I talebani pensavano che la società afghana fosse ferma come l’avevano lasciata 20 anni fa, ma le cose sono cambiate, soprattutto all'opposizione dove si trovano donne e giovani istruiti che non si rassegnano a perdere i diritti così faticosamente conquistati.
Nonostante si chiuda internet nei quartieri dove ci sono attivisti, nonostante siano vietate le manifestazioni, i giovani e le donne si organizzano attraverso chiamate a scendere in piazza. Per ore e ore rimangono lì con i loro cartelli a gridare libertà, lavoro, diritti e la loro opposizione all'interferenza pakistana che sostiene i talebani, come dimostra la presenza a Kabul del capo della sua intelligence (ISI).
Donne e giovani nelle città più grandi restano fermi davanti a fucili puntati che sparano in aria, mentre molti di loro sono arrestati e brutalmente picchiati, tanti giornalisti, ma anche le donne che vengono frustate. Nelle piccole città è ancora peggio perché mancano giornalisti occidentali, mentre i giornalisti locali vengono arrestati e torturati. Per ora l’ordine dall’alto è di mostrare agli occidentali un atteggiamento un po' cordiale, quasi che i talebani si fossero un po' addolciti.
La gente sa che sono solo menzogne, mentre la brutalità e l’oppressione cresce di giorno in giorno. Le donne ma anche i giovani sono estremamente coraggiosi e determinati nella resistenza perché sanno che senza la libertà la loro vita non avrebbe più senso, e per questo vincono la paura e si riuniscono in pubblico lo stesso. Loro che fino a un mese fa avevano una vita ordinaria, andavano a scuola e all'università, ascoltavano musica, facevano attività sportive, facevano le estetiste, aprivano negozi, bar e ristoranti, lavoravano nell'Amministrazione a livello comunale e regionale, nei Ministeri, nelle scuole e nel mondo accademico e giornalistico. Per alcuni giorni, dopo l’occupazione dei talebani, stavano nascosti, ma poi hanno reagito decidendo di sfidare insieme questo potere oppressivo. I talebani non sono cambiati per niente, sono peggiori di prima. Basta guardare la squadra al governo che loro chiamano provvisorio, di 33 persone: ministri e viceministri tutti uomini, tutti talebani, nessuna donna, tanti di loro ricercati con taglie internazionali, tanti che hanno passato anni nelle carceri di Guantanamo e Bagram.
Il nuovo premier, Mullah Mohammad Hassan Akhund, è stato anche ministro degli esteri nel primo governo talebano (dal 1996 al 2001): è nella lista delle persone sanzionate dalle Nazioni Unite, non sopporta le minoranze religiose e aveva dato ordine di distruggere il patrimonio Unesco delle statue dei Buddha a Bamiyan, oltre ad essere responsabile dello sterminio di migliaia e migliaia di Hazara perché sono di confessione sciita. Per non parlare di Sirajuddin Haqqani, titolare del Ministero dell’Interno, legato al terrorismo internazionale, autore di numerosissimi attentati attraverso kamikaze, fra cui recentemente quello all'università statale di Kabul, all'ospedale di Medici Senza Frontiere, alla scuola femminile di Dashti Barchi a Kabul e alla scuola di preparazione all'ammissione alle università. E’ nella top list dei ricercati dell'FBI, con 5 milioni di dollari per chi darà informazioni su di lui, cifra che in questi giorni è passata a 10 milioni. Da quando i talebani hanno occupato Kabul la vita della gente è sconvolta: c’è una grandissima preoccupazione per il proprio futuro, la vita economica è bloccata, il sistema educativo è quasi chiuso.
I commercianti non riescono a vendere le loro merci, soprattutto quelli dell’abbigliamento per donne e uomini dipenderanno dalle nuove regole imposte dei talebani per cui tanta merce rimarrà inutilizzata o andrà distrutta. Per ora ai commercianti non resta che spolverare la loro merce invenduta. Oltre il 51% della popolazione è costituito da donne, molte in questi anni sono diventate vedove, lavoravano loro per mantenere la famiglia ed ora si trovano senza lavoro e senza sostegno con il dramma dei loro figli da sfamare. Per ora i confini sono chiusi, ci sono tanti sfollati interni senza sostegni, alcuni riescono a uscire lo stesso dall’Afghanistan, pagando i trafficanti che si accordano coi talebani perché già si conoscono: prima si accordavano per arricchirsi insieme con il traffico della droga, oggi con quello delle persone umane. Nel passaggio di Spin Boldak, al confine con il Pakistan, le persone si accalcano nell’attesa di potere andare oltre, la scena che ho visto da piccolo anch’io quando dovevo attraversare proprio quel luogo, con il cuore che batte per la paura.
Fonte: Alto Adige e L'Adige di sabato 11 settembre