DENTRO LA VIOLENZA, GENERANDO SPERANZA
A Napoli stiamo assistendo a una drammatica spirale di violenza: un morto ogni tre giorni. In questo periodo l’epicentro di questa violenza omicida è proprio il rione Sanità, periferia ‘interna’ di Napoli. E la ragione di tale violenza è che Napoli è diventata la più grande piazza di droga in Europa. Noi dal basso abbiamo tentato di rispondere a questa violenza con un “Popolo in cammino”, una realtà ancora fragile e in costruzione, nata dopo l’uccisione il 6 settembre di Genny, un ragazzino di 17 anni del rione Sanità.
“Un popolo in cammino” riunisce sia i parroci delle zone a rischio di Napoli che le varie organizzazioni operanti sul territorio. In una lettera inviata lo scorso 5 dicembre a Renzi, “Un popolo in cammino” chiede per la Napoli ‘malamente’, ove regna una grave situazione sociale, tre cose: un intervento governativo strutturale e a lungo termine per le scuole, sicurezza sia territoriale come sociale, ed infine lavoro inedito per i giovani (al Sud la disoccupazione giovanile raggiunge il 70% !). Il portavoce di “Un popolo in cammino” era un giovane prete, don Enzo Liardo(45 anni), parroco di S. Giovanni a Teduccio. Ci è stato strappato da una cardiopatia il 25 gennaio 2015.
“Siamo partiti dal dolore per la morte di Genny – scriveva pochi giorni prima di morire don Enzo in un editoriale del Mattino di Napoli – e ci auguriamo di generare speranza. Non vogliamo fare i politici, ma agire in modo politico, nel senso più profondo del termine, cioè cittadini attivi, in grado di condizionare la vita della nostra città, non in virtù del vile interesse, ma nella ricerca del bene comune. Scusatemi, mi correggo, vogliamo fare politica. Vogliamo ripristinare la politica perché la facciano tutti, perché tutti si sentano interessati al bene comune.”
“Un popolo in cammino” ha continuato su questa strada.
Dopo la manifestazione del 5 dicembre 2015 , abbiamo dovuto aspettare due mesi, il 19 febbraio, prima di essere convocati dal Prefetto , che si è impegnato a convocare un Tavolo tecnico per affrontare il problema delle scuole. Ci è sembrato un po’ poco davanti alle nostre pressanti richieste. Il Tavolo tecnico si è tenuto in Prefettura il 10 marzo con i vari rappresentanti istituzionali per le scuole, ma ne siamo usciti non molto soddisfatti. Infatti stavamo già pensando di alzare il tiro andando a maggio direttamente a Roma con una decina di pullman per portare le nostre istanze davanti al governo, che non può non ascoltare le nostre giuste rivendicazioni per rispondere al degrado sociale e alla violenza.
Una violenza paurosa che ci è di nuovo esplosa fra le mani. Il 22 aprile nuovo sangue scorre per le vie del rione Sanità. Un comando entra verso sera al circolo Maria S.ma dell’Arco in via Fontanelle e uccide due uomini, Giuseppe Vastarella del clan omonimo e Salvatore Vigna(incensurato, cognato di Vastarella) e ne ferisce altri tre.
Una strage a sangue freddo contro il clan Vastarella che con l’aiuto dei Lo Russo di Miano(nord di Napoli) stava emergendo vittorioso alla Sanità. Era stato infatti il clan Vastarella a uccidere lo scorso anno , il 6 gennaio 2015, Ciro Esposito, ventisettenne e, poi il 14 novembre suo padre ‘Pierino’ Esposito, alleato dei Mallo di Scampia. Ricordo ancora con orrore quando in pieno giorno, un sabato , alle h 16,30 un commando freddò Pierino sulla sua moto. Quando udii le urla della gente, scesi in piazza e mi trovai davanti ‘Pierino’ con la faccia sull’asfalto. Lo ricoprii con un lenzuolo. Rimasi a lungo a fianco del corpo di Pierino.
Vicino a me c’era la moglie di Pierino, Addolorata Spina, che inveiva contro chi aveva ammazzato il marito. Rabbia che si è subito trasformata in voglia di vendetta quando il clan Vastarella , ‘vittorioso’, forzò tutta la famiglia Esposito ad andarsene dal rione, distruggendo le porte delle loro case. Sia Addolorata(‘Dora’) che Enza Esposito, la moglie di suo figlio Antonio Genidoni (avuto da un precedente matrimonio), sono state costrette a emigrare a Chiaiano(nord di Napoli). E lì meditano la vendetta, una vendetta spietata.”I maledetti devono pagare”, grida Dora. Il problema è trovare un killer. La mamma pensa al figlio Antonio, il quale però è agli arresti domiciliari a Milano. (I carabinieri avevano messo le cimici nella sua abitazione). Ma Antonio non si decide a compiere la strage. “Se tu mi metti a me cinquemila euro sulla tavola-gli dice Dora al telefono- io te lo faccio!” Antonio alla fine si convince. Con un permesso del Tribunale di sorveglianza, Antonio ritorna a Napoli ad organizzare la strage dei Vastarella e convince Emanuele Esposito di 22 anni (il fidanzato della nipote di Dora) a eseguire la strage. Il 22 aprile Emanuele, in via Fontanelle, porta a termine la strage, ma non riesce ad uccidere il boss, Patrizio Vastarella.
