È morto ieri mattina a Lione a 91 anni a causa di un ictus, mons. Henri Teissier, arcivescovo emerito di Algeri. Al paese di cui aveva la nazionalità mons. Teissier è rimasto legato fino alla fine, tanto che aveva espresso recentemente ad amici algerini il rammarico di non poter rientrare a causa della sospensione dei voli.

Ordinato nel 1955 prete nella diocesi di Algeri, dove la sua famiglia si era trasferita, perfeziona l’arabo al Cairo e diventa collaboratore del cardinale di Algeri Duval. È vescovo di Orano dal 1972 al 1980, per diventare vescovo ausiliario di Duval, cui succederà come arcivescovo di Algeri dal 1988 al 2008. In questi vent’anni ha condiviso con l’Algeria i momenti più difficili della sua storia, in modo particolare gli anni del terrorismo che ha colpito la stessa Chiesa con il sacrificio di 19 religiosi e religiose tra il 1994 e il 1996, e che saranno poi beatificati nel 2018. Teissier condivide con la comunità cristiana, con i 19 e in particolare con i 7 monaci di Tibhirine, la difficile scelta di restare in Algeria per fedeltà al popolo algerino, musulmano. Non si può comprendere la convinta responsabilità che mons. Teissier si assunse allora senza andare alle radici della sua visione della Chiesa in Algeria.
Tra la fine degli anni Settanta, dopo l’indipendenza del paese (1962), e la metà degli anni Ottanta, la Chiesa in Algeria compie la sua profonda trasformazione prendendo pienamente coscienza della sua particolarità: una comunità cristiana fortemente minoritaria, erede della potente Chiesa coloniale, ma ormai radicalmente mutata con l’apporto delle migrazioni subsahariane, in un paese a stragrande maggioranza musulmano. In questo contesto la scelta di rivolgersi alla comunità musulmana diventa una vocazione. L’Algeria prende così grande spazio nelle intenzioni di preghiera, frutto non di una riflessione teologica, ma della pratica quotidiana della relazione con i problemi della società nel suo insieme. Si feconda così la pratica dell’incontro, che Teissier preferisce al termine “dialogo” che rimanda ad un piano astratto e al confronto tra dottrine, perché questa attività concreta implica maggiormente le persone che, insieme, possono conoscersi realmente e affrontare i problemi che pone la trasformazione della società. “Laddove l’amore fraterno è vissuto, è Dio che, attraverso di noi, ama coloro che incontriamo”. Questo pensiero di Teissier esprime bene l’atteggiamento della Chiesa d’Algeria, anche se il lavoro intrapreso rimane a lungo ignorato al di fuori del paese.
Durante il periodo più terribile del terrorismo, il decennio degli anni Novanta, questa vocazione della Chiesa d’Algeria è messa a dura prova. Teissier è in prima linea nel combattere la confusione tra l’islam, come fede popolare della quasi totalità della popolazione, e i movimenti politici che praticano la violenza in nome dell’islam stesso, raccogliendo, all’estero, gravi attacchi. Negli interventi e negli scritti di quel periodo, Teissier testimonia così l’approfondimento della relazione tra la minoranza cristiana, che vive nel paese e partecipa ai suoi drammi quotidiani, e la popolazione musulmana. Basti citare un solo esempio: ai funerali di Pierre Claverie, vescovo di Orano assassinato da un attentato terrorista il 1° agosto 1996, assiste una folla numerosa in cui ancor una volta i cristiani sono solo una piccola minoranza.
Nella confusione tra islam e terrorismo Teissier vede una grave minaccia alla pace, con gli insensati attacchi indiscriminati in paesi musulmani, a partire da quelli in Afghanistan e Iraq. Gli esiti di questi interventi danno pienamente ragione alle analisi di Teissier.
Nella sua opera di ricerca dell’altro possibile, che continua anche dopo Teissier, la Chiesa algerina indica la via alle nostre società occidentali alle prese con la presenza di persone di altre fedi religiose.


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