L’Enciclica Fratelli tutti, basata sull’etica politica del Samaritano e orientata alla realizzazione di un “umanesimo della cura”, è stata accolta da Pax Christi Italia con viva condivisione come una vera e propria Enciclica per la pace.
Particolarmente significativo, infatti, è il capitolo settimo (“Percorsi di un nuovo incontro”) che riprende e completa altri interventi (ad esempio all’ONU nel 2015 e 2017 o in Giappone nel 2019) e si propone di promuovere la pace a partire dalla memoria “integra e luminosa” sia della Shoà, di Hiroshima, dei massacri etnici, del traffico degli schiavi, sia quella di tanti attori del bene (S. Francesco, Gandhi, Luther King, Desmond Tutu, Charles de Foucauld). Nel testo bergogliano vibrano questioni e pratiche fortemente sentite da tutto il movimento come il perdono sociopolitico (236-254) e il superamento della guerra giusta (256-262). Bello e impegnativo è intitolare una serie di paragrafi con “l’ingiustizia della guerra”, affermare cioè la sua assurdità disumana, e proporre la riconversione delle spese militari, in particolare quelle nucleari, a sostegno di un Fondo mondiale per eliminare la fame. L’idea ritorna anche nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1 gennaio 2021.
Come è stata accolta in Italia?
Con molta attenzione in ambito civile e associativo dove si sono moltiplicate occasioni, soprattutto telematiche, di lettura comune e di confronto operativo per il disarmo nucleare, il blocco della produzione e del commercio delle armi, le attività di accoglienza-integrazione, la cura del creato. C’è stato anche qualche incontro promosso da giornalisti in gran parte non credenti, contenti di diffondere un testo carico, nel suo realismo, di ragioni di speranza.
Il recepimento in ambito cattolico, diocesano e parrocchiale, è stato diversificato. Potrei parlare di 4 modalità. Quella dell’accoglienza vibrante di entusiasmo. Quella di un’adesione di fondo ma contenuta a causa del titolo non inclusivo di “sorelle”. Quella “ecclesiastica” formale, dubitante e fredda. Quella dell’opposizione frontale da parte degli avversari al papa (reazionari, ultratradizionalisti, populisti ma anche neoliberisti e turbocapitalisti) che hanno espresso valutazioni ideologiche a volte deliranti.
Quello che disturba i commentatori ideologizzati (o pigri) è il fatto che con FT il papa intenda offrire una radicale alternativa al clima della paura, alle politiche dello scontro, alle economie dello scarto, alle culture del nemico. FT mette in difficoltà molte vecchie o pigre posizioni riguardanti la fraternità. In FT essa non è tanto un ideale o un orizzonte lontano ma una pratica sociale e un progetto politico oltre che un problema di fede. Non tanto il fine desiderato ma un insieme di mezzi: come dire che non c’è una strada verso la fraternità perché la fraternità è la strada. Le difficoltà di recepire in pieno FT mi sembra dovuta al fatto che essa risulta molto scomoda perché getta un sasso potente nella palude delle idee, della politica, di una fede stagnante alleata con i “briganti di strada” (75). FT, dono per la Chiesa e l’umanità, duramente realistica e vigorosamente fiduciosa, ci educa alla difficile quotidiana profezia con “una speranza audace” (55).