Un’aura
avvolge il crepuscolo
per le vie deserte del borgo
entra dalla finestra
aperta sul balcone e sparge
la sua sostanza immateriale
sul silenzio degli oggetti
di pietra e di carta lasciati
sulla scrivania per la memoria
si spande sul lungolago
non ancora illuminato
sulle sagome delle barche ancorate
alla bell’e meglio nel porticciolo
sale fino alla strada
del castello la rocca dove
un uomo e una donna si guardano
s’intravedono nell’oscurità dilagante
cercano l’uno dell’altra gli occhi
la mano la bocca il grembo
si vorrebbero parlare come se Dio
fosse lì in persona ad ascoltarli
e li lasciasse liberi di piangere
di chieder misericordia
di ridere di unirsi
nell’amplesso fremente
E alla fine succede
che dappertutto si accendono
luci al neon bruscamente
per segnalare che il tempo
dell’aura è ormai svanito
e nessuno può dire
se tornerà domani
(Gianni Gasparini, inedita. Pensando ad Arona sul Lago Maggiore, 16 settembre 2018)