio e con gli altri. È nell’incontro con le persone, accogliendole, camminando insieme a loro ed entrando nelle loro case, che si rende conto del significato della sua visione: nessun essere umano è indegno agli occhi di Dio e la differenza istituita dall’elezione non è preferenza esclusiva, ma servizio e testimonianza di respiro universale.
24. Sia Cornelio sia Pietro coinvolgono nel loro percorso di conversione altre persone, facendone compagni di cammino. L’azione apostolica realizza la volontà di Dio creando comunità, abbattendo steccati e promovendo l’incontro. La parola svolge un ruolo centrale nell’incontro tra i due protagonisti. Inizia Cornelio a condividere l’esperienza che ha vissuto. Pietro lo ascolta e prende in seguito la parola, comunicando a sua volta quanto gli è accaduto e testimoniando la vicinanza del Signore, che va incontro a ogni persona per liberarla da ciò che la rende prigioniera del male e ne mortifica l’umanità (cfr. At 10,38). Questo modo di comunicare è simile a quello che Pietro adotterà quando a Gerusalemme i fedeli circoncisi lo rimprovereranno, accusandolo di aver infranto le norme tradizionali, su cui sembra concentrarsi tutta la loro attenzione, noncuranti dell’effusione dello Spirito: «Sei entrato in casa di uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!» (At 11,3). In quel momento di conflitto, Pietro racconta quanto gli è accaduto e le sue reazioni di sconcerto, incomprensione e resistenza. Proprio questo aiuterà i suoi interlocutori, inizialmente aggressivi e refrattari, ad ascoltare e accogliere quello che è avvenuto. La Scrittura contribuirà a interpretarne il senso, come poi avverrà anche al “concilio” di Gerusalemme, in un processo di discernimento che è un ascolto dello Spirito in comune.
IV. La sinodalità in azione:
piste per la consultazione del Popolo di Dio
25. Illuminato dalla Parola e fondato nella Tradizione, il cammino sinodale si radica nella vita concreta del Popolo di Dio. Presenta infatti una peculiarità che è anche una straordinaria risorsa: il suo oggetto – la sinodalità – è anche il suo metodo. In altre parole, costituisce una sorta di cantiere o di esperienza pilota, che permette di cominciare a raccogliere fin da subito i frutti del dinamismo che la progressiva conversione sinodale immette nella comunità cristiana. D’altro canto non può che rinviare alle esperienze di sinodalità vissuta, a diversi livelli e con differenti gradi di intensità: i loro punti di forza e i loro successi, così come i loro limiti e le loro difficoltà, offrono elementi preziosi al discernimento sulla direzione in cui continuare a muoversi. Certamente si fa qui riferimento alle esperienze attivate dal presente cammino sinodale, ma anche a tutte quelle in cui già si sperimentano forme di “camminare insieme” nella vita ordinaria anche quando nemmeno si conosce o si usa il termine sinodalità.
L’interrogativo fondamentale
26. L’interrogativo fondamentale che guida questa consultazione del Popolo di Dio, come già ricordato in apertura, è il seguente:
Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, “cammina insieme”: come questo “camminare insieme” si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro “camminare insieme”?
Per rispondere siete invitati a:
a) chiedervi quali esperienze della vostra Chiesa particolare l’interrogativo fondamentale richiama alla vostra mente;
b) rileggere più in profondità queste esperienze: quali gioie hanno provocato? Quali difficoltà e ostacoli hanno incontrato? Quali ferite hanno fatto emergere? Quali intuizioni hanno suscitato?
c) cogliere i frutti da condividere: dove in queste esperienze risuona la voce dello Spirito? Che cosa ci sta chiedendo? Quali sono i punti da confermare, le prospettive di cambiamento, i passi da compiere? Dove registriamo un consenso? Quali cammini si aprono per la nostra Chiesa particolare?
