Cari amici,
la tristezza dei giorni che viviamo rende difficile la celebrazione festosa del Natale. Ma, a ben pensarci, chi l’ha detto che il Natale sia “una festa”, almeno così come di solito la intendiamo e la viviamo?
Forse, o senz’altro, lo potrebbe essere per coloro che aspettano una liberazione dal male, di qualsiasi tipo esso sia. Se prescindo - come sono solito fare in questi “Auguri” (a parte quelli di Avvento e Quaresima, che non invio a tutti) - da considerazioni specificamente confessionali, la scadenza del Natale mi appare come una festa che - costringendoci a pensare, se coltiviamo uno sguardo allargato, a tutti coloro che soffrono – invoca maggiormente il silenzio e l’interiorità, ma anche la solidarietà e la pace: vale a dire quelle realtà che mancano di più nel nostro mondo malato.
Stravolti, in particolare in queste ultime settimane, da eventi di una gravità allarmante - penso, ad esempio, alla violenza che persiste in Ucraina e in Palestina, per nominare solo due dei tanti conflitti armati in corso; penso alla violenza contro le donne; penso alla violenza sulla natura – sento il bisogno impellente di una sosta, per ricaricare quella passione per la vita che necessita di un supplemento di forza, oggi. Non so se anche voi che mi leggete sentite questa necessità.
E, allora, dove trovare questa carica indispensabile per procedere non come sonnambuli bensì come persone attente e responsabili? Io credo che il Natale - richiamando, comunque, un evento felice, ossia la nascita di un bambino - ci inviti a reperirla nella fiducia che riponiamo, nonostante tutto, nell’essere umano. Sì, perché l’uomo che noi conosciamo, così malvagio e indifferente, può essere migliore. E talvolta lo è. Ciò basta a sostenere il nostro impegno, e a non farci disperare nell’umanità.
Recentemente mi è capitato di rispondere a coloro - e sono sempre di più, anche fra gli amici - che hanno preso l’abitudine di usare questa infelice espressione: “Meritiamo l’estinzione”.
No, ho risposto io. Non meritiamo l’estinzione. Meritiamo, piuttosto, di essere migliori.
A ciò che è bello, che è sano, che è vivo, noi - che siamo nati per rinascere - siamo destinati. Il fine della nostra nascita non è la morte, bensì la vita. La passione per la vita - che, in forme sempre nuove, talora nascoste a noi stessi, viene sempre meno - ci chiama a risvegliarci da quell’intorpidimento che il buio dei tempi diffonde tra gli uomini.
Perciò vi Auguro di trascorrere questo difficile Natale, e le feste che porta con sé, andando nel profondo di noi stessi per ritrovare – dopo aver smesso di preferire la morte - quella perla che abbiamo smarrito: il dono - che suscita meraviglia e muove all’impegno - della vita stessa. “La vita e nient’altro”.