Vorrei, oltre il titolo che mi è stato assegnato, definire questo mio intervento come Green economy, not greed economy. Green economy ha un senso di valenza positiva, rivolgendosi nel suo neologismo, a quell'aspetto dell'economia – in cui si esercita anche la funzione finanziaria come mezzo, si badi bene, e non come fine – che ha come scopo la salvaguardia e la cura dell'ambiente (il verde in senso esteso) come vera casa comune del vivere di tutti gli esseri che popolano la terra (in quanto, per chi è religioso: “… e vide che era cosa buona”. Gen 1, 25).
Greed economy ha un senso di valenza negativa in quanto è difficile che l'avidità possa essere parte dell'economia poiché – come ci ha insegnato inizialmente Aristotele e poi molti altri pensatori – dovrebbe essere di appartenenza alla Crematistica, ossia di quel “pensiero para-economico” che si occupa asetticamente della creazione di ricchezza, spesso e soprattutto per fini egoistici. Sì, purtroppo si parla di avidità perché oggi è decisamente tornata di moda e viene, in alcune Istituzioni, richiesta, voluta e valutata proprio per continuare a massimizzare le utilità per se stessi (in modo esteso) e non per tutti. Ciò in base a quello stato d'animo che vuole tutto per “se stesso”, ossia – se vogliamo essere più precisi – inteso più come arricchimento che come vera ricchezza sociale (e che implica la cultura) e che non interessa se non a parole. E pensare che nel Medio Evo l'avidità era una delle radici di tutti i mali ed uno dei peccati più grandi in quanto toglieva agli altri ciò che invece avrebbe dovuto essere ripartito tra tutti affinché tutti potessero stare bene e i cittadini potevano veramente dire, così come recita un detto francescano, che “quando c'è un povero nella città tutti soffrono!”.
Purtroppo è proprio l'ambiente, la nostra vera “città ideale”, che risente massimamente di questa corrente di ricerca dell'avidità (guadagno a tutti i costi senza stima alcuna per le conseguenze) ed il luogo in cui, per colpa di un cattivo pensiero economico – attualmente mainstream – e una cattiva prassi finanziaria, si stanno producendo danni a un sistema, quello della natura (è sotto gli occhi di tutti), che funziona per definizione.
Cosa è mai successo per questo cambiamento a 360° del pensare? Anzi, nell'oggi l'avidità non è più solo personalistica ma ognuno pensa solo a “sé stesso” anche come “alte Istituzioni” e, addirittura, Stati sovrani, come alcuni e forse troppi politici dell'oggi ci stanno dicendo con un nuovo egoismo statale e, a discendere, societario… Ma il definire ciò comporta però tempo (oggi in questo convegno non ne abbiamo) e volontà di cambiare ancor meno…
2.0 - La Finanza e l'ambiente: quello che va male
Detto qualcosa su alcuni pensieri basici, posso entrare nel merito del mio intervento.
Come inquadrare l'ambiente e la natura in un processo economico e finanziario? Da un certo punto di vista non ci sono problemi, in quanto da sempre – chiaramente in maniera ironica – tali temi non hanno mai costituito un problema e non ci sono stati, se non raramente, studi e pensieri adeguati. La natura era la natura con tutte le sue implicazioni e le sue leggi, e l'economia era l'economia con i suoi postulati e le sue idee, specialmente quella della crescita a tutti i costi. Due linee parallele che, si sa, non s'incrociano. Oddio, qualche volta dei pensieri ci sono stati, come i ragionamenti dell'economista inglese Malthus che si preoccupava della troppa crescita della popolazione mondiale a scapito delle risorse della natura; similmente altri nei secoli più vicini a noi, specie dopo le due guerre mondiali e con il problema atomico: ma mai si è posto con insistenza il problema di come debbano l'economia e la finanza porsi dinanzi alla natura.