Diverse articolazioni della sinodalità
27. Nella preghiera, riflessione e condivisione suscitata dall’interrogativo fondamentale, è opportuno tenere presenti tre piani su cui si articola la sinodalità come «dimensione costitutiva della Chiesa»[20]:
· il piano dello stile con cui la Chiesa vive e opera ordinariamente, che ne esprime la natura di Popolo di Dio che cammina insieme e si raduna in assemblea convocato dal Signore Gesù nella forza dello Spirito Santo per annunciare il Vangelo. Questo stile si realizza attraverso «l’ascolto comunitario della Parola e la celebrazione dell’Eucaristia, la fraternità della comunione e la corresponsabilità e partecipazione di tutto il Popolo di Dio, ai suoi vari livelli e nella distinzione dei diversi ministeri e ruoli, alla sua vita e alla sua missione»[21];
· il piano delle strutture e dei processi ecclesiali, determinati anche dal punto di vista teologico e canonico, in cui la natura sinodale della Chiesa si esprime in modo istituzionale a livello locale, regionale e universale;
· il piano dei processi ed eventi sinodali in cui la Chiesa è convocata dall’autorità competente, secondo specifiche procedure determinate dalla disciplina ecclesiastica.
Pur distinti da un punto di vista logico, questi tre piani rimandano l’uno all’altro e devono essere tenuti insieme in modo coerente, altrimenti si trasmette una controtestimonianza e si mina la credibilità della Chiesa. Infatti, se non si incarna in strutture e processi, lo stile della sinodalità facilmente degrada dal piano delle intenzioni e dei desideri a quello della retorica, mentre processi ed eventi, se non sono animati da uno stile adeguato, risultano vuote formalità.
28. Inoltre, nella rilettura delle esperienze, occorre tenere presente che “camminare insieme” può essere inteso secondo due diverse prospettive, fortemente interconnesse. La prima guarda alla vita interna delle Chiese particolari, ai rapporti tra i soggetti che le costituiscono (in primo luogo quelli tra i Fedeli e i loro Pastori, anche attraverso gli organismi di partecipazione previsti dalla disciplina canonica, compreso il sinodo diocesano) e alle comunità in cui si articolano (in particolare le parrocchie). Considera poi i rapporti dei Vescovi tra di loro e con il Vescovo di Roma, anche attraverso gli organismi intermedi di sinodalità (Sinodi dei Vescovi delle Chiese patriarcali e arcivescovili maggiori, Consigli dei Gerarchi e Assemblee dei Gerarchi delle Chiese sui iuris, Conferenze Episcopali, con le loro espressioni nazionali, internazionali e continentali). Si allarga quindi al modo in cui ciascuna Chiesa particolare integra al proprio interno il contributo delle diverse forme di vita monastica, religiosa e consacrata, di associazioni e movimenti laicali, di istituzioni ecclesiali ed ecclesiastiche di vario genere (scuole, ospedali, università, fondazioni, enti di carità e assistenza, ecc.). Infine, questa prospettiva abbraccia anche le relazioni e le iniziative comuni con i fratelli e le sorelle delle altre Confessioni cristiane, con i quali condividiamo il dono dello stesso Battesimo.
29. La seconda prospettiva considera come il Popolo di Dio cammina insieme all’intera famiglia umana. Lo sguardo si fermerà così sullo stato delle relazioni, del dialogo e delle eventuali iniziative comuni con i credenti di altre religioni, con le persone lontane dalla fede, così come con ambienti e gruppi sociali specifici, con le loro istituzioni (mondo della politica, della cultura, dell’economia, della finanza, del lavoro, sindacati e associazioni imprenditoriali, organizzazioni non governative e della società civile, movimenti popolari, minoranze di vario genere, poveri ed esclusi, ecc.).
Dieci nuclei tematici da approfondire
30. Per aiutare a far emergere le esperienze e a contribuire in maniera più ricca alla consultazione, indichiamo qui di seguito anche dieci nuclei tematici che articolano diverse sfaccettature della “sinodalità vissuta”. Andranno adattati ai diversi contesti locali, e di volta in volta integrati, esplicitati, semplificati, approfonditi, prestando particolare attenzione a chi ha più difficoltà a partecipare e rispondere: il Vademecum che accompagna questo Documento Preparatorio offre al riguardo strumenti, percorsi e suggerimenti perché i diversi nuclei di domande ispirino concretamente momenti di preghiera, formazione, riflessione e scambio.
