Il 26 e 27 maggio Taormina sarà occupata dai (pre)potenti. Il noto paese del messinese sarà in quei giorni teatro del G7 e ospiterà Trump, Merkel, Macron oltre a Gentiloni e gli altri.
Arroccati nel famoso gioiello turistico trasformato in fortezza inespugnabile, i cosiddetti “grandi” parleranno dei muri fisici innalzati nell’Unione Europea e negli USA di Trump.
Così come si discuterà dei “muri formali” (non meno brutali): le leggi in materia di immigrazione, Minniti-Orlando in testa. Non è certamente un caso che ne parlino in Sicilia, crocevia del Mediterraneo e colonia militare, sede di avamposti strategici come il Muos di Niscemi (che con le radiazioni sta rovinando la salute alle popolazioni locali) e le basi di Sigonella e di Birgi. Sarà qui che proveranno a mettere a punto le strategie di guerra contro il terrorismo e l’immigrazione, quest’ultima gestita dall’agenzia europea Frontex che ha sede a Catania.
Per questo motivo, dal 22 al 27 maggio i porti siciliani saranno “off-limits” (direttiva firmata dal capo della polizia Franco Gabrielli) per gli impoveriti e le impoverite, dalle nostre guerre e dai nostri affari commerciali, che cercano di salvare la propria vita. Questo comporta che nessuna nave potrà avvicinarsi e che, le imbarcazioni cariche di migranti che già affollano e affondano nel Mediterraneo centrale, dovranno attraccare altrove.
Le conseguenze di questa scelta sono gravissime: i migranti avranno più probabilità di essere inghiottiti dal mare visto che le navi che li “salvano” non potranno attraccare nei porti siciliani, ma dovranno arrivare a Taranto, Vibo, Salerno Cagliari ecc.. Meno navi di salvataggio in mare e tempi per soccorrere i migranti molto più lunghi. Scelte queste che continuano ad aumentare il numero dei morti nel Mediterraneo (1.340 dall’inizio dell’anno). “Naturalmente questa cifra non tiene conto dei morti nei viaggi interminabili (in media 15 mesi) che portano i migranti dall’Africa subsahariana (Senegal, Nigeria, Gambia, Liberia ecc.) e dal Corno d’Asino (Eritrea e Somalia) sino in Libia. Morti per aggressioni, rapine, sete, fame o disidratazione” (Alessandro Dal Lago, L’Espresso 21 maggio2017, pag. 78).
I (pre)potenti che si riuniranno a Taormina, sanno molto bene che l’economia mondiale ricava enormi profitti dalle armi. Basti pensare che il fatturato delle aziende italiane - Finmeccanica in particolare – è aumentato in due anni da 2,6 a 7,9 miliardi di euro. Un aumento del 200%, dovuto alla vendita di pistole, fucili, carri armati. Nonostante la Costituzione lo vieti, si forniscono armi anche a Paesi in guerra con L’Arabia Saudita, Paese con il quale Trump ha firmato l’accordo per la vendita di armi per il valore di 110 milioni di dollari, che si aggiungono a quelle già fornite dal presidente Obama per il valore di 115 miliardi. Armi impiegate, tra l’altro, nella guerra della coalizione a guida saudita, sostenuta dagli Usa, che fa strage di civili nello Yemen.
Per tutto questo, non vogliamo essere complici con la nostra indifferenza.
Chiediamo:
- l’accesso effettivo al diritto d’asilo come assoluta priorità da garantire, permettendo alle persone di raggiungere in sicurezza l’Europa e di fare sul territorio europeo richiesta di protezione internazionale, senza alcuna forma di esternalizzazione delle procedure nei Paesi di origine e di transito, tutti in mano a regimi sanguinari o dilaniati dalle guerre.
- l’istituzione immediata di percorsi di arrivo sicuri e legali, che tolgano ossigeno ai trafficanti internazionali;
- la cessazione dei respingimenti, delle espulsioni e delle identificazioni forzate senza garanzia di ricollocamento;
- la chiusura di tutti i luoghi di concentramento e detenzione (CIE e hotspot);
- l’abolizione del Regolamento di Dublino e la creazione di un sistema unico di asilo europeo, senza artificiose distinzioni tra “profughi” e “migranti economici”;
- la fine di tutte le forme di abuso, violenza, discriminazione e istigazione all’odio nei confronti delle persone migranti.
Vogliamo abbattere i muri che contano di costruire i grandi, muri fisici e non solo, muri che nelle nostre città sono sempre più alti e che provocano episodi xenofobi oramai quotidiani.