Il casus belli nacque con il Club di Roma dell'aprile del 1968 con l'italiano Aurelio Peccei e altri, compresi molti premi Nobel: il risultato del loro lavoro si concretizzò con il famoso Rapporto sui limiti dello sviluppo, pubblicato nel 1972 e che conquistò l'attenzione dell'opinione pubblica, predicendo che la crescita economica non potesse continuare indefinitamente a causa della limitata disponibilità di risorse naturali, specialmente il petrolio. Dapprima contestato ed irriso, oggi si sta sempre più dimostrando uno studio preciso in quanto l'andamento dei principali indicatori ha sinora seguito piuttosto bene quanto previsto e l'umanità è destinata a confrontarsi nei prossimi decenni con le conseguenze, drammatiche, del superamento dei limiti fisici del pianeta; e ciò per la prima volta, paradossalmente, anche dal punto di vista economico.
Un altro momento di riflessione è stato quello proposto dal World Social Forum del 2001 a Porto Alegre (Brasile), organizzato da molti gruppi coinvolti nei movimenti di alternativa alla globalizzazione. In tale vertice il connubio tra economia/crescita ed ambiente fu portato finalmente e definitamente alla ribalta internazionale.
Come sono andati i fatti è cosa che tutti, o quasi, sanno e per cui è inutile qui parlarne.
Perché ciò? Per affermare che fino a qualche decennio fa la finanza "sfruttava" golosamente le occasioni per investimenti in costruzioni "ambientali" che sicuramente davano ritorni altissimi di capitale. Da qui l'interesse in particolare delle banche, quali attrici principali, per tali operazioni. Chi non ricorda nelle Americhe e in Africa la costruzione delle ferrovie, dei canali, dei porti, delle dighe, ecc.?
Chi ignora il ruolo delle banche? Si può affermare che le banche private (ma anche quelle pubbliche internazionali), in ragione del loro ruolo centrale nell’economia e nello gestire i flussi finanziari globali, hanno avuto ed hanno una responsabilità fondamentale rispetto alle conseguenze ambientali e sociali dei finanziamenti erogati. Molti progetti con impatti devastanti per le popolazioni locali e l’ambiente non sarebbero stati realizzati senza l’appoggio decisivo di grandi banche. Su cosa hanno fatto (male!) c'è una vasta letteratura, così come su quello che stanno facendo; va segnalato che c'è poi una (più o meno) forte mobilitazione contro molte di loro tale che alcune stanno addirittura retrocedendo da realizzazioni per evitare problemi di ripercussioni sui propri titoli azionari. Non per virtù, quindi, ma solo per calcolo!
In ogni caso il problema del loro comportamento esiste: negli ultimi decenni, anche a causa di eventi che hanno distrutto l’ambiente con grandi visibilità mediatiche (si ricordi, ad es., il primo grande disastro ambientale che accadde in Alaska nel 1989 provocato dalla petroliera Exxon Valdez e a tanti altri simili incidenti che hanno coinvolto persone e natura) il sistema finanziario ha cominciato a preoccuparsi ed a prendere provvedimenti non solo per una questione di responsabilità sociale, ma di impatto interno sui propri bilanci. Infatti, data la natura di queste imprese, le iniziative, quando non si tratti di dichiarazioni di facciata, tendono a considerare il rischio ed i potenziali impatti ambientali in funzione delle possibili ricadute economiche. Così alcune di esse hanno iniziato a considerare, nell’istruttoria per l’erogazione di un finanziamento, anche le possibili conseguenze economiche o di restituzione del prestito derivanti da eventuali danni ambientali. Analogamente, molte compagnie di assicurazione hanno cominciato ad inserire i rischi ambientali nelle valutazioni complessive di rischio prima di proporre una polizza assicurativa al cliente (ad esempio polizze maggiorate in caso di gravi rischi ambientali, sconti per le imprese più virtuose, e così v). Questo metodo di monetizzazione dei rischi e degli impatti ambientali presenta anche degli aspetti positivi, ossia maggiore attenzione da parte dell’impresa finanziata/assicurata, ed è probabilmente in parte inevitabile per delle imprese che hanno come obiettivo la massimizzazione del profitto.
Esiste però anche un aspetto assolutamente negativo, e che viene di solito trascurato in queste nuove consuetudini. La responsabilità ambientale non è più un aspetto a sé stante, ma diventa parte unicamente delle valutazioni economiche. Così un progetto con potenziali effetti devastanti dal punto di vista ambientale diventa finanziabile o assicurabile se garantisce alti profitti che possano compensare i maggiori rischi. Al contrario, un progetto che presti maggiore attenzione alle questioni ambientali, ma che presenta minori profitti potenziali, potrebbe incontrare maggiori difficoltà ad essere finanziato.
