Ci sono autori che non invecchiano, non tramontano. Ci sono persone che non muoiono. Perché la forza del loro vivere e del loro credere è stata tale da costruire modelli oltre ogni tempo e spazio.
Perché il loro audace aver fede, nei poveri nel caso di don Lorenzo Milani, trascende ogni epoca e arriva a noi con tutta la forza profetica possibile. In questa ripubblicazione della corrispondenza tra don Milani e sua madre Alice – che apparteneva a un ceto sociale e culturale alto tale da potersi esprimere liberamente senza restare irretita in un ruolo precostituito e sottomesso – si legge la laicità di fondo della ricerca di fede di don Lorenzo e l’ardore e l’amore per la Chiesa e per gli ultimi che lo ha sempre contraddistinto. Le lettere sono dirette, familiari ma anche intrise di una profonda riflessione, irriverenti in alcuni stralci: “Cara mamma,… stamani son finiti gli esercizi. I quali consistono in star zitti per 4 giorni e sentire 16 prediche. Lo star zitti sottoscriverei a seguitarlo tutto l’anno col vantaggio di non dire sciocchezze, ma le prediche per ora mi bastano… Si ha sempre un po’ l’impressione d’essere in un manicomio…”. Un itinerario di vita, spirituale e umano che va dal 14 novembre 1943 (Firenze) – gli anni del seminario – al 27 febbraio 1967 (Barbiana) – gli anni del processo e della Lettera ai giudici.