Nell’ultimo anno ho abitato in quattro eremi, due volte con un sacerdote, una volta da solo e una volta con tre frati. Due volte su quattro, il sacerdote con cui ho abitato, svolge anche la funzione di esorcista diocesano (don Antonio M.) o l’eremo in cui ho abitato da solo era stato abitato fino a pochi anni prima da un eremita che era anche sacerdote ed esorcista (padre Ernesto).

Mi si potrà obiettare che sono andato a finire in lande desolate e rurali, risponderei che in un caso è così e per certi versi, in base a certe “credenze”, potrebbe corrispondere, alla landa desolata e rurale, un certo tradizionalismo mediterraneo con prevedibili derive superstiziose; in un altro caso ci troviamo in Toscana, e se volete saperlo, l’ultimo convegno degli esorcisti del Centro Italia, si è tenuto più o meno nel giorno dell’immacolata, in una città dell’Umbria al confine con la Toscana! (Per inciso: i devoti e stretti collaboratori di padre Pio, soprattutto fino alla metà del Novecento, provenivano spesso da Toscana, Liguria ed Emilia Romagna, regioni con la nomea di essere all’avanguardia per cultura laica, di stampo comunista se non addirittura valenti bestemmiatori e mangiapreti, questo lo si ricordi per quegli stereotipi che spesso ci imprigionano in certe caselle preconfezionate di pensiero). Don Antonio, che abita in una pieve in Toscana, riceve diverse visite di chi gli chiede di “togliere il male”, lui porta l’uomo o la donna nella cappella e recitano insieme una preghiera. Don Antonio è molto lucido sulla realtà dei suoi colleghi: “Purtroppo molti miei colleghi hanno un’impostazione medievale”, mi dice sconfortato. Lui ha alle spalle studi di iridologia e ha svolto la libera professione prima di essere ordinato prete, tardi negli anni. Fa anche delle consulenze come psicologo, quindi è comprensibile che la sua impostazione sia di rottura nei confronti di chi ancora crede al Diavolo rosso con le corna, che semmai corrisponde al simbolo del Milan! In un recente numero della rivista Rocca, Anna Maria Cimino scrive un interessante riflessione dal titolo Il Signor Diavolo. L’ho fatto vedere a don Antonio anche perché avevo preso da lui un libro dal titolo Il Signore e il Satana, di Annick de Souzenelle, una mistica francese. In quel libro c’è un capitolo dal titolo L’ontologia di Satana, o una cosa del genere. Don Antonio mi dice che quando ha parlato di questo libro e di quel capitolo ai colleghi esorcisti, ha avuto una risposta... medioevale, appunto, cioè di rigetto, della serie: vogliamo il Diavolo con le corna e basta! Anna Maria Cimino dichiara esplicitamente di non credere al Diavolo. Poi cita una testimonianza, da insegnante, di genitori che le hanno parlato di una loro figlia, adolescente, che hanno portato da un esorcista “perché la bambina era spesso agitata, violenta, poco contenibile” (da notare che spesso, questa base di comportamento, negli ultimi vent’anni, a scuola, può portare un bambino ad assumere Ritalin in base alla diagnosi di ADHD, sindrome di iperattività; o peggio ancora, a chi è maggiorenne, con comportamenti troppo estroversi o troppo prorompenti, viene “consigliato” il TSO, Trattamento Sanitario Obbligatorio, spesso con eccesso di psicofarmaci e conseguenze protratte nei mesi e negli anni). Anna Maria Cimino esprime una grande pena per le “torture che ha dovuto subire la ragazza da parte dell’esorcista, torture psicologiche soprattutto”. L’ho riferito a don Antonio, sperando che mi dicesse che è una preoccupazione eccessiva della Cimino, invece mi conferma la preoccupazione, collegata alla consapevolezza che molti esorcisti applicano modelli antichi, quindi pesante pressione psicologica al limite della tortura. Parliamoci chiaro: non ci deve preoccupare il fatto che esistano ancora oggi gli esorcisti o la gente che si rivolga a loro, perché, come dice don Antonio: “E’ la difficoltà e il rifiuto di gestire le proprie responsabilità emotive, che porta a sentirsi vittime e quindi ad accusare qualcun altro di quello che noi viviamo”. Mia madre, con una cultura medio-alta, dopo la separazione con mio padre (separazione in cui mia madre è stata passiva come decisione, ma di fatto non hanno mai vissuto insieme, per quello che io ricordo) ha chiesto aiuto a Natuzza Evolo e anche a figure paesane che rientrano nella categoria di fattucchiere o qualcosa del genere. Poi ha continuato ad allontanare la responsabilità di gestire la situazione, per esempio non allontanando mio padre o non definendo le questioni di fondo, afferenti al periodo successivo alla separazione (questo non giustifica mio padre, che ha fatto il suo gioco “patriarcale”, senza incontrare o incontrando poca resistenza da parte di mia madre). Non ci deve sconcertare questo, ma il fatto che 14 milioni di italiani, ancora oggi, ricorrano ai maghi chiromanti, pagando soldi per essere aiutati, da questo punto di vista l’esorcista è gratis, però potrebbe essere un servizio efficace e serio, di aiuto psicologico e spirituale, come chiama don Antonio le sue consulenze: “Psicospirituali”. Per non parlare di milioni di uomini e donne che sono seguiti da psicologici, psichiatri, psicanalisti e via di seguito. Qual è il cuore del discorso? Che siamo portati a chiedere aiuto a un esorcista, a uno psicoterapeuta o a una star, o a un santone, o a un guru, o a un chiromante, la radice è unica: è la difficoltà di vivere pienamente e il rifiuto della responsabilità individuale per vivere pienamente. Molti nati dagli anni Novanta in poi e soprattutto nati nel nuovo millennio, tendono spesso a farsi del male fisicamente, o a chiudersi in un piccolo mondo (una stanza di una casa dive abitano). Si registrano, oltre che molti suicidi, in questa fascia di età, atti di autolesionismo. E’ la sete di vita non vissuta o non vivibile che porta a tutto ciò. Fino a pochi decenni fa la vita di strada evitava molte di queste derive. Io ho avuto un percorso “misto”, nel senso che fino a quando avevo 12 anni litigavo per strada come tutti i miei coetanei, poi mi è successo un qualcosa (io lo attribuisco alla separazione di mio padre, che è andato a vivere con un’altra donna quando io avevo 12 anni) per cui ho cominciato a subire, a non reagire più. Tra i 20 e i 23 anni, più o meno, desideravo spesso bere bicchieri pieni di sangue, quasi come un vampiro, sangue animale o sangue umano. Scrivendo racconti brevi e facendo analisi autonomamente, ho capito che quel desiderio di sangue era desiderio di vita, di vita relazionale, sessuale, di vita di strada (non avevo mai veramente vissuto la strada in senso pieno, nel senso del conflitto personale e sociale). Col tempo ho recuperato tutto. Nel frattempo, tra i miei coetanei, ho visto che scemava sempre di più la vita vissuta o la rielaborazione della vita vissuta, perché per traumi diversi e per diverse vicissitudini (politiche, antropologiche…) si era sviluppata una forma depressiva in gran parte dovuta alla rimozione e alla negazione della conflittualità, e ho visto sempre più amici e conoscenti che man mano che negano questa conflittualità, ricorrono a psicologi, guru, star (cantanti, scrittori, spesso mediocri travestiti da alternativi e impegnati), gruppi religiosi integralisti, occidentali o orientali…

