Dopo la conferenza–stampa del 3 febbraio 2020 in cui è stato presentato ufficialmente il Laboratorio della pace ed il suo manifesto programmatico, il 6 febbraio c’è stato il primo incontro su “ Mediterraneo frontiera di pace” che si è tenuto a Potenza, presso la Parrocchia di S. Anna e S. Gioacchino. Il Laboratorio pensa che per affrontare tutte le tematiche in cui si dibatte la società contemporanea è necessario capire i vari meccanismi della geopolitica e dei suoi maggiori protagonisti e/o responsabili.

Il tema trattato è stato scelto partendo dalla considerazione che l’Italia ha un ruolo estremamente importante in quanto elemento di congiunzione fra l’Europa ed i paesi asiatici ed africani che si affacciano sul mediterraneo e che la Basilicata, nucleo centrale del mezzogiorno, potrebbe assumere anch’essa una forte centralità nel processo di unificazione e nello sviluppo dell’intera area mediterranea. Si è deciso, quindi, di dare all’incontro lo stesso titolo del prossimo Sinodo che porterà a Bari, dal 19 al 23 febbraio prossimi, circa 60 vescovi provenienti dai 19 paesi che si affacciano sul Mediterraneo i quali discuteranno della necessità che la Chiesa si faccia promotrice di un percorso di pacificazione, collaborazione e fratellanza in quest’area geografica purtroppo martoriata da guerre e conflitti di ogni genere.
Relatori dell’incontro sono stati Fausto Santangelo della Consulta Regionale delle Aggregazioni Laicali, Mons. Giovanni Ricchiuti, già Vescovo di Acerenza ed oggi Vescovo di Altamura e Presidente Nazionale di Pax Christi Italia e Luigi Sandri, giornalista e stretto collaboratore della rivista “Confronti” la cui redazione è composta da cattolici, ortodossi, evangelici.
Ha fatto gli onori di casa ed ha svolto il ruolo di moderatore il Parroco don Franco Corbo che, su pressanti richieste di Mons. S. Ligorio, Arcivescovo di Potenza, è stato anche promotore ed animatore del Laboratorio di Educazione alla Pace.
Fausto Santangelo ha presentato il Laboratorio, che è nato circa un anno fa su iniziativa di don Franco Corbo con l’intento di offrire una risposta alla sempre più pressante richiesta del mondo cattolico di una presenza qualificata dei cristiani e di ogni persona di buona volontà nelle attuali problematiche sociali e politiche. Si è quindi avviato un percorso per interrogarsi sui temi del mondo contemporaneo aggregando rappresentanze delle varie anime del mondo cattolico e persone provenienti da numerose aree di riferimento fra cui la Commissione Diocesana per l’Ecumenismo ed il dialogo Interreligioso, la Commissione Diocesana per i problemi sociali, l’Ufficio Diocesano per il servizio alla giustizia, alla salvaguardia dell’ambiente ed alla difesa della dignità umana, l’Ufficio per la Pastorale della Famiglia della Conferenza Episcopale di Basilicata, l’Associazione La Pira, l’Azione Cattolica, il Centro Studi Maritain, la Città della Pace, il GVS, Libera contro le Mafie, il Movimento Azzurro per l’Ambiente, il Movimento per i Nuovi Stili di Vita, Pax Christi. Decisa è anche la presenza di altre Chiese cristiane come la Parrocchia Rumeno Ortodossa Santa Teodora, la Chiesa Evangelica “Opera Nuova” e la Chiesa Evangelica “Esercito della Salvezza”. Si è inoltre avviato un dialogo ed una stretta a fattiva collaborazione con alcune associazioni studentesche dell’università degli Sudi della Basilicata. Tra queste molto attive sono l’UCAL(Universitari cattolici Ateneo Lucano) e ESN (Erasmus Student Network Sui Generis).
Il primo e fondamentale compito svolto dal Laboratorio durante il suo primo anno di vita è stato quello di redigere un documento di presentazione sia dei propri orientamenti ed obiettivi che del programma di incontri sui temi della fratellanza umana, della giustizia sociale, del dialogo interreligioso, dell’accoglienza e della difesa del creato che si terranno nel corso del 2020.
L’intervento di Mons. Giovanni Ricchiuti si è incentrato sulla conferenza fra i Vescovi “Mediterraneo frontiera di pace”, che si terrà a Bari dal 19 al 23 febbraio e che è nata da un’intuizione del presidente della CEI Card. Gualtiero Bassetti, condivisa dal Vicepresidente Card. Antonino Raspanti. La proposta di un incontro fra i Vescovi Cattolici di rito Latino ed Orientale dei paesi dell’area mediterranea, finalizzato ad avviare finalmente un percorso di pacificazione, è stata formulata dal card. Bassetti ad aprile del 2018 in occasione della settantunesima Assemblea Generale della CEI e nel 2019 è stato costituito il comitato organizzatore dell’evento. Esso si svolgerà a porte chiuse, fra i soli delegati dei Vescovi, per le giornate del 19, 20 e 21 febbraio, ed ospiterà il pomeriggio di sabato 22 un appuntamento pubblico nel teatro Petruzzelli. Si concluderà domenica 23 con l’arrivo di Papa Francesco che incontrerà prima i Vescovi del mediterraneo e poi presiederà la Messa nel cuore della città. Il grande interesse suscitato dall’evento è testimoniato dalle numerose richieste di partecipa-zione pervenute anche dal mondo ebraico e da quello musulmano. Ciò sta a significare i grandi passi in avanti fatti con Papa
Francesco nel dialogo ecumenico ed interreligioso.
