Qualifica Autore: Ass. Laudato Si’ Milano

10 anni fa una coalizione ampia e determinata ha sancito una vittoria storica nel nostro paese: con 27 milioni di sì ai referendum su acqua, servizi pubblici e nucleare abbiamo costretto a un passo indietro a chi per decenni ha imposto privatizzazioni, estrattivismo e una tecnologia di morte: il nucleare, come dimostrano le vicende di Chernobyl e Fukushima oltre all’ineliminabilità delle scorie radioattive, è per sempre!

Dal 2011 ad oggi siamo ancor più irreversibilmente entrati in una fase storica che neanche il più ostinato negativismo può sottrarre a una percezione popolare e antagonista al sistema della globalizzazione. E’ in via di formazione una coscienza diffusa che constata come l’orizzonte della sopravvivenza e della vita buona sia antitetico al sistema di crescita e di ingiustizia sociale accelerato dalla marcia globale dei profitti delle multinazionali e dalla residualità assegnata al lavoro.
Io credo che l’acqua, anche da un punto di vista narrativo e concettuale, sia la lente attraverso cui traguardare le emergenze che incombono, collocando i cicli di vita naturali e il diritto ai beni comuni e alla pace al centro delle lotte ormai a dimensione planetaria, che consegnano alle generazioni a venire un rigetto cosciente del valore di scambio come perno di ogni relazione. Una virtù perversa e inculcata, per cui vengono attratte in borsa perfino le radici della vita, non solo umana, ma dell’intera biosfera, di cui l’acqua è l’elemento anche simbolicamente più rilevante.
Il 2021 si configura come un anno di svolta per l’acqua e per il nucleare. Un anno cruciale per il mutamento di paradigma del sistema energetico nella sua complessità.
Proverò di seguito ad analizzare per grosse linee il nuovo paradigma imposto dalla crisi climatica ricorrendo – come accennavo sopra – alla “lente” dell’acqua, del suo spreco, della sua distribuzione, del suo diritto universale insidiato da una sciagurata messa a profitto.
Dapprima vorrei che ci allarmassimo per quanto il nucleare sia sempre più in vista sui media e ricopra le attese dei tecnocrati e di molti politici: naturalmente un nucleare rivisitato e reso meno letale da fantasiose immaginazioni che ne svelano invece tutta la incommensurabile insicurezza ed i rischi più sottaciuti.
Cingolani racconta che avremo tra vent’anni la fusione nucleare, avanzando una ridicola proiezione nel futuro prossimo dei risultati finora raggiunti con enormi finanziamenti pubblici, dopo oltre sessant’anni di tentativi improduttivi. Così irrilevanti sul piano pratico da allontanarne la realizzazione e, soprattutto, senza tener conto che niente sarebbe più deprecabile e rigettabile di una ricentralizzazione del sistema energetico. Un riaccentramento della fornitura di energia, al posto del decentramento consentito dal fotovoltaico, dall’eolico, dal miniidroelettrico, che si configurerebbe attorno a mostruose centrali di enormi dimensioni, che irraggiano inevitabilmente flussi di neutroni sui “vessel” di contenimento e sugli impianti inondati da acqua di refrigerazione con un consumo ed una evaporazione ancor oggi nemmeno messo in preventivo.
L’altra idea di “rinascimento” del nucleare che circola anche in Europa è quella di mantenere in vita vecchi reattori insicuri per generare elettricità per produrre idrogeno blu, disconnettendo così l’impiego di un vettore energetico ancora da indagare all’unico suo legame naturale ed auspicabile con le rinnovabili (idrogeno verde).
Infine, i nuovi mecenati del turbocapitalismo (Bill Gates, Elon Musk etc.) propongono la realizzazione di reattori “tascabili”, da 100/300 MW da inserire nelle reti elettriche alimentate dal sole e dal vento per assicurarne stabilità. Naturalmente, senza contare che il costo di elettricità da nucleare è oggi un multiplo di quello da rinnovabili e facendo conto che la proliferazione di scorie che durano anche millenni possa essere controllata a livello planetario (e da chi, se non dai sistemi militari?)
Nucleare, dunque, a dispetto del consumo di acqua (un reattore da 1 GW consuma 1.800.000 litri di acqua al minuto!) e di persistenza di una radioattività ineliminabile: sicuramente contro il passaggio alle fonti di energia come vento, sole, maree, corsi d’acqua.
Vorrei sottoporre ora alcune valutazioni su come l’acqua possa essere il termine di riferimento per il ridisegno del nostro modo di produrre e consumare energia su base territoriale ed in forma di comunità partecipativa.
Comincio col considerare come positivo che la UE imponga emissioni nulle di CO2 nel 2050. Ciò significa:
una produzione di idrogeno 10 volte maggiore dell’attuale,
una produzione di 1000 GW di fotovoltaico e 300 GW di eolico in gran parte off-shore. Un sistema “da paura” se non viene accompagnato da una autentica rivoluzione sociale e da una democrazia anche in campo energetico in armonia con la giustizia e la natura. E qui la sostenibilità o l’insostenibilità di un cambio di modello che porti alla neutralità climatica è percorribile proprio attraverso una valutazione del suo impatto sul ciclo ed i consumi di acqua: il che comporta un drastico impegno sul cambiamento anche dei nostri stili di vita.
