Si è svolto a Castellarano, il 14 maggio ultimo scorso, nella sede della sala teatro dell’oratorio San Giovanni Bosco di via Chiaviche, un convegno dal titolo “Primo Mazzolari e Tonino Bello. Alleati per la pace e la giustizia sulle strade del mondo” alla presenza di una cospicua partecipazione delle classi dell’Istituto Comprensivo di Castellarano e Scandiano, di numerosi laici, religiosi e politici tutti uniti, nel 60° anniversario della morte di don Primo Mazzolari, nell’approfondimento della conoscenza di due grandi profeti di pace, portatori di valori sempre più attuali ed educativi.

Il convegno, patrocinato dalle istituzioni locali, parrocchia, Centro Studi di Pax Christi e fondazioni Primo Mazzolari e Tonino Bello, rispettivamente di Bozzolo (MN) e Alessano (LE), ha voluto sensibilizzare l’auditorium giovanile, laico e politico, intorno all’importanza di seguire l’esempio dei due “maestri di vita ed educatori” nelle scuole dei territori mantovani – emiliani e pugliesi – che, pur lontani, si sono contraddistinti, allora come ora, con una vicinanza di orientamenti che costituiscono e costituiranno i migliori valori che tanto ci hanno fatto bene e ci sorreggono per il futuro. A rendere e realizzare questo ambizioso obiettivo ci hanno pensato i relatori del convegno che hanno voluto celebrare alla presenza delle scuole quanto significativa sia, tuttora, l’opera missionaria e formativa dei due autentici seguaci del Vangelo e teologi comprensibili da tutti.
Non ha fatto mancare la sua vicinanza il nostro stimato vescovo, mons. Massimo Camisasca, che, nonostante l’improvviso impedimento della notte, ha portato tanta luce con due splendide relazioni su don Primo Mazzolari e don Tonino Bello che sono state da noi tutte apprezzate e che meritano di essere lette più volte e pubblicate perché ne facciano tesoro le scuole e le istituzioni del territorio.
Tale vicinanza è stata resa ancor più effettiva dall’altro illustre relatore, mons. Matteo Maria Zuppi, arcivescovodi Bologna, che ha dato lettura delle succitate due relazioni con la grazia e la poesia che le stesse meritavano. Purtroppo, sempre per un motivo non tanto dissimile (ricovero d’urgenza e intervento chirurgico al cuore di Marcello Bello, fratello di don Tonino), all’ultimo momento ci è stata comunicata anche l’assenza del presidente della fondazione don Tonino Bello, il dott. Giancarlo Piccinni, noto cardiologo salentino e amico per lunga tradizione familiare di don Tonino Bello. Come se non bastasse, anche il presidente della Provincia di Reggio Emilia nonché sindaco del Comune di Castellarano e presidente dell’Unione Tresinaro Secchia, dott. Giorgio Zanni, ha fatto sapere di non farcela ad essere presente per un sopraggiunto impegno in Prefettura a Reggio Emilia.
Dopo la brillante introduzione e i sentiti ringraziamenti espressi nei confronti dei relatori presenti e assenti giustificati, da parte del prof. Paolo Iotti, in qualità di moderatore e vice sindaco del Comune di Castellarano, ha preso la parola l’arcivescovodi Bologna, mons. Matteo Maria Zuppi, il quale ha voluto evidenziare l’importanza dell’odierno appuntamento e la duplice ragione del suo intervento giustificato non solo dall’opportunità di riflettere sulla santità comune dei due che non ci lascia indifferenti e che stiamo apprezzando a distanza di molto tempo ma soprattutto perché c’è molto bisogno di guardare dentro e avanti in un momento in cui non ci possiamo abituare a pezzi di guerre mondiali, come dice papa Francesco.
Dopo aver letto le due preziose relazioni di mons. Massimo Camisasca sulle tracce dei valori ed eredità di cui le nostre generazioni stanno facendo tesoro soprattutto a seguito della visita di papa Francesco sulle tombe dei due Padri della Chiesa “non accademica e moralista “, mons. Zuppi ringrazia il prof. Sergio Paronetto per il prezioso libro su Primo Mazzolari e Tonino Bello e la realizzazione di questo incontro che mette insieme, come ha fatto recentemente papa Francesco, alcuni preti di frontiera, da Primo Mazzolari e Tonino Bello a don Zeno Saltini, Milani, Puglisi, ecc. Nel richiamare una lettera che il vescovo di Cremona inviò nel 1938 a don Primo Mazzolari e la sua risposta, evidenzia quanto sia ancora attuale il suo libro “I Lontani” (oggi si direbbe “Le Periferie”), un testo che evoca il concetto della “pietas” del Concilio Vaticano II ove si esorta la Chiesa a non essere blindata ma promotrice di pace e ad abbracciare le armi della misericordia.
La preoccupazione di don Primo Mazzolari oggi parla a tanti, come quella attuale di papa Francesco, rivolta ai religiosi che ancora oggi hanno bisogno del navigatore piuttosto che della bussola per capire i lontani che forse vogliono vedere in chiarezza il volto di una religione basata sulla gioia e sull’ascolto. Francesco.
Il prof. Paolo Iotti ringrazia la prof.ssa Paola Incerti, il prof. Piccinnini, i professori delle scuole di Baiso e tutti gli studenti intervenuti invitandoli a riflettere sui concetti espressi dal vescovo sulla convivialità delle differenze e sul navigatore e/o bussola che offrono splendidi spunti di riflessione per vivere la formazione e la convivenza con serenità, ascolto reciproco e gioia condivisa.
