Mentre scrivo questo articolo l’attenzione è puntata sulla conferenza per il disarmo nucleare che comincerà il 27 marzo 2017 a New York. Una conferenza che punta ad avviare i negoziati per mettere al bando le armi nucleari.

 

Un forte entusiasmo

Tony Robinson, attivista del movimento umanista, ha scritto su Pressenza: “Le organizzazioni antinucleari della società civile insieme ai paesi che appoggiano un trattato di messa al bando riescono a stento a contenere il loro entusiasmo rispetto a un passo sostanziale verso il compimento degli impegni dell’Articolo VI del TNP”. L’articolo VI del Trattato di Non Proliferazione (TNP) nucleare firmato nel 1968 stabilisce: “Ciascuna Parte si impegna a concludere in buona fede trattative su misure efficaci per una prossima cessazione della corsa agli armamenti nucleari e per il disarmo nucleare, come pure per un trattato sul disarmo generale e completo sotto stretto ed efficace controllo internazionale”.

 

Le resistenze al disarmo

Era il 1968 e la forza dell’utopia, messa in moto da milioni di persone che contestavano la guerra, era arrivata a Londra, Mosca e Washington infiltrando in un trattato internazionale quelle quattro rivoluzionarie parole (“per il disarmo nucleare”) che segnavano una meta a cui oggi stiamo per arrivare con la conferenza per il disarmo nucleare del 27 marzo 2017. Una conferenza voluta dal basso, con la pressione della società civile internazionale e con l’enorme resistenza di chi quelle quattro parole non vuole più ricordarsele nonostante siano state messe, nero su bianco, in quel lontano 1° luglio 1968: “per il disarmo nucleare”.

In quel lontano 1968 scendevano in piazza anche coloro che oggi sono al potere e hanno dimenticato completamente l’impegno per il disarmo. Ma questa è un’altra storia.

Vediamo invece come si è arrivati a questa storica conferenza del 27 marzo 2017 per il disarmo nucleare.

 

Il punto di svolta: la Prima Commissione ONU

Punto di svolta è stato il voto nella Prima Commissione dell’Assemblea Generale dell’Onu del 27 ottobre 2016. La Prima Commissione è quella che si occupa dei disarmo e della sicurezza internazionale. In quel giorno è stata approvata una risoluzione che chiedeva di avviare nel 2017 i negoziati per un Trattato internazionale finalizzato a vietare le armi nucleari. Ma l’Italia - seguendo le indicazioni del club atomico - ha votato contro la messa al bando delle armi nucleari.

 

Il Parlamento Europeo

Ed ecco un primo colpo di scena: gli europarlamentari nello stesso giorno votavano per la messa al bando delle armi nucleari, anche quelli del PD. Proprio così. Il Parlamento europeo nella Risoluzione su sicurezza nucleare e non proliferazione, approvava il 27 ottobre 2016 l’avvio del negoziato per la proibizione delle armi nucleari, e a quella proibizione hanno detto “sì” anche gli europarlamentari del PD mentre il governo Renzi diceva contemporaneamente “no” a New York. Pro-Bomba a New York e anti-Bomba in Europa.

La posizione “disarmista” e anti-Bomba è così narrata dall’europarlamentare PD Brando Benifei: “Assieme ad alcuni colleghi socialisti non ci siamo arresi e abbiamo incessantemente lavorato in questi mesi per portare nuovamente in plenaria il tema della non proliferazione e approvare, questa volta, una posizione ufficiale del Parlamento. Finalmente, la trattativa con gli altri Gruppi politici si è sbloccata e sono particolarmente orgoglioso di far notare che gran parte del testo poi approvato proviene dalla mozione presentata dal nostro Gruppo”.

 

Due giorni prima di Natale

E arriviamo al secondo colpo di scena. L’Italia nell’Assemblea Generale dell’ONU del 23 dicembre 2016 (governo Gentiloni) vota contro la Bomba mentre il 27 ottobre 2016 (governo Renzi) aveva votato per la Bomba. Giubilo. Bravo Gentiloni. Macché. Si erano sbagliati. E arriviamo al terzo colpo di scena. In risposta ad una interrogazione parlamentare il governo dichiara in data 2 febbraio 2017 che “tale errore sembra essere dipeso dalle circostanze in cui è avvenuta la votazione, a tarda ora della notte”. Per la tarda ora il rappresentante italiano all’ONU aveva sbagliato tasto votando per il disarmo nucleare mentre invece doveva votare contro. Tirata d’orecchi. Il governo italiano rettifica: “L’erronea indicazione di voto favorevole è stata successivamente rettificata dalla nostra Rappresentanza permanente presso le Nazioni Unite, che ha confermato il voto negativo espresso in Prima commissione”. Il pacifista Gentiloni degli anni Settanta diventa pro-Bomba nel 2017 con una repentina inversione a U. E il Governo dichiara che “la convocazione, nel 2017, di una Conferenza delle Nazioni Unite per negoziare uno strumento giuridicamente vincolante sulla proibizione delle armi nucleari, costituisce un elemento fortemente divisivo che rischia di compromettere i nostri sforzi a favore del disarmo nucleare”. Come dire che l’inserimento nel codice penale del reato di rapina comprometterebbe la lotta ai rapinatori.

