"In nome di Dio vi chiedo: fermate questo massacro!" (Papa Francesco, Angelus, 6 e 13 marzo). È grido di dolore, invocazione struggente, supplica accorata per le innumerevoli vittime dell'Ucraina dilaniata dalla devastante e spietata aggressione del potere neozarista di Vladimir Putin.
Quella di Francesco è la voce angosciata e disarmata di chi non si rassegna di fronte ai crimini efferati di lesa umanità, di chi non si arrende davanti alla soverchiante arroganza della forza muscolare e della prepotenza. È la voce di chi non ha voce, dei bambini, delle madri, dei malati, degli anziani e di tutti gli innocenti.
È la voce che riporta l'eco di tutte le voci dei suoi predecessori che già nel secolo scorso avevano dichiarato la guerra inutile strage (Benedetto XV, 1917), fuori dalla ragione, pura follia (Giovanni XXIII, 1963), avventura senza ritorno, spirale di lutti e di violenza (Giovanni Paolo II,1991). Ed è nello stesso tempo la voce universale della coscienza divenuta, col fungo atomico di Hiroshima nel 1945, coscienza planetaria della nuova era in cui per la prima volta la specie umana si sente esposta al rischio della totale autodistruzione.
Quando lo stesso Vescovo di Roma dice: "chi fa la guerra dimentica l'umanità e si affida alla logica diabolica e perversa delle armi che è la più lontana dalla volontà di Dio" risentiamo l'eco dell'appello per il disarmo lanciato nel 1955 da Albert Einstein e Bertrand Russell: "Vi chiediamo di mettere da parte le vostre opinioni e ragionare semplicemente in quanto membri di una specie biologica che rischia di estinguersi. Ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se vi riuscirete si aprirà la via verso il nuovo paradiso, altrimenti avete di fronte il rischio di morte universale".
E torna in mente anche il monito del grande maestro della nonviolenza, il Mahatma Gandhi, subito dopo la deflagrazione della prima bomba atomica: "A meno che il mondo non adotti ora la nonviolenza, questo significherà sicuramente il suicidio dell'umanità". Perciò la guerra, ogni guerra, in ogni parte del mondo - come nello Yemen, in Siria, in Etiopia, ci ricorda Francesco, - è una pazzia e per questo affidarsi alla logica diabolica e perversa delle armi è altrettanto folle e scellerato.
Tacciano le armi!
Si cerchino invece con determinazione vie alternative di dialogo, si prosegua pazientemente con le trattative diplomatiche, con la mobilitazione popolare nonviolenta, le proteste dei religiosi, degli intellettuali e della gente comune, i boicottaggi, l'obiezione di coscienza e i credenti intensifichino la loro preghiera e l'ascolto della Parola divina.
Messaggio che viene ripetuto in questi giorni dal numeroso e variegato popolo della Pace e in particolare da Pax Christi, il Movimento che fu guidato da don Tonino Bello e del quale proprio oggi, 18 marzo, ricorre l'87mo anniversario di nascita.
Il suo attuale successore, il vescovo di Altamura mons.Giovanni Ricchiuti, continuando sulla scia profetica del nostro venerabile conterraneo, dopo aver condannato con fermezza l'aggressione operata da Putin, ha chiesto anche " il non coinvolgimento del nostro Paese nel conflitto né con armi e né con preparazione di uomini", ribadendo il dettato costituzionale secondo cui L'Italia ripudia la guerra! (art.11).
Ha inoltre denunciato l'aumento costante e scandaloso delle spese militari nel bilancio della Difesa (26 miliardi di euro per l'anno in corso, ma si prevede già un esorbitante incremento fino a 40 miliardi di budget nei prossimi dieci anni): " Non ci sono i soldi per tante necessità, - dichiara mons.Ricchiuti - ma per le armi si trovano sempre. E si decide addirittura di destinarle a zone di guerra…".
Nella politica purtroppo non si ha ancora sufficiente consapevolezza della svolta epocale avviata nel secolo scorso proprio per il possibile uso delle armi atomiche. L'Italia ad esempio non ha ancora ratificato il Trattato del 2017 delle Nazioni Unite per la messa al bando degli ordigni nucleari e vogliamo sperare che presto recuperi questa vergognosa mancanza.
È necessario e urgente - ce lo spiegava bene padre Ernesto Balducci, di cui ricordiamo quest'anno il centesimo anniversario della nascita e il trentesimo della morte) - operare una mutazione antropologica che metta per sempre fuorilegge come crimine la stessa guerra e consideri la violenza tabù, ossia un confine moralmente invalicabile sia nell'agire umano privato, sia in quello collettivo. Tutte le Istituzioni (si pensi anche ai singoli Stati, all'Unione Europea, e poi alla Nato, all'ONU…) dovrebbero ormai muoversi nel nuovo orizzonte - etico, culturale, economico ed ecologico - dell' uomo planetario.
Sempre più attuale e viva risentiamo oggi l'esortazione appassionata di don Tonino: In piedi costruttori di pace! Sarete chiamati figli di Dio! Per lui la Pace è sì made in cielo, dono che viene dall'Alto, ma è anche opera quotidiana di artigianato alla portata di tutti. Frutto paziente e lungimirante di chi non si rassegna alla crudeltà dell' homo homini lupus e sperimenta a partire da sé la bellezza di essere homo homini amicus.
Perciò è cammino lungo, per giunta in salita, e richiede allenamento costante: studio, impegno, fantasia, abbattimento dei muri, cultura dell' incontro, arte del dialogo senza frontiere, sogni diurni per vivere insieme l'etica dei volti diversi e dei diritti umani uguali per tutti.
Strada ardua che lo spinse a recarsi nel 1992, con altri cinquecento folli sognatori, a Sarajevo, città dilaniata giorno e notte da ordigni fratricidi (si pensi oggi a Kiev, a Mariupol, a Kharkiv) e piantare lì, nella terra desolata dell'odio, i semi di un'altra ONU, quella dei poveri e dei popoli, con i germogli promettenti della nonviolenza attiva e creativa, premessa indispensabile per una globale convivialità delle differenze.
In piedi, allora, costruttori e artigiani di Pace!
Con l'abbraccio commosso dell'umana fratellanza - come sarebbe giusto per tutti i profughi di ogni colore e di ogni provenienza - continuiamo a spalancare il cuore, le case e le chiese di tutta l'Europa ai tre milioni di profughi ucraini costretti all'improvviso a lasciare la loro terra e i loro affetti più cari per iniziare una dolorosa e imprevedibile via crucis.
Il nostro augurio, con lo sguardo della speranza cristiana, è quello che presto diventi via lucis e che quest'anno la Pasqua possa avere la data anticipata nel giorno in cui ascolteremo l'annuncio: è finita la guerra!
Se, osservando le leggi canoniche vigenti, per proclamare don Tonino "Beato" dovrà essere riconosciuto un miracolo grazie alla sua intercessione, allora osiamo chiedere con fiducia il grande miracolo che lui stesso indicava come il sogno di Isaia: "Forgeranno le loro spade in vomeri , le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra" (Isaia 2,4) e finalmente "Il deserto diventerà un giardino.
Nel deserto prenderà dimora il diritto e la giustizia regnerà nel giardino.
Frutto della giustizia sarà la Pace!" (Isaia 32,15-17)
L'articolo è stato pubblicato sul Nuovo Quotidiano di Puglia il 18 marzo 2022