I. I COMPAGNI DI VIAGGIO
Nella Chiesa e nella società siamo sulla stessa strada fianco a fianco. Nella vostra Chiesa locale, chi sono coloro che “camminano insieme”? Quando diciamo “la nostra Chiesa”, chi ne fa parte? Chi ci chiede di camminare insieme? Quali sono i compagni di viaggio, anche al di fuori del perimetro ecclesiale? Quali persone o gruppi sono lasciati ai margini, espressamente o di fatto?
II. ASCOLTARE
L’ascolto è il primo passo, ma richiede di avere mente e cuore aperti, senza pregiudizi. Verso chi la nostra Chiesa particolare è “in debito di ascolto”? Come vengono ascoltati i Laici, in particolare giovani e donne? Come integriamo il contributo di Consacrate e Consacrati? Che spazio ha la voce delle minoranze, degli scartati e degli esclusi? Riusciamo a identificare pregiudizi e stereotipi che ostacolano il nostro ascolto? Come ascoltiamo il contesto sociale e culturale in cui viviamo?
III. PRENDERE LA PAROLA
Tutti sono invitati a parlare con coraggio e parresia, cioè integrando libertà, verità e carità. Come promuoviamo all’interno della comunità e dei suoi organismi uno stile comunicativo libero e autentico, senza doppiezze e opportunismi? E nei confronti della società di cui facciamo parte? Quando e come riusciamo a dire quello che ci sta a cuore? Come funziona il rapporto con il sistema dei media (non solo quelli cattolici)? Chi parla a nome della comunità cristiana e come viene scelto?
IV. CELEBRARE
“Camminare insieme” è possibile solo se si fonda sull’ascolto comunitario della Parola e sulla celebrazione dell’Eucaristia. In che modo la preghiera e la celebrazione liturgica ispirano e orientano effettivamente il nostro “camminare insieme”? Come ispirano le decisioni più importanti? Come promuoviamo la partecipazione attiva di tutti i Fedeli alla liturgia e l’esercizio della funzione di santificare? Quale spazio viene dato all’esercizio dei ministeri del lettorato e dell’accolitato?
V. CORRESPONSABILI NELLA MISSIONE
La sinodalità è a servizio della missione della Chiesa, a cui tutti i suoi membri sono chiamati a partecipare. Poiché siamo tutti discepoli missionari, in che modo ogni Battezzato è convocato per essere protagonista della missione? Come la comunità sostiene i propri membri impegnati in un servizio nella società (impegno sociale e politico, nella ricerca scientifica e nell’insegnamento, nella promozione della giustizia sociale, nella tutela dei diritti umani e nella cura della Casa comune, ecc.)? Come li aiuta a vivere questi impegni in una logica di missione? Come avviene il discernimento sulle scelte relative alla missione e chi vi partecipa? Come sono state integrate e adattate le diverse tradizioni in materia di stile sinodale che costituiscono il patrimonio di molte Chiese, in particolare quelle orientali, in vista di una efficace testimonianza cristiana? Come funziona la collaborazione nei territori dove sono presenti Chiese sui iuris diverse?
VI. DIALOGARE NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ
Il dialogo è un cammino di perseveranza, che comprende anche silenzi e sofferenze, ma capace di raccogliere l’esperienza delle persone e dei popoli. Quali sono i luoghi e le modalità di dialogo all’interno della nostra Chiesa particolare? Come vengono affrontate le divergenze di visione, i conflitti, le difficoltà? Come promuoviamo la collaborazione con le Diocesi vicine, con e tra le comunità religiose presenti sul territorio, con e tra associazioni e movimenti laicali, ecc.? Quali esperienze di dialogo e di impegno condiviso portiamo avanti con credenti di altre religioni e con chi non crede? Come la Chiesa dialoga e impara da altre istanze della società: il mondo della politica, dell’economia, della cultura, la società civile, i poveri...?