2.1 - La Finanza e l'ambiente: un po' di dati
Rilevano gli scienziati che dal 1980 al 2013 gli eventi estremi hanno causato perdite economiche per 393 miliardi di Euro, pari a € 710 pro capite. Il conto più salato è toccato alla Germania (€ 78,7 miliardi), seguita dall’Italia (€ 59,6 miliardi) e dalla Francia (€ 53,2 miliardi). Ancora più salato è il conteggio delle vittime, con decine di migliaia di morti dall’inizio del secolo.
Nel rapporto Cambiamenti climatici, impatti e vulnerabilità in Europa al 2016, l’Agenzia europea per l'ambiente (Aea) evidenzia che i cambiamenti osservati nel clima stanno già avendo ripercussioni di ampia portata sull’economia, la salute umana e la biodiversità. Sul piano finanziario bisogna poi sapere che negli ultimi trent'anni il PIL mondiale in termini reali è raddoppiato, mentre si è moltiplicato per nove il valore degli attivi finanziari. Negli USA nel dopoguerra la dimensione della finanza era pari a circa il 15% del PIL. Nel 1975 era ancora il 17%. Alla fine degli anni Ottanta si era arrivati al 35%, dieci anni dopo al 150%. Nel 2006 aveva superato il 350% del PIL statunitense. Una crescita ipertrofica tanto in dimensione quanto in complessità che non si è tradotta in un miglioramento dei servizi offerti, anzi. Infatti, ora sappiamo che la finanza genera continue crisi e instabilità, mette in atto una serie impressionante di truffe e crimini che regolarmente coinvolgono le maggiori banche del pianeta. Al culmine del paradosso la finanza non riesce nemmeno ad assolvere al proprio principale compito, ossia quello di fare da tramite tra chi ha dei risparmi e chi ha necessità di capitali. Da un lato un incredibile eccesso di liquidità, dall'altro un altrettanto grande mole di bisogni e necessità che non trovano finanziamenti. Con buona pace della "allocazione ottimale delle risorse" e dei "mercati efficienti", idee che guidano le decisioni di politica economica da almeno un trentennio.
Strumenti come le opzioni binarie o la stragrande maggioranza dei derivati sono “pure” scommesse speculative che assorbono una gigantesca liquidità, mentre interi settori della società e dell'economia sono completamente esclusi dall'accesso al credito. È possibile scommettere sui prezzi del cibo mentre i piccoli contadini che quel cibo lo coltivano non hanno accesso ai servizi finanziari di base. Domanda e offerta di denaro non si incontrano, in un macroscopico quanto clamoroso fallimento del sistema finanziario.
La cosiddetta finanziarizzazione è il principale motore che spinge nella direzione di una distruzione dell'ambiente, dei diritti e dell'insieme della società. L'unico obiettivo è il massimo profitto nel minor tempo possibile. Le imprese sono passate dalla stakeholders value ovvero creare valore per tutti i portatori di interesse alla shareholders value, in cui l'unico interesse è quello degli azionisti. Non contenta di calpestare ambiente e diritti, oggi la finanza sta cannibalizzando lo stesso sistema economico di cui dovrebbe essere al servizio.
3.0 - La Finanza e l'ambiente: quello che bisognerebbe fare, e quello che si sta facendo.
La necessità di una visione più profonda di un'economia in grado di coniugare il benessere delle persone con le necessità della natura e dell'ambiente, sono stati i fondamenti della Finanza Etica. Infatti, le banche etiche sono nate con la ferma intenzione di contribuire fattivamente e con l'idea di cambiare non solo le regole del gioco, ma le stesse coscienze e sensibilità delle persone. Le prime banche in Europa su questi temi sono state l'olandese Triodos Bank e la tedesca ÖkoBank (nel 1978 si cominciavano a finanziare in quei paesi l'agricoltura biologica e l'installazione dei pannelli solari…), seguita poi dall'italiana Banca Etica.
