Il 3 settembre 2022 è ricorso il primo anniversario della morte di don Rutilio Sánchez. In El Salvador sono state vissute celebrazioni religiose e laiche evocative di questa grande figura, così come ci ha informati Mariella Tapella, la nostra missionaria laica lì presente.
Don Rutilio lo ricordiamo come cristiano, sacerdote, rivoluzionario come egli stesso si definiva e io aggiungerei instancabile lottatore per la giustizia e internazionalista.
Già dall’approccio che aveva con la sua gente e dal suo modo di vestirsi con il suo legatissimo sombrero si capiva che fosse stata una persona al di fuori delle righe e delle regole, soprattutto ecclesiastiche. Aveva quella capacità per cui in qualsiasi pagina del Vangelo riusciva a trovare sempre il nesso con la realtà sul piano politico ed economico con una visione e con una prospettiva globale.
Legato al suo Salvador e soprattutto ai poveri, anzi agli impoveriti come li definiva, don Rutilio non ha mai lesinato solidarietà alla questione palestinese, agli yemeniti oppressi da una guerra mossa per procura dall’Occidente e militarmente eseguita da una coalizione guidata dall’Arabia Saudita. Nel suo cuore, nella sua bocca e nella sua mente c’è sempre stato posto per il popolo iracheno e siriano e per tutti i vessati dalle guerre e dalle ingiustizie di questo mondo.
Questo suo encomiabile internazionalismo evidentemente trovava le radici nelle sofferenze patite anche da lui durante i periodi più bui della dittatura.
Questo indomito lottatore per la giustizia noi oggi lo piangiamo e nello stesso tempo lo onoriamo proprio in considerazione che il suo El Salvador oggi sta attraversando una fase politica involutiva. È facile che il populismo scivoli in dittatura, quando una sola persona rimane al comando, come nel caso dell’attuale Presidente Bukele che sta mortificando la magistratura e perseguitando leader sindacali e oppositori politici, spalancando le porte di El Salvador alla grande finanza di stampo capitalistico.
A quel punto ai poveri cosa resta da fare? Rimanere uniti ed organizzati con il SER.CO.BA (Servizio Comunità di base) di cui don Rutulio fu anima e ideatore insieme a Mariella Tapella e a quanti in essi credono. Il loro compito e la responsabilità di fare memoria viva con il loro impegno e con la loro speranza resistente, perché sul sopravanzare del neoliberismo i piccoli possono solo sperare di fare fronte comune in un’augurabile attesa di albe migliori.