Il Diavolo è la mercificazione…

Io potrei anche credere nel Diavolo, ma credo anche che il Diavolo sia la perdita del controllo sulle nostre ansie interiori, e questo lo spiega bene Ivan Illich: se perdiamo autonomia e creatività diventiamo poveri di una povertà profonda, questo proviene da una dipendenza troppo intensa da un sistema industriale, dal mercato o dalle Istituzioni. Se ci pensate bene, la trilogia demoniaca che ci assilla, dalla seconda guerra mondiale in poi (ma anche da prima) è propria questa: il consumismo come perdita di contatto con la nostra creatività e autonomia, tutto ciò però è frutto di un espropriazione delle nostre capacità di vivere di quello che ognuno di noi produce (artigianato, arte di vivere, arte di esprimersi fuori dal mercato…), dell’espropriazione dell’esperienza (W. Benjamin); la burocrazia sempre più dilagante e quindi frustrante. Ecco, se riuscissimo a nominare “diabolico” tutto ciò che ci aliena da noi stessi, ci divide da noi stessi (Diavolo viene da diaballo, divisore), ci libereremmo sempre di più dal diavolo che è in noi…, a quel punto, mi chiedo se ci rimarrà motivo di invocare il Diavolo con le corna o se quel Diavolo non ci farebbe ridere o addirittura non ci sarebbe anche simpatico. E, infine, detto tra di noi, tutte le guerre, le devastazioni, le più