VII. CON LE ALTRE CONFESSIONI CRISTIANE
Il dialogo tra cristiani di diversa confessione, uniti da un solo Battesimo, ha un posto particolare nel cammino sinodale. Quali rapporti intratteniamo con i fratelli e le sorelle delle altre Confessioni cristiane? Quali ambiti riguardano? Quali frutti abbiamo tratto da questo “camminare insieme”? Quali le difficoltà?
VIII. AUTORITÀ E PARTECIPAZIONE
Una Chiesa sinodale è una Chiesa partecipativa e corresponsabile. Come si identificano gli obiettivi da perseguire, la strada per raggiungerli e i passi da compiere? Come viene esercitata l’autorità all’interno della nostra Chiesa particolare? Quali sono le pratiche di lavoro in équipe e di corresponsabilità? Come si promuovono i ministeri laicali e l’assunzione di responsabilità da parte dei Fedeli? Come funzionano gli organismi di sinodalità a livello della Chiesa particolare? Sono una esperienza feconda?
IX. DISCERNERE E DECIDERE
In uno stile sinodale si decide per discernimento, sulla base di un consenso che scaturisce dalla comune obbedienza allo Spirito. Con quali procedure e con quali metodi discerniamo insieme e prendiamo decisioni? Come si possono migliorare? Come promoviamo la partecipazione alle decisioni in seno a comunità gerarchicamente strutturate? Come articoliamo la fase consultiva con quella deliberativa, il processo del decision-making con il momento del decision-taking? In che modo e con quali strumenti promuoviamo trasparenza e accountability?
X. FORMARSI ALLA SINODALITÀ
La spiritualità del camminare insieme è chiamata a diventare principio educativo per la formazione della persona umana e del cristiano, delle famiglie e delle comunità. Come formiamo le persone, in particolare quelle che rivestono ruoli di responsabilità all’interno della comunità cristiana, per renderle più capaci di “camminare insieme”, ascoltarsi a vicenda e dialogare? Che formazione offriamo al discernimento e all’esercizio dell’autorità? Quali strumenti ci aiutano a leggere le dinamiche della cultura in cui siamo immersi e il loro impatto sul nostro stile di Chiesa?
Per contribuire alla consultazione
31. Scopo della prima fase del cammino sinodale è favorire un ampio processo di consultazione per raccogliere la ricchezza delle esperienze di sinodalità vissuta, nelle loro differenti articolazioni e sfaccettature, coinvolgendo i Pastori e i Fedeli delle Chiese particolari a tutti i diversi livelli, attraverso i mezzi più adeguati secondo le specifiche realtà locali: la consultazione, coordinata dal Vescovo, è rivolta «ai Presbiteri, ai Diaconi e ai Fedeli laici delle loro Chiese, sia singolarmente sia associati, senza trascurare il prezioso apporto che può venire dai Consacrati e dalle Consacrate» (EC, n. 7). In particolar modo viene richiesto il contributo degli organismi di partecipazione delle Chiese particolari, specialmente il Consiglio presbiterale e il Consiglio pastorale, a partire dai quali veramente «può incominciare a prendere forma una Chiesa sinodale»[22]. Ugualmente sarà prezioso il contributo delle altre realtà ecclesiali a cui sarà inviato il Documento Preparatorio, come quello di chi vorrà mandare direttamente il proprio. Infine, sarà di fondamentale importanza che trovi spazio anche la voce dei poveri e degli esclusi, non soltanto di chi riveste un qualche ruolo o responsabilità all’interno delle Chiese particolari.
32. La sintesi che ciascuna Chiesa particolare elaborerà al termine di questo lavoro di ascolto e discernimento costituirà il suo contributo al percorso della Chiesa universale. Per rendere più agevoli e sostenibili le fasi successive del cammino, è importante riuscire a condensare i frutti della preghiera e della riflessione in una decina di pagine al massimo. Se necessario per contestualizzarle e spiegarle meglio, si potranno allegare altri testi a supporto o integrazione. Ricordiamo che lo scopo del Sinodo e quindi di questa consultazione non è produrre documenti, ma «far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani»[23].