Senza la pace non si può costruire nulla: essa è il pilastro il fondamento della vita civile e spirituale, ma essa deve germogliare innanzitutto dentro di noi, deve traboccare attraverso una vita ricca e piena.
Ne è profondamente convinto il Papa Francesco che nel primo Angelus del 2021 dalla biblioteca privata del Palazzo Apostolico, sulla scorta del tema per la 54° Giornata Mondiale della Pace, evidenzia come “la pace non è solo assenza di guerra – la pace non è mai asettica – ma vita ricca di senso, impostata e vissuta nella realizzazione personale e nella condivisione fraterna con gli altri”.
Il Pontefice sottolinea come le sofferenze patite dall’umanità nell’anno appena concluso, in particolare a causa della pandemia, abbiano messo in risalto l’urgenza di interessarsi gli uni degli altri. In particolare rinnova ai responsabili politici e al settore privato l’appello già lanciato nel videomessaggio per il 75.mo anniversario delle Nazioni Unite, “affinché adottino le misure adeguate a garantire l’accesso ai vaccini contro il Covid-19 e alle tecnologie essenziali necessarie per assistere i malati e tutti coloro che sono più poveri e più fragili”.
Dinanzi alla veemente ripresa delle diverse forme di nazionalismo, razzismo, xenofobia e guerre che seminano morte e distruzione, diventa più che mai importante rispondere con il “prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza”. Riprendendo la recente enciclica Fratelli tutti, ci incoraggia a diventare “profeti e testimoni della cultura della cura, per colmare le tante disuguaglianze sociali”. Ciò perché la barca dell’umanità, dove “nessuno si salva da solo”, può “navigare con una rotta sicura e comune” solo col “timone della dignità della persona” e la “bussola dei principi sociali fondamentali”.
Papa Francesco in tal senso non fa che rilanciare “il nucleo del servizio di carità” presente nella Chiesa primitiva attraverso le opere di misericordia spirituale e corporale. “I cristiani della prima generazione praticavano la condivisione perché nessuno tra loro fosse bisognoso (cfr At 4,34-35) e si sforzavano di rendere la comunità una casa accogliente, aperta ad ogni situazione umana, disposta a farsi carico dei più fragili. Divenne così abituale fare offerte volontarie per sfamare i poveri, seppellire i morti e nutrire gli orfani, gli anziani e le vittime di disastri, come i naufraghi.”
“La diakonia delle origini, - prosegue il Papa - arricchita dalla riflessione dei Padri e animata, attraverso i secoli, dalla carità operosa di tanti testimoni luminosi della fede, è diventata il cuore pulsante della dottrina sociale della Chiesa, offrendosi a tutte le persone di buona volontà come un prezioso patrimonio di principi, criteri e indicazioni, da cui attingere la ‘grammatica’ della cura: la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato.”
Dunque, non ci resta che salire su questa barca senza indugi, salpare, andare verso il largo con la benedizione di Maria Santissima perché il futuro si apre dinanzi a noi, si colora di novità come il cielo di un mare aperto.
Giovanni Capurso