Quest'ultima ha addirittura espresso le sue idee, vincolanti, sulle tematiche ambientali con il suo Manifesto. Ma cosa fa, in pratica? La questione energetica e la riduzione dei “gas serra” rientrano tra le priorità della sua attività finanziaria; considera il settore ambientale come valorizzazione del territorio, risparmio di risorse ambientali, riduzione dell’impatto ambientale.
In considerazione delle attuali insostenibilità ambientali e sociali del settore energetico, nonché delle recenti e numerose opportunità legislative e di mercato, le iniziative nel settore Energia impongono una scelta precisa: orientare gli investimenti e la ricerca verso progetti di piccole e medie dimensioni, privilegiando innanzitutto il risparmio energetico, l’innovatività, le ricadute sociali, la creazione di partnership e la nascita di filiere locali (che comprendono tutti i soggetti coinvolti, dal produttore al consumatore finale). L’approccio di Banca Etica al tema energetico può, quindi, riassumersi in tre assi portanti: riduzione dei consumi (ossia un approccio di risparmio ed efficienza energetica con la riduzione degli sprechi), tutela dell'ambiente (con l'utilizzo d'energia da fonti rinnovabili) e Valore sociale (favorendo e premiando ad es., con la tutela della persona e della comunità locale, le iniziative delle società di servizi energetici per la loro innovatività nell'abbattimento delle barriere finanziarie e per la potenzialità d'essere strumento di sistema nel settore dell'efficienza energetica). Il tutto con modalità operative adeguate (tassi, garanzie, ecc.).
In conclusione è l'avvio di un nuovo modo di far banca, finalmente facendosi socialmente carico delle "conseguenze non economiche delle azioni economiche"; la speranza è che tutte le altre banche possano copiarla anche in questo versante.
Tuttavia Banca Etica non è la sola: una sua “creatura”, Etica Sgr, società di gestione del risparmio del Gruppo Banca Popolare Etica, ha aderito al Montréal Carbon Pledge del PRI (Principles for Responsible Investment delle Nazioni Unite). L’iniziativa è rivolta agli investitori istituzionali di tutto il mondo e prevede l’impegno da parte degli aderenti a misurare, ridurre e rendicontare l’impronta di carbonio (carbon footprint) dei propri investimenti azionari. Il Montréal Pledge è supportato oltre che dal PRI, dallo United Nations Environment Programme Finance Initiative (UNEP FI). Etica Sgr è la prima società di gestione del risparmio italiana ad aderire. Ogni anno, pertanto, Etica provvederà a calcolare e comunicare ai propri stakeholder la carbon footprint dei propri investimenti azionari. Non solo questo, però: Etica Sgr gestisce in proprio gli investimenti con particolare attenzione ai criteri di selezione sull'ambiente. Questo le permette di offrire al pubblico dei risparmiatori prodotti d'investimento che non solo tutelano nei limiti del possibile l'ambiente ma permettono, grazie ai capitali investiti, attività notevoli di ricerca e sviluppo di attività economiche green a favore di tutti. Di fatto, investendo in questo modo, si esercita quel “voto col portafoglio” così unico ed importante per cercare di modificare quello statu quo nel quale siamo immersi.
Analogamente oggi nel mondo tutta la Finanza Etica è unisona nel perseguire un sano rapporto finanza/ambiente cercando di far venir sempre meno, anzi attivandosi in modo collaborativo, in quel perverso rapporto che mette gli economisti e gli ambientalisti uno contro l'altro in quanto ognuno persegue separatamente per la sua strada senza confrontarsi con gli altri; cosa purtroppo accettata (e voluta!) e fonte di problemi nell'attuale mainstream economico.
Non c'è dubbio che alla luce dell'oggi in cui i problemi ambientali sono spaventosamente alti e che stanno creando enormi difficoltà per tutti (si pensi solo alle migrazioni sull'asse Sud – Nord) si stanno aggiungendo quelli legati all'attività economica in cui il cambio di paradigma (la rendita al posto del lavoro) sta portando avanti un modello che “non regge” più e che ha bisogno di essere rifondato.
