Il prezioso e necessario libro di Adriana Valerio, Eretiche, donne che riflettono, osano, resistono (il Mulino 2022), offre un compendio ampio, intenso e chiaro, e dal ritmo veloce, del panorama abitato da donne che, nel mondo occidentale e dai primi secoli della cristianità, "hanno provocato scosse inaspettate e scardinato gli equilibri del loro tempo" e con ciò "hanno pagato a caro prezzo le proprie scelte" (dalla quarta di copertina).
La cultura dominante, assestata su una valenza differenziale dei sessi (Françoise Heritier), che vede gli uomini incardinati in posizioni di primazia e le donne colonizzate da tale egemonia, provoca addomesticamento ai danni delle donne (e non solo). Si generano però molteplici fessure, sussulti, crepe, scismi disseminati nel tempo e nello spazio. Sragioni che disarticolano, sfaldano l'arroccamento della Ragione; elan vital di menti e corpi che destabilizzano i contrafforti di menti disincarnate.
Come afferma l'autrice, assumere la testimonianza di tali gesti di sovversione, di tali coraggiose resistenze pagate a caro prezzo, di tali fiere disobbedienze e collere, di tali visioni e pronunciamenti profetici è atto doveroso per una ricerca storiografica "giusta". Per lo più gli storici maschi, infatti, hanno ignorato o sottovalutato le presenze femminili in questo campo. Dare testimonianza alle vite di donne considerate eretiche significa restituire al concetto di eresia il valore originario di scelta. Significa una volta di più evidenziare che l'autoproclamata ortodossia religiosa - frutto maturato da una cultura dominante maschile - è il dispositivo autoreferenziale elettosi al giudizio di cosa è bene (canonico) cosa è male (eretico), tradendo l'inclusivo messaggio evangelico.
Aggiungo che tale ricerca mi pare feconda per un ulteriore obiettivo: sostenere una presa di coscienza sia maschile che femminile dell'incidenza nella storia di un ordine del discorso sessuato (occultato e innominato, per questo pervasivo); fino a quando non sarà acquisito nella coscienza individuale e collettiva, si produrranno i suoi effetti squilibranti.
Le vite e le vicende qui evocate testimoniano che le donne non sempre si sono uniformate al disciplinamento, non sempre hanno introiettato un destino di complementarietà, non sempre si sono piegate a ruoli di ancillarità, a essere dispensatrici di un accudimento doveroso ma non reciproco, di riproduzione generativa coatta, di servizio sessuale pure coatto, o si sono assoggettate a essere specchio del logos maschile.
È stato scritto dalla filosofa Geneviève Fraisse che i movimenti delle donne in più occasioni accompagnavano le sollevazioni del popolo; ma poco dopo se ne distaccavano: «la rottura fu profonda e politica», scrive. Considerazione analoga si potrebbe fare per il movimento gesuano. Molte donne si unirono allo slancio di libertà suscitato da quell'annuncio; molte - in sequela del kerigma - divennero seguaci nel servizio della mensa e della parola, protagoniste nelle chiese domestiche, ministre, diacone, apostole, profete, incarnazione di carismi e del primato dello Spirito; alcune pagarono con un crudele martirio. Non era forse vero che le donne erano state le più prossime nell'agonia del Maestro mentre gli uomini erano scomparsi? Non era forse vero che il Risorto era apparso a una di loro dandole il compito di annunciare?
Ma presto si consumò la rottura, che fu profonda e mistico-politica.
In tempi brevi, si avviò la retromarcia tradizionalista. I comportamenti femminili anomali, benché volti all'agape, sovvertivano l'ordine delle cose. Nella nascente comunità cristiana anche altri conformismi si consolidarono, in totale controtendenza con ciò che il profeta di Nazaret aveva testimoniato [«E non chiamate nessuno padre sulla terra» Mt 23,9] e con quel discepolato di uguali che lo aveva accompagnato. Nello scorrere dei secoli, sempre più il modello piramidale si associò alla predicazione di un Dio patriarcale, giudice severo. L'immagine di Dio assumeva prepotentemente il genere maschile, come l'autrice ricorda, citando un passo del Decretum Gratiani: «L'immagine di Dio è nel maschio, creato unico che ha ricevuto da Dio il potere di governare come suo sostituto, perché è l'immagine di Dio unico. Ed è per questo che la donna non è stata fatta a immagine di Dio».
Valerio illustra questi avvilenti passaggi storici e teologici, connettendoli alla prospettiva del rapporto tra i sessi, con passaggi molto dettagliati che non posso ripercorrere. Mi è apparso
rilevante il fatto che la squalificazione di una donna che non sta al suo posto si sia sistematicamente avvalsa, nel passato come nel presente, dell'uso di categorie sessuali, ovviamente infamanti: inscalfibile tale strategia per trasmettere il disprezzo. Le profetesse frigie erano cortigiane e adultere. Le streghe erano amanti di Satana.