Tuttavia il 23 dicembre 2016 l’Assemblea Generale dell’ONU, a grande maggioranza conferma la decisione di andare avanti e di avviare i negoziati per mettere al bando le armi atomiche.

 

La pressione sul Governo Italiano

A questo punto è partita una pressione di sul governo italiano.

Senzatomica e Rete Italiana per il Disarmo hanno inviato una lettera con un invito chiaro: l’Italia deve partecipare ai negoziati sul disarmo nucleare che inizieranno a New York il 27 marzo 2017 anche se ha votato NO alla Risoluzione ONU che li ha convocati. Il rischio è infatti che anche l’Italia boicotti i negoziati facendo mancare la propria presenza. “Per la prima volta, c’è la concreta possibilità di andare oltre la logica della deterrenza e della non proliferazione, ponendo le basi per un autentico processo di disarmo nucleare, che renda illegale – e non più solo immorale – l’uso, la minaccia d’uso, il possesso, la detenzione, e la costruzione di queste terribili armi di distruzione di massa”, hanno scritto al Governo le due organizzazioni.

 

La genesi della mobilitazione contro la Bomba

E’ importante sottolineare la genesi della mobilitazione antinucleare che ha portato all’attuale punto di svolta. Nel 2007 fu lanciata la campagna ICAN (Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari) da parte dell’International Physicians for the Prevention of Nuclear War (IPPNW), una federazione globale di professionisti nel campo della medicina. Oggi ICAN (www.icanw.org) conta migliaia di attivisti in tutto il mondo che danno voce alla schiacciante maggioranza di cittadini in tutto il mondo che sono a favore dell’abolizione delle armi nucleari.

 

“Le armi nucleari sono illegali”

“Le armi nucleari sono illegali, immorali e causano genocidio, il loro scopo è illegittimo”, dichiara l’ICAN. La messa al bando delle armi nucleari è basata sul concetto di arma indiscriminata che colpisce indistintamente sia i militari sia i civili, ponendosi quindi contro le Convenzioni di Ginevra. La forza di questa campagna sta nella chiarezza: la Bomba è illegittima. E pone la Bomba sullo stesso piano ad esempio di un’arma chimica. Prendiamo la Convenzione sulla Proibizione delle Armi Chimiche di Parigi del 1993, entrata in vigore il 29 aprile 1997. E’ stata un trattato che proibiva qualsiasi attività rivolta allo sviluppo, alla produzione, all’acquisizione, alla detenzione, alla conservazione, al trasferimento e e all’uso di armi chimiche. Per quale motivo ciò non dovrebbe valere per le armi nucleari che sono ancora più pericolose? E’ come se venisse vietato di fare rapine con pistole e fucili ma venisse consentito di farle con le mitragliatrici o le bombe a mano.

 

Cosa accadrà se le armi nucleari saranno dichiarate illegali?

Adesso ci attendiamo che un analogo trattato venga scritto per le armi atomiche.

Trovo ragionevole e acuto quanto ha scritto Tony Robinson: “Nessuno si aspetta che anche una sola arma nucleare venga smantellata in seguito a questo trattato. Ciononostante, si tratta di un passo importante nel percorso verso il rispetto del TNP (Trattato di Non Proliferazione). Verrà stabilita una norma giuridica, le armi nucleari saranno legalmente bandite, il loro possesso sarà stigmatizzato, commerciare con aziende coinvolte nella catena di fornitura delle armi nucleari sarà malvisto dall’opinione  pubblica e le organizzazioni della società civile avranno una nuova arma di sensibilizzazione attraverso campagne di disinvestimento sui devastanti effetti di una guerra nucleare e sul crescente imperativo di sbarazzarsene una volta per tutte”.

 

Alessandro Marescotti è Presidente di PeaceLink

 

 


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