Su questo aspetto l'Economia Civile è la base teorica su cui costruire un nuovo modello economico basato sulla relazionalità totale (Persona Umana – Ambiente – Territorio – Mondo animale e vegetale – e viceversa) e su di una responsabilità comune ed in cui la Finanza deve tornare negli argini della funzionalità e non più su quelli della struttura. In questo modo quella che chiamiamo Economia verde potrà tutelare la qualità del nostro ambiente, ma anche contribuire alla ristrutturazione del nostro sistema economico attivando nuove tecnologie più efficienti dal punto di vista energetico e ambientale, riducendo nel contempo gli sprechi di energia e materie prime e creando nuovi settori economici, nuove imprese e nuove professionalità, dando sbocchi al talento, spesso inutilizzato, dei giovani.
Paradossalmente, però, il sistema finanziario dovrà essere protagonista di questo cambiamento. Infatti bisognerà canalizzare il credito verso gli investimenti sostenibili per rinforzare il vantaggio competitivo nei settori già attivi, quali l’agricoltura biologica e le energie rinnovabili, e per valorizzare le potenzialità del patrimonio paesaggistico, della biodiversità (all’Italia spetta il primato tra i paesi europei) e del patrimonio artistico, che pure sorge spesso in zone a rischio, reindirizzando il settore delle costruzioni dalle nuove opere alla ristrutturazione in chiave green, e anche antisismica, del patrimonio immobiliare esistente. Ma non basta: tutta la mobilità dovrà essere valutata e rivista nello stesso modo e, insieme, tutto il settore aziendale ma con le modalità che la Finanza Etica ha già normato a partire da quel comma dello Statuto di Banca Etica (già richiamato) che recita: “la finanza eticamente orientata è sensibile alle conseguenze non economiche delle azioni economiche” (art 5 dello Statuto di Banca popolare Etica ).
Questo è il nodo cruciale: cercare di “capire” prima e agire di conseguenza dovrebbe essere una realtà comune a tutte le istituzioni, in primis quelle finanziarie. Inoltre bisognerà, sempre dal punto di vista finanziario, rivedere e ristrutturare nuovi strumenti come le “obbligazioni Verdi” che legano il valore della cedola al soddisfacimento di particolari obiettivi di tipo ambientale
3.1 - Verso un sistema finanziario sostenibile anche a breve.
Tuttavia effettivamente qualcosa si sta (finalmente) muovendo nel mondo politico internazionale (Non si può però sottacere in questo momento l'incognita del nuovo presidente degli Usa, Donald Trump) nel mondo della green economy: per usare la definizione di Nick Robins, co-director del programma per l’ambiente delle Nazioni Unite, stiamo assistendo a una “quieta rivoluzione”.
Nel 2016 in Cina, infatti, per la prima volta i leader del G20 hanno concordato l’importanza della green economy nel comunicato ufficiale diffuso al termine dei lavori: si tratta di un cambiamento significativo, sintomo che il mondo sta iniziando a rendersi conto che lo sviluppo economico non può prescindere dalla protezione dell’ambiente e che il cambiamento deve necessariamente passare per il sistema finanziario.
“Riconosciamo che, al fine di supportare una crescita globale sostenibile dal punto di vista ambientale, è necessario sviluppare una finanza verde”, si legge nel comunicato. Le sfide non mancano, hanno fatto presente i ministri del G20, citando tra le altre l’assenza di definizioni precise di cosa sia o non sia effettivamente green, l’elevata asimmetria informativa e le capacità di analisi ancora inadeguate. Ma molti di questi ostacoli “potranno essere superati con la collaborazione del settore privato”, evidenzia ancora la nota, rammentando l'impegno dell’UNEP (United Nations Environment Programme).
4.0 – Conclusione
Il convegno cui stiamo assistendo, partito da una riflessione di natura religiosa e di fede, ben interrogandosi su cosa fare affinché il nostro Mondo possa – anche alla luce delle nuove tecnologie – essere piacevole da vivere per tutti, è importante e significativo. Bisogna, infatti, sempre più continuare a parlare alle coscienze delle persone ma in modo nuovo, intelligente e completo e non fondato sulla bontà ma sulla giustizia di quella opzione fondamentale per l'ambiente come vera Casa Comune. Ancora bisogna sempre più puntare sul bene comune per i propri investimenti piuttosto che sul proprio interesse.