Faccio qualche esempio che riguarda l’idrogeno e le rinnovabili.
Se usiamo solare o vento la corrente elettrica per ottenere idrogeno non viene prodotta con consumo d’acqua e la quantità di acqua che si trasforma nei suoi due componenti per idrolisi non è particolarmente rilevante (10 litri per 1 Kg, con cui un’auto può percorrere circa 100 Km).
Con una fonte idroelettrica, per produrre 1 Kg di idrogeno, lavorando con rendimenti del 75% all’idrolizzatore, serviranno circa 200.000 litri d'acqua/s in caduta da oltre 100 m: inoltre 10 litri andranno al solito consumati nell’elettrolizzatore e altri 350 l. in perdite nel processo. L’acqua per produrre la corrente può tuttavia essere ri-pompata nei bacini di provenienza nelle ore di minor consumo di elettricità.
Se usiamo come fonte i fossili (o il nucleare) dobbiamo tener ben conto dell’acqua che finisce come vapore e raffreddamento nelle caldaie e nelle turbine. Quindi, in definitiva e per fare un esempio da porre al confronto, per l’idrogeno richiesto nel 2050 a livello globale occorrerebbero 400 reattori nucleari da 1GW ciascuno (il cui consumo è 1.800.000 litri di acqua al minuto): questo significa 30 mila litri al secondo cadauno, corrispondenti a 30 m3/s, ovvero – moltiplicati per 400 – un consumo di 12 mil. litri/sec.!!!
Addirittura, il consumo di acqua calcolato per acquisire la quantità di idrogeno previsto dal piano del Governo Biden al 2050 (60 miliardi di kg di idrogeno) con l’attuale sistema elettrico USA (ricco di centrali fossili e nucleari) ci metterebbe di fronte al paradosso che non ci sarebbe acqua abbastanza da trarre dalle falde di tutti gli Stati Uniti!
Analizziamo, per ultimo, il caso italiano nella prospettiva di emissioni zero. Anche se ricorressimo totalmente alle rinnovabili, non potremmo esimerci nel loro posizionamento da come l’acqua disegna il paesaggio interno e circonda la nostra penisola.
Secondo il Green Deal Europeo dovremmo arrivare a una potenza solare installata di 100 GW (Su 1 ettaro si può ottenere 1,5 MW da fotovoltaico). La superficie di pannelli solari necessaria sarebbe di 700 Km2 (un quadrato di 26 Km di lato) = 0,2% del territorio nazionale = 12 m2 per abitante. Per confronto, i tetti esistenti in Italia ammontano a 0,5% del territorio nazionale. Ma dove scegliere la collocazione di pannelli e pale se non in un rapporto diretto coi territori, così spesso tracciati e caratterizzati dalle loro sorgenti, dai corsi d’acqua, dai laghi e dai bacini lacustri?
Per l’Eolico offshore dovremmo disporre di 10 GW. Si tratta di turbine da porre a 30-50 km dalla costa. Le turbine sono gigantesche, con potenza 15MW cad., diametro del rotore oltre 200 metri (triplo dell’apertura alare del Jumbo-Jet). Per raggiungere l’obbiettivo ci vogliono 700 turbine, equivalenti a 700 navi traghetto di medie dimensioni, da ancorare e tenere in funzione in mare aperto per 25 anni. E come non coinvolgere nelle decisioni sull’off-shore gli abitanti delle coste, esperti dei corridoi marini più o meno ventosi e della vita marina che arriva a lambire le loro rive?
C’è, in definitiva, un ridisegno territorio per territorio che, tenendo conto del ciclo dell’acqua e della sua cura e conservazione, adotti l’ecologia integrale a fondamento della riconversione.
Da ultimo, due osservazioni sul rapporto nucleare militare -civile da non trascurare affatto in questa giornata di rilancio dell’esito vittorioso del referendum 2011.
La lobby nucleare mondiale, rappresentata da “Nuclear for Climate”, pericolosissima per la pace e gli equilibri naturali, esiziale per la stessa sopravvivenza umana, in vista della COP 26 di Glasgow, ha adottato una tattica subdola e astuta per rientrare in gioco e rilanciarsi: si propone, nel suo position paper, come alleata delle energie rinnovabili per il conseguimento dell’obiettivo della decarbonizzazione. E’ una pericolosa profferta indirizzata agli ambientalisti, volta a giustificare gli accordi verticistici nelle varie “cabine di regia” come accade nei PNRR che espropriano la valutazione democratica e la partecipazione dal basso.
Bisogna rilanciare l’adesione dell’Italia al trattato di proibizione delle armi nucleari e la recessione dalla condivisione nucleare NATO.
Alla COP26 di Glasgow mi sembra importantissimo che il disarmo (quindi la denuclearizzazione) sia incluso tra le soluzioni per l’emergenza climatica ed ecologica. L’attività militare e le guerre distruggono esseri umani e ambiente, mettendo a rischio con la deterrenza nucleare la sopravvivenza di tutti; ma sono anche causa di gravissimo inquinamento permanente: oltre il 15% delle intere emissioni di CO2 proviene dagli eserciti in armi.
Sorella acqua richiama immediatamente la pace.

Intervento per Manifestazione a 10 anni da referendum - 11 Giugno 2021 - Milano  


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