Sebbene sia chiara l’enorme potenzialità e positività di quest’iniziativa, è emersa però una nota critica derivante dal fatto che la CEI ha inserito nel comitato organizzatore dell’evento anche una figura come Claudio Descalzi, amministratore delegato di ENI, il quale parteciperà attivamente all’incontro pubblico del 22 febbraio. Appare, infatti, del tutto inopportuno che la CEI scelga come proprio partner in questo difficile percorso proprio il legale rappresentante di una multinazionale che si occupa di petrolio, ossia di quella risorsa che è oggi la causa fondamentale della maggior parte dei conflitti di tutto il medioriente. Gli interessi e gli obiettivi di ENI mirano esclusivamente al massimo sfruttamento possibile delle risorse petrolifere in mare ed in terraferma dei paesi interessati, come risulta evidente dalla sua presenza in numerose attività di ricerca ed estrazione già in atto, fra cui quella del colossale giacimento ZOHR, inaugurato nel 2018 e situato al largo delle coste egiziane. E’ facile ipotizzare che tali obiettivi possano non coincidere affatto con quelli di chi si pone come pacificatore dell’area. Né è di secondaria importanza il fatto che la compagnia rappresentata da Descalzi è oggi coinvolta in numerosi procedimenti giudiziari in varie parti del mondo –fra cui la Basilicata- per aver causato disastri ambientali e che lo stesso Descalzi non è esente da sospetti.
Di riflesso si è rimarcato e deplorato il fatto che, all’incontro dei delegati, non è stato invitato il Presidente di Pax Christi movimento cattolico internazionale per la pace che, su questi temi, ha sempre tenuta desta l’attenzione della Chiesa.
Il giornalista Luigi Sandri, infine, ha trattato il tema del conflitto Israelo-Palestinese in quanto fulcro nodale della situazione politica dell’intera area mediorientale. Un intervento, il suo, che ha ripercorso sinteticamente tutta la storia di questo conflitto a partire dal 1881, quando un piccolo gruppo di ebrei sovietici, fuggiti dalla madrepatria in quanto accusati dell’assassinio dello zar Alessandro II, si rifugiò in Palestina, terra allora posta sotto il dominio turco-ottomano ed occupata dagli arabi ma rivendicata anche dagli ebrei come propria patria storica individuata come tale dalle stesse Sacre Scritture. I quotidiani conflitti con la popolazione araba indussero gli ebrei a ricercare anche altre soluzioni per la creazione di uno Stato ebraico ed Alfred Dreyfus, ufficiale ebreo alsaziano protagonista dell’omonimo “Affaire”, ne propose la localizzazione al di fuori dei confini dell’Europa, fortemente antisemita, ipotizzando varie sedi fra cui la Patagonia. La terra prescelta rimase, però, la Palestina che nel 1916, in occasione della spartizione del morente impero ottomano fra Francia e Gran Bretagna, venne annessa a quest’ultima.
Il forte incremento del numero di ebrei rifugiatisi in Palestina a seguito della shoah rese il problema dei rapporti con gli arabi non più procrastinabile e nel 1947 gli inglesi presentarono all’ONU un piano di spartizione che acuì la situazione conflittuale assegnando il 54% del territorio palestinese agli ebrei ed il rimanente 46% agli arabi. Nel 1948, con l’avallo dei sovietici, venne proclamata la nascita dello Stato di Israele con la divisione di Gerusalemme in due parti assegnate ai due contendenti.
La situazione conflittuale, acuita dalle progressive occupazioni di territori palestinesi da parte degli israeliani, perdurò fino agli accordi di Oslo del 20 agosto 1993 quando il premier israeliano Rabin ed il capo dell’OLP Yasser Arafat in rappresentanza del popolo palestinese, alla presenza del presidente statunitense Bill Clinton, concordarono l’attuazione di un processo di pace che venne, però, interrotto già nel 1994 con il massacro di Hebron. Nonostante il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell'ONU nel 2012, un accordo di pace definitivo tra Israele e Palestina non è stato ancora raggiunto ed, anzi, la situazione rischia di aggravarsi fortemente dopo la presentazione, il 29 gennaio del 2020, di un “piano di pace” del presidente Trump talmente sbilanciato a favore dell’alleato Israele da rischiare di di diventare la miccia per un terzo conflitto mondiale. Va però detto che fra la popolazione israeliana e quella palestinese, dopo anni ed anni di scontri che hanno provocato lutti da entrambe le parti, stanno nascendo piccoli nuclei di fratellanza che aprono qualche positivo spiraglio per il futuro.
L’incontro è durato due ore e ha visto l’appassionata partecipazione ed interesse di tutti i presenti che hanno dichiarato di essere venuti a conoscenza per la prima volta di molti risvolti delle tematiche presentate.
Il Laboratorio continuerà il suo lavoro in un prossimo incontro previsto per il 4 Marzo sulle problematica: La laicità dello Stato: Rapporto tra tato e religioni per una sana e moderna laicità dello Stato.


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