Desta ancora meraviglia che, nel pensiero comune degli italiani, gli immigrati qui possano svolgere lavori intellettuali; si pensa che siano rari questi casi, mentre in altri paesi europei è normalità.

Anch’io fino a qualche anno fa pensavo così, ma il viaggio-formazione che ho fatto a Ginevra presso la sede delle Nazioni Unite mi ha fatto ricredere. Anche in altri paesi europei ho incontrato persone provenienti da diversi stati extraeuropei che svolgevano mansioni di responsabilità intellettuale. Nel corso di “Pensiero islamico” presso l’Università degli studi di Trento, dovevamo leggere almeno sei libri, oltre al Corano, di cui quattro erano dell’autore Tariq Ramadan. Questo grande pensatore, nato e cresciuto a Ginevra (Svizzera) ma di origini egiziane, dopo la sua formazione europea si è recato lui stesso in Egitto per ritrovare la fonte della sua cultura e religione di origine. Ha proseguito quindi i suoi studi presso varie università del mondo. È diventato poi professore sia all'Università di Ginevra, che di Oxford e di altri prestigiosi ambienti accademici. Inoltre è consulente del governo britannico e in varie Commissioni dell’Unione Europea. È venuto a Trento nello scorso dicembre in occasione di una serie di incontri per i 500 anni dell’Utopia di Tommaso Moro. Il mio amico, ex direttore dell’Adige e attuale direttore editoriale del Margine, Paolo Ghezzi, mi ha invitato a cena insieme a Tariq Ramadan, visto che avevo letto alcuni dei suoi libri e che io stesso scrivevo sulla tematica dell’Islam per il nostro quotidiano. La cena è durata tre ore, insieme anche a Riccardo Mazzeo, editore della Erickson. Abbiamo parlato di tantissimi argomenti: il ruolo delle donne nell’Islam, i giovani musulmani in Europa, la situazione in Turchia e in Medio Oriente e la lettura del Corano oggi. Visto che io dichiaravo la mia posizione di agnostico, il discorso si è concentrato su questa realtà che è comune a tanti giovani intellettuali in Europa. Il professore che è profondamente credente, mostrava una grandissima apertura nei miei confronti. Non è facile di fronte a chiunque si professi ateo o agnostico trovare profonda comprensione in una persona che viva la sua fede con convinzione. Eravamo d’accordo che non si deve leggere il Corano alla lettera, come per altri testi sacri, ma interpretarlo nel nostro contesto che è cambiato. Abbiamo toccato altri temi spinosi come il ruolo della donna nell’Islam, l’omosessualità, e un punto centrale come la mancanza di una guida spirituale nel sunnismo a cui potere fare riferimento.

Dentro l’Islam sunnita ci sono infatti tante correnti, quindi interpretazioni diverse su argomenti scottanti come il ruolo della donna in Arabia Saudita. Proprio da quel Paese partono i finanziamenti per la corrente più rigida che è il wahabismo, molto pericolosa anche in Europa. Per questa sua libertà di critica il prof Tariq Ramadan non può mettere piede in Arabia Saudita. La nostra lunga cena si è conclusa con la decisione di Riccardo di scrivere un libro insieme a Tariq e chissà che la nostra conversazione non gli abbia ispirato il titolo “Il musulmano e l’agnostico”. Il giorno dopo nell’auditorium S.Chiara a Trento si è svolto un incontro pubblico con oltre ottocento persone, tra cui anche magistrati, professori universitari ed altri esponenti autorevoli, a dimostrare l’interesse e l’attenzione che a poca distanza da Bolzano si presta a una persona tanto sapiente e aperta al dialogo che è ultra necessario per i nostri tempi. Invece a Bolzano purtroppo Tariq Ramadan è stato considerato persona pericolosa e alcuni giornalisti erano quasi sobillatori di certi politici che hanno buttato fango su di lui e su chi lo aveva invitato. Cari amici giornalisti e politici, le persone pericolose sono ben altre! Non lo si capisce a stare seduti a tavolino magari dietro uno schermo dove l’informazione sappiamo si può manipolare. Penso che Tariq dia il massimo delle sue energie per una maggiore reciproca comprensione. Anch’io nel mio piccolo sto facendo questo, sto dedicando tanto tempo a mandare messaggi in favore di una pacifica convivenza, passo anche molte ore (è capitato anche 48 ore di seguito) dove mi chiamano le Forze dell’Ordine e la Magistratura per la traduzione, e questo lo faccio perché ci credo, anche senza compenso, perché voglio come restituire un mio contributo per l’accoglienza avuta. Ho sentito che era stato criticato l’incontro perché  mancava un contraddittorio. Ma  quale mancanza?

Il Centro per la Pace aveva organizzato una presentazione del libro “Il musulmano e l’agnostico” (ed Erickson), in cui Tariq rappresentava il mussulmano oggi e Riccardo l’agnostico. Tutti ricordiamo gli affollatissimi incontri con Bauman e Heller, entrambi ebrei, dove non c’era il contradditorio. Se vogliamo costruire un mondo di dialogo, dobbiamo ascoltare persone che sono ponti con la loro vita. Questo ascolto è ancora più difficile se siamo abituati a pensare all’immigrato come uno che può fare solo un lavoro manuale. E non pensiamo magari che dietro al suo lavoro di pensiero c’è  tanta fatica, studio, ricerca, dedizione, spesso anche notti insonni e voglia di restituzione.

 

 


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