“Sfortunatamente non abbiamo preso il perno principale – Dora così lo rimprovera. Dovete colpire al cuore e fargli sentire lo stesso dolore che ho provato io”. Emanuele nel frattempo aveva raggiunto Antonio a Milano. Il 7 maggio saranno invece gli altri a rispondere uccidendo nella sua officina meccanica a Marano (nord di Napoli), Giuseppe Esposito insieme con suo figlio Filippo, padre e fratello di Emanuele, il killer delle Fontanelle. Quando Emanuele viene a sapere dell’eccidio, disperato urla:”Mò piglio le bombe e gliele butto in casa. Uccido pure i loro figli, ammazzo pure i bambini di quattro-cinque anni!”
È il ciclo irrefrenabile della violenza, che domanda nuovo sangue. E dietro a questa guerra in atto ,ci sono altri due clan a nord di Napoli che vogliono mettere le mani sul rione Sanità: i lo Russo (“capitoni” di Miano) e i Mallo ‘mergenti’ (Scampia). Particolarmente agguerrito è il boss dei ‘ mergenti’ Walter Mallo di soli 26 anni, che era stato cacciato dalla Sanità dopo l’uccisione di Pierino Esposito ed ora vuole sconfiggere i Lo Russo. Il 26 aprile Walter subisce un agguato a Miano, quando sette uomini gli sparano addosso , ferendolo alle braccia e di striscio alla pancia. “Non sanno neanche sparare, questi mongoloidi”- commenta Walter.
Il 28 aprile i Mallo uccidono a Miano Aniello Di Napoli, uomo dei Lo Russo.
È guerra spietata. La Polizia arresta il 5 maggio Walter Mallo, scovato in un casa , occupata abusivamente, al rione Don Guanella, dove viveva assieme ai suoi fedelissimi e a un pitone. “Stanno facendo grossi guai- si sfoga la madre di Walter(intercettata dalla polizia)-, una bambina di 4 anni stavano colpendo…
Loro sono boss, tutto comandano…” Walter è un eroe nella “camorra social”. E il 9 maggio la Polizia interviene ancora arrestando a Milano Antonio Genidoni e Emanuele Esposito. Ma allo stesso tempo arresta a Chiaiano anche le due donne boss:Addolorata Spina e Enza Esposito.
L’eruzione di una così spaventosa violenza in questi quartieri ci ha profondamente interpellati. E ci ha spinti ad un maggior impegno per risolvere il dramma sociale dei nostri quartieri. Per questo quando abbiamo saputo che il presidente del Consiglio Renzi sarebbe stato a Napoli il 24 aprile, abbiamo deciso di incontrarlo per chiedergli una risposta alle tre richieste contenute nella lettera che gli avevamo inviato tramite la Prefettura. Due parroci, don Antonio Loffredo, parroco della Sanità e don Angelo Berselli, parroco di Forcella, nuovo portavoce di “Un popolo in cammino”, sono andati a parlargli. (Non potevo partecipare all’incontro perché non potevo parlare a Renzi, il privatizzatore dell’acqua !) Renzi ha promesso un pronto intervento sulle scuole di Napoli, promettendo quattro milioni di euro per tenere aperte le scuole d’estate nelle zone più a rischio della città, ma anche un intervento a lungo termine.
Siamo grati per questo regalo, ma siamo ben lontani da quanto stiamo chiedendo. Per me sono ‘ noccioline americane’. Per ora abbiamo deciso di sospendere le nostre iniziative pubbliche perché siamo in piena campagna elettorale per l’elezione del sindaco. Abbiamo però già deciso che a fine giugno terremo tre assemblee popolari, una a Scampia, una a Ponticelli(Napoli est) e una al centro di Napoli. Abbiamo bisogno di riprendere il dialogo con il popolo. Il nostro deve essere un movimento popolare. In autunno riprenderemo la pressione sul governo perché metta in atto un intervento strutturale a lungo termine sulla scuola, sicurezza e lavoro giovani. Chiediamo un massiccio intervento per rispondere alla drammatica bomba sociale e alla spaventosa violenza in crescendo a Napoli. “E’ bene ricordare la frammentazione dei clan napoletani-afferma il professore Isaia Sales- e si accompagna ad un potenziale di violenza ancora maggiore rispetto ai più strutturati clan mafiosi o dei casalesi ,perché è una violenza non sottoposta a nessuna disciplina, a nessuna strategia, a nessuna mitigazione.” E ammonisce :”Che i clan della camorra napoletana non abbiano strategie unitarie non vuol dire che non possono alzare il tiro come è avvenuto nella sparatoria contro la caserma dei carabinieri di Secondigliano. La conflittualità interna potrebbe scaricarsi contro le istituzioni repressive.” E che i clan stiano alzando il tiro non è evidenziato solo dalla sparatoria contro la caserma dei carabinieri di Secondigliano, ma dalla recente notizia che i clan di Scampia avevano preparato mezzo chilo di tritolo per far saltare in aria il procuratore generale di Napoli, Giovanni Colangelo. E per chi avrebbe eseguito la strage, trecentomila euro come ricompensa.
Anche noi “Popolo in cammino” dobbiamo alzare il tiro premendo sullo Stato per un Piano Marshall per Napoli e il Sud, ma anche sulle istituzioni regionali, provinciali e comunali perché si impegnino di più per i settori impoveriti ed emarginati.
La nostra piccola comunità del campanile (Felicetta, p. Arcadio e il sottoscritto) è decisa a camminare con la gente della Sanità che vive questo momento di grande violenza. (Sono molti che mi fermano per strada esortandomi a stare attento, a non espormi troppo!). E continueremo a impegnarci, pur dentro la violenza, a “generare speranza”.