Riflessione comune delle Comunità cristiane di base e di Noi Siamo Chiesa.  Un anno importante:  Il 2017 è stato il quinto centenario della Riforma protestante, l’anno di Lutero: arrivati al 31 ottobre, giorno nel quale nel 1517 da Wittenberg egli fece conoscere la sua protesta contro il traffico delle indulgenze è utile fare una valutazione generale su come questo anniversario, importante per tutta la cristianità, è stato celebrato, soprattutto per poter costruire il futuro.

Di Lutero e dell’inizio della Riforma si è parlato molto nelle Chiese evangeliche e anche in quella cattolica. Abbondante è stata la produzione storiografica; ci piace, in particolare, ricordare il “Lutero” di Adriano Prosperi, uscito in primavera da Mondadori. La prima constatazione da fare è che la figura di Lutero è oggi percepita dalla sensibilità cattolica in modo molto diverso dal passato. Si tratta di una vera e propria rottura della continuità nel giudizio negativo durato per secoli. Padre Giancarlo Pani S.J. sul numero 4016 di questo ottobre della Civiltà Cattolica ha scritto: “Nel mondo cattolico, Martin Lutero è stato considerato per secoli «l’eretico» per antonomasia. Oggi, a cinquecento anni di distanza, la ricerca storica e gli studi recenti portano a chiederci: «eretico» lo era davvero? Onestà e amore per la verità dovrebbero sostenere la ricerca e guidare il nostro sguardo: è infatti necessaria e urgente una rilettura del passato, libera da luoghi comuni e da «vulgate» trasmesse acriticamente; libera anche da posizioni e pregiudizi affermatisi lungo i secoli a scapito del vero.”
Protagonista dello “sdoganamento” di Lutero è stato papa Francesco con la sua visita a Lund in Svezia un anno fa per la “Commemorazione comune luterano-cattolica della Riforma”. Egli ha indicato allora i binari sui quali avrebbe dovuto indirizzarsi l’anno luterano. La sua presenza e il suo discorso hanno avuto, anche se non sotto la forma di un esplicito riconoscimento di colpe “cattoliche” di 500 anni fa, le caratteristiche di una riflessione molto critica sul passato.
Da parte evangelica il nuovo atteggiamento della Chiesa di Roma è stato colto con grande favore. Ha detto il moderatore della Tavola valdese Eugenio Bernardini: “il papa ha semplicemente voluto dire che la Riforma non è una proprietà confessionale, ma un patrimonio della cristianità e, se vogliamo, dell’intera umanità. Le frasi di Francesco sulla riscoperta luterana della Bibbia costituiscono l’architrave di una riabilitazione che oggi si esprime non con le formule dell’alta teologia ma in un linguaggio diretto e popolare”.
I 500 anni sono stati celebrati in modo ecumenico, ci siamo conosciuti meglio, ci siamo accorti che i contrasti drammatici del passato sono ora dimenticati o, se conosciuti, sono poco comprensibili e per niente giustificabili oggi, a causa delle terribili violenze tra i popoli e tra gli Stati che essi hanno determinato. Di qui la volontà di riscattare un passato così oscuro e doloroso. Da questo anniversario deve partire maggiore conoscenza e riflessione sulla complessità di tutta la vicenda della Riforma, che ha avuto tanti altri protagonisti. Tutti questi avvenimenti sono nati e cresciuti nel cuore della vecchia cristianità. Per riscattare una storia dolorosa perché allora non potrebbe partire da qui, dalla nostra Europa, una vasta iniziativa per una presenza alternativa di tutti i cristiani in un mondo globalizzato, con nuove religioni e problemi immensi (aumento del divario tra i poveri e i ricchi, devastazione dell’ambiente, guerre, riarmo ecc…), che rendono di livello ben modesto l’importanza delle divisioni che permangono tra di loro?