I problemi, gli egoismi e le chiusure sono tanti e tante. Ma ciò non deve fermare la voglia di essere vivi e essere parte di una natura cui dobbiamo tutto. Il coraggio, sebbene qualche volta viene meno, deve spingerci a “contagiare” gli altri sui temi della vita che, è sempre bene ribadirlo avendo in mente la leggenda del re Mida, non è fondata sulle ricchezze ma sulla felicità che massimamente si basa sulle buone relazioni.
Voglio chiudere ricordando, anche se è conosciuta da tutti, la splendida frase/poesia di Piede di Corvo, Tribù dei Piedineri:
Quando l'ultimo albero sarà stato abbattuto,
l'ultimo fiume avvelenato,
l'ultimo pesce pescato,
vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.
La nostra terra vale più del vostro denaro.
E durerà per sempre.
Non verrà distrutta neppure dalle fiamme del fuoco.
Finché il sole splenderà e l'acqua scorrerà, darà vita a uomini e animali.
Non si può vendere la vita degli uomini e degli animali;
è stato il Grande Spirito a porre qui la terra e non possiamo venderla perché non ci appartiene.
Potete contare il vostro denaro e potete bruciarlo nel tempo in cui un bisonte piega la testa,
ma soltanto il Grande Spirito sa contare i granelli di sabbia e i fili d'erba della nostra terra.
Come dono per voi vi diamo tutto quello che abbiamo
e che potete portare con voi, ma la terra mai”.
Quanto è attuale questa frase alla luce del nostro convegno e quanto sprone possiamo trovare in essa!
Relazione al convegno Liberati dalla grazia di Dio - Roma, 11 Marzo 2017
Note
- Emissioni di CO2: a) ratifica del protocollo di Kyoto e del protocollo di Montreal: (fonte: segreterie del Protocollo di Kyoto e di Montreal); b) raggiungimento degli obiettivi iniziali del protocollo di Kyoto: (fonte: UNFCC – United Natrions Framework Convention on Climate Change); c) emissioni di CO2 rapportate al PIL, alla popolazione e al tasso di cambiamento delle emissioni stesse: (fonte: World Resources Institute); d) emissioni pro capite di gas serra diversi dal CO2: (fonte: WRI). In più nell'analisi che compie nella scelta delle società che compongono il portafoglio dei suoi titoli pone attenzione a: 1) Produzione di energia da fonti rinnovabili: percentuale di energia proveniente da fonti rinnovabili rapportata al totale dell’energia utilizzata: (fonte WRI). 2) Tutela dell’ambiente: ratifica della Convenzione di Rio e del CITES (Convention on International Trade in Endangered Species): (fonte: segreterie della Convenzione di Rio e del CITES). 3) Tutela delle biodiversità: specie animali in pericolo, aree naturali protette: a) percentuale di specie animali in pericolo di estinzione: (fonte WRI); b) percentuale di aree protette per la tutela delle biodiversità rispetto al totale del territorio: (fonte: NIPR - New Ideas in Pollution Regulation - della Banca Mondiale); C) presenza di una agenzia di protezione ambientale: (fonte WRI). 4) Qualità delle acque: a) percentuale di acqua utilizzata dal Paese rispetto al totale delle fonti d’acqua interne: (fonte WRI); b) BOD (bio-oxygen demand), misura di quanto l’utilizzo d’acqua da parte del Paese per usi civili e industriali ne influenzi la qualità: (fonte WRI);c) BOD per lavoratore, misura di quanto l’utilizzo d’acqua da parte del Paese per usi industriali ne influenzi la qualità: (fonte WRI); c) ratifica della UNCLOS, la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare: (fonte: segreteria UNCLOS). 5) Sfruttamento delle risorse ittiche: a) quantità di pescato in termini assoluti (tonnellate): (fonte: World Development Indicators - WDI della Banca Mondiale); b) quantità di pescato in termini relativi (tonnellate pro capite: (fonte: World Development Indicators - WDI della Banca Mondiale). 6) Deforestazione: evoluzione delle aree forestali: (fonte WRI). 7) Uso di fertilizzanti: a) quantità relativa di fertilizzanti utilizzati (chilogrammi per ettaro): (fonte WRI); b) evoluzione dell’utilizzo di fertilizzanti: (fonte WRI). 8) Gestione dei rifiuti: quantità di rifiuti industriali e civili prodotti (fonte WRI).