Don Umberto Zanaboni, in rappresentanza della fondazione don Primo Mazzolari, porta i saluti del suo presidente don Bruno Bignami, postulatore della causa di beatificazione di don Primo Mazzolari ed esprime la sua gioia per il richiamo ai “Lontani” e concetti espressi dall’arcivescovo Zuppi, quali quelli del “vedere oltre”, ripercorrendo “l’anima dell’apostolo“ sui quali si sta lavorando molto nell’attuale periodo coincidente con il 60° anniversario della morte di Primo Mazzolari. Ricorda la recente visita di papa Francesco sulla tomba di don Primo e le sue parole di incoraggiamento nel seguire le sue esortazioni. Infine illustra il concetto di pace attraverso quattro parole prese dal libro di don Primo “Tu non uccidere” che invita a leggere a scuola nelle ore di religione: fede, inquietudine, giustizia e scandalo.
Il prof. Sergio Paronetto, autore di numerose pubblicazioni sui temi della pedagogia e dell’etica, oggi, in veste di autore del bellissimo libro dal titolo “Primo Mazzolari e Tonino Bello. L’inquietudine creativa della pace”, edito da MNM Printedizioni di Poggio Rusco (MN), illustra brevemente le molteplici analogie di pensiero dei due “Padri della Chiesa” del Novecento che ancor oggi ci offrono spunti di riflessione e suggestione.
Entrambi detestano la passività, il grigiore, l’indifferenza.
Entrambi sono animati da una logica simbolica carica di metafore, parabole, ironie e paradossi (linguaggio simile a quello di papa Francesco).
Entrambi sono fedeli all’essenziale e concreti e per questo, talvolta, esposti alle incomprensioni, alle critiche dei benpensanti.
Entrambi coraggiosi nel denunciare il male e nel trasformare il disagio in possibilità di cambiamento.
Per entrambi “la pace è frutto della giustizia” perché l’ingiustizia sociale ed economica è la causa delle guerre.
Per entrambi il seme della nonviolenza potrà attecchire nel cuore noi tutti se i poveri lo vogliono. Entrambi augurano che i tecnici della difesa non violenta (educatori, politici...) svolgano il loro servizio secondo i valori della cura e della promozione della persona.
Per entrambi profezia e politica sono sorelle (l’intreccio tra le due azioni è fondamentale per assicurare il benessere sociale alla comunità).
Per entrambi l’educazione alla pace deve essere basata su un robusto programma di studio e di ricerca di strumenti praticabili perché la cultura della non violenza non indica solo un’alternativa evangelica alla guerra, ma costituisce l’anelito dei popoli e il cammino dell’umanità profonda. Entrambi sono fondatori di riviste di impegno cristiano: per don Mazzolari “Adesso”, per don Tonino Bello “Mosaico di pace” utili a prendere posizione su temi delicati quali obiezione di coscienza e rifiuto di ogni guerra. La nuova realtà mondiale, affermavano, deve portare a un cambiamento di mentalità “di fronte all’immane inutile strage che rappresenta sempre la guerra, specialmente la possibile guerra di domani...”.
Entrambi non si limitano a tale monito, ma don Primo Mazzolari, dopo aver partecipato alla guerra e constatatane le orrende conseguenze, nel 1943 collabora con i partigiani alla Resistenza al nazifascimo e nel 1951 coltiva l’intenzione di organizzare un movimento di resistenza a ogni guerra, suscitando sospetti e preoccupazioni nella curia vaticana e negli ambienti democristiani. Don Tonino, poco prima di morire, si arma di un plotone di giovani “costruttori di pace” e attraversa Sarajevo nel pieno dei bombardamenti.
Per entrambi la pace è un bene universale, è “opera della giustizia”.
Per entrambi la vera pace è dei poveri. Ciò che manca ai politici e “agli uomini di Chiesa” è la conoscenza reale dei poveri, legata alla sete di giustizia. Affermava don Primo che “certa brava gente di Chiesa” manca di buon senso e di carità, è incapace di guardare e di capire.
“E’ ridicolo, o meglio, è tragico attendere che i poveri diventino buoni per aiutarli ad essere meno poveri... è vile e farisaico scandalizzarsi della sbornia che lo straccione ha preso con i pochi soldi della nostra elemosina”. Analogamente don Tonino parla della Chiesa della “lavanda dei piedi”, del servizio. Una chiesa che rinuncia ai segni del potere (il potere temporale) per scegliere “il potere dei segni” (quello spirituale) per ripartire dagli ultimi e far sì che un mondo altro si affermi sulla terra.
Entrambi risultano scomodi al potere pubblico sia per le azioni concrete attuate nelle due diverse epoche per gli insegnamenti praticati a favore della giustizia sociale, per la obiezione di coscienza (in particolare per la obiezione fiscale alle spese militari) e per la legalità (contro le varie forme di criminalità organizzata).
Infine, in una società caratterizzata dalla massificazione e dai pericoli di appiattimento, per entrambi l’etica della fratellanza sembra l’unica in grado di costruire la pace. “Sì, perché le guerre, tutte le guerre, da quelle interiori a quelle stellari – diceva don Tonino Bello –, trovano la loro ultima radice nella perdita della identità personale... nella malinconia di sentirsi uno, nessuno, centomila e nell’incapacità di guardarsi negli occhi”.


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