La riflessione sulla storia della Chiesa
Una buona riflessione sulla storia della Chiesa ci pone nelle condizioni di guardare all’essenziale (a Cristo, alle Scritture….) e di mettere in un angolo o perlomeno di ridimensionare le differenze, a proposito di strutture ecclesiastiche, di certezze intoccabili, di forme dei sacramenti, di affermazioni dogmatiche, di anatemi, di scomuniche, di santi e di culto mariolatrico, ecc.. . Tanti contenuti e tante forme della cristianità ci appaiono allora fragili, lo spirito antievangelico di uomini e di comportamenti ci appare evidente. In questo anno luterano abbiamo conosciuto meglio quale fosse quella fase storica e constatato le responsabilità della rottura da parte cattolica: la corte papale e la curia, la colpevole incomprensione delle istanze di purificazione proposte da Lutero e da tanti altri (a partire da Erasmo), l’intreccio con interessi secolari che facevano capo al papa e al suo potere temporale, l’arroganza dell’intervento d’autrità nei confronti di Lutero e via di questo passo. Abbiamo capito meglio tante cose: l’assoluta prevalenza su tutto (sulle gerarchie, sulle forme della vita cristiana….) del solus Christus, della Parola di Dio contenuta nelle Scritture, dell’importanza della coscienza e della responsabilità personale, del sacerdozio ministeriale di tutti i battezzati. Abbiamo anche riflettuto sul fatto che, se ci sono ancora Chiese e credenti nell’Evangelo dopo quello che è successo in questi 500 anni, ciò significa che lo Spirito c’è e non dorme! La separazione di 500 anni fa è continuata, è esplosa con le guerre di religione, ha travagliato l’Europa per cento anni. La Controriforma ha ingessato nella dottrina e anche nella pastorale la nostra Chiesa bloccandola, almeno nella sua guida generale, anche nella possibilità di capire la modernità, la democrazia, la libertà di coscienza, la laicità (valori che si sono affermati contro o al di fuori della Chiesa e che hanno radici nella Riforma). Finalmente il Concilio Vaticano II è stato il momento di rottura col passato, anche se non sempre in modo esplicito. Noi, che siamo figli del Concilio, ci siamo trovati a constatare che tanti dei cambiamenti profondi che lì si determinarono erano già contenuti nelle istanze della Riforma. Ma la riflessione di questi mesi è stata a tutto campo, sul modo tortuoso con cui la grande rottura nel ‘500 si è progressivamente determinata , con esiti imprevedibili e che sono andati ben aldilà di quanto prefiguravano le 95 Tesi. Paolo Ricca, nella sua prolusione all’anno accademico della facoltà valdese di teologia dell’anno scorso, ha contribuito a una comprensione complessiva elencando anche quanto non si può celebrare : il ricorso dei riformatori all’autorità politica dei principi tedeschi per sostenere la causa della Riforma, il contrasto con la rivolta dei contadini “che trascrivevano la libertà cristiana predicata da Lutero nelle libertà civili e sociali”, la demonizzazione degli ebrei (sopratutto da parte di Lutero).