Ciò che va sottolineato è che scindere il vasto prisma che comprende autoritarismo/istituzionalizzazione del canone / clericalismo/recupero di forme cultuali sacrali
/dogmatismo/opposizione al giudaismo/saldatura con le istituzioni romane - per dire alcuni tratti - verso cui la chiesa si orienta, dal quadro misogino/kiriarcale non avrebbe dato conto della struttura complessiva dell'impianto.
Si dischiude così il panorama delle figure femminili carismatiche/autonome/trasgressive che A. Valerio percorre nello scorrere dei capitoli. Due millenni di storia sono rivisitati: dalle montaniste alle catare, da Margherita Porete e le beghine alle valdesi, da Guglielma di Milano a Giovanna d'Arco e poi, a proseguire, le cosiddette streghe, le quietiste, le gianseniste, le profetesse di una chiesa alternativa, per arrivare all'Ottocento nonché al Novecento: il capitolo Le nuove eretiche è popolato infatti da una folta schiera di figure.
Riconoscere l'indecenza dell'ineguaglianza, della inferiorizzazione e spesso del disprezzo (come lo rinveniamo in pagine della letteratura patristica) operati da uomini riguardo la soggettività femminile, assumere la responsabilità delle violazioni dei diritti umani (anche se le norme internazionali non erano state sancite, c'era comunque il Vangelo, che certamente eccede le dichiarazioni ONU), sarebbe un passo decisivo, necessario a trasformazioni strutturali - e non di immagine - dell'economia dei beni simbolici. Esso si affiancherebbe all'imprescindibile ricostruzione storica femminista, un albero dalle ampie fronde, alla cui crescita l'appassionata e qualificata ricerca storica di Adriana Valerio, snodatasi per tutta la sua vita, ha dato un sostanziale contribuito.
Si affiancherebbe, ho scritto, perché la dimensione della ricerca accademica/intellettuale non può rimanere senza compagne di strada. Le compagne sono le pratiche. Scrive A. Buttarelli nella prefazione a Il Mondo è sessuato, Femminismi e altre sovversioni, di G. Fraisse: «Come sostiene Fraisse: "L'accumulazione dei saperi e i saggi metodologici non saranno sufficienti a sbriciolare i contrafforti del simbolico maschile", e perciò non abbiamo scelta, bisogna inventare nuove pratiche, nuove lotte».
Due anni fa uscì una Lettera aperta, La pace nel mondo non può fare a meno delle scuse alle donne da parte delle gerarchie ecclesiastiche. In essa un gruppetto di donne osava riattraversare il flusso di una tradizione ecclesiale che aveva denigrato e insultato le donne, e di ciò, auspicando una mobilitazione di base, chiedeva conto; l'invocazione della pace da parte della chiesa cattolica, senza una sua conversione, era insincera e non credibile; la pace infatti non si dà senza giustizia, e la giustizia necessita di un'opera di riparazione del male inflitto. Tempo scaduto? Affatto! Pochi giorni fa è uscita la notizia che la chiesa anglicana si è scusata formalmente con gli ebrei d'Inghilterra. Un'attesa lunga ottocento anni; ma il reato non era e non è caduto in prescrizione, né per gli oltraggi agli ebrei, né per quelli alle donne.
Infine due osservazioni:
1. Non poche sono le attestazioni di consenso da parte di uomini sulla controcultura elaborata dal movimento delle donne; anche questo prezioso volumetto ha già raccolto e raccoglierà apprezzamenti da parte maschile. Ma poi, come suggeriva Rita Torti nell'ultimo seminario del Coordinamento teologhe italiane, cosa è cambiato o cambierà nelle loro vite? Si esprimeranno di fronte a una battuta sessista? Sentiranno fastidio - come la sottoscritta all'uso del termine Uomo tout court al posto del più corretto Essere Umano? Alzeranno la voce per correggere chi compie questo piccolo ma eloquente atto maschilista?
2. I segnali di resistenza, evocati da A. Valerio nell'ultima pagina, non mancano. Tuttora donne eretiche agitano la casa cattolica; per esempio, Valerio dà conto delle donne che "si preparano a una ordinazione illegale"; e di quelle che, sul solco di Anne Soupa, candidatasi a vescova di Lione, hanno compiuto gesti analoghi e istituito il collettivo Toutes Apotres. Anche in Italia ci sono aggregazioni di donne eretiche che resistono e non tacciono. La rivista Adista fedelmente ne dà conto; per esempio, Donne per la Chiesa, Voices of faith, Donne CDB e le molte altre e last but not least, Osservatorio Interreligioso sulle Violenze contro le Donne.
Lo Spirito soffia potente ancora, e dove vuole, Gv 3,8.
* in “Esodo” n. 2 del aprile-giugno 2022