Come continuare
Il “mondo” ha bisogno dell’unità dei cristiani. Intendiamo naturalmente l’“unità nella pluralità o nella diversità”, secondo l’idea forza che è comune a chi crede nel riavvicinamento tra tutti i credenti nell’unico Evangelo. Nella società postsecolare, con le ideologie in crisi e con una ripresa della ricerca di senso, le differenze tradizionali tra credenti e quelle tra credenti e non credenti hanno perso importanza mentre cresce continuamente la necessità di punti di riferimento che siano portatori nel mondo di valori etici comuni di fronte alle crisi drammatiche di tanti tipi diffuse nella nostra umanità . La comune fede nell’Evangelo dovrebbe impedire, oggi più che mai, quello che abbiamo visto troppe volte nel corso della storia : cristiani con bandiere diverse che si combattono aspramente tra di loro, o considerano nemico chi crede nel Dio di un’altra religione. Il percorso verso l’unità dei cristiani è quanto il “mondo” può pretendere subito dai credenti in ordine al loro apporto concreto a contrastare il disordine esistente.
In questa direzione cosa resterà allora di questo anniversario? Nelle dichiarazioni comuni i rapporti erano già buoni da tempo. La Dichiarazione sulla giustificazione del 31 ottobre del 1999 è stata un momento centrale non solo nei rapporti cattolico-luterani, poi il lungo documento congiunto “Dal conflitto alla comunione” del giugno 2013 ha posto le premesse per l’incontro di Lund e per il documento che in quella occasione vi è stato firmato.
Ma perché non si va nella direzione del superamento formale della divisione? Questa è la domanda che si è fatto Hans Küng , rispondendo che è tempo di ricomporre l’unità. Nella base cattolica il percorso è ancora lungo e sarebbe interessante riuscire a capire quanto e quale eco questo anniversario abbia avuto nelle nostre parrocchie e quante aperture abbia trovato. Esso si è dovuto confrontare con una diffusa ignoranza nel popolo cristiano della storia della Chiesa per contrastare la quale ci sembrano necessari impegni formativi di lunga durata.
Un vero percorso ecumenico che, come sostiene Piero Stefani, a volte sembra appannato da altre emergenze (le nuove religioni, il dialogo interreligioso e interculturale) è condizione sine qua non perché la nostra Chiesa sappia immedesimarsi veramente nel messaggio del Concilio (debitore, abbiamo detto, della Riforma) abbandonando tutte le derive di tipo identitario, che sono quelle di quanti hanno diffidenza nei confronti del nuovo corso di papa Francesco.
Proponiamo che, ovunque ce ne siano le condizioni minime, si vada comunque nella direzione di “preghiere comuni e di comuni opere di misericordia” (questo ha detto il papa nell’intervista concessa al gesuita lf Jonsson prima di Lund).
Il segretario generale della Federazione Luterana Mondiale Martin Junge ha detto : «Il nostro compito, come teologi e pastori, non dovrebbe mai essere quello di fornire spiegazioni su come mai l’unità non sia ancora possibile; il nostro compito è quello di rimuovere con creatività e coraggio gli ostacoli che ci impediscono ancora di godere del dono dell’unità». Questa ci sembra un’affermazione importante.
Pensiamo però che si possa e si debba andare oltre: non abbiamo bisogno di esprimere nostri auspici o proposte ma semplicemente di leggere un brano della Dichiarazione congiunta di Lund. Essa dice: “Molti membri delle nostre comunità aspirano a ricevere l’Eucaristia ad un’unica mensa, come concreta espressione della piena unità. Facciamo esperienza del dolore di quanti condividono tutta la loro vita, ma non possono condividere la presenza redentrice di Dio alla mensa eucaristica. Riconosciamo la nostra comune responsabilità pastorale di rispondere alla sete e alla fame spirituali del nostro popolo di essere uno in Cristo. Desideriamo ardentemente che questa ferita nel Corpo di Cristo sia sanata. Questo è l’obiettivo dei nostri sforzi ecumenici, che vogliamo far progredire, anche rinnovando il nostro impegno per il dialogo teologico”.
Questa è una comune volontà. Ci chiediamo allora perché non si possa celebrare insieme da subito l’Eucaristia, la Cena del Signore. Quale ostacolo si interpone?
Almeno la celebrazione comune si realizzi tra cattolici e luterani, portando a compimento, a conclusione di questo anno luterano, il percorso comune già contrassegnato dai documenti e dall’incontro di Lund.
Non pensiamo necessariamente a una generalizzazione di tale momento di fede e di fraternità, ma almeno ad una sua realizzazione in qualche situazione o momento più significativo. Sarebbe un messaggio forte anche per ogni altra chiesa cristiana, costituirebbe la rottura di un tabù e sopratutto un segno di obbedienza all’insegnamento di chi ci ha detto “ dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18, 20).

Roma, 28 ottobre 2017

Per riferimenti e contatti:

Vittorio Bellavite Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. tel. 02-2664753—3331309765, www.noisiamochiesa.org
Paolo Sales Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. tel. 3391733363, www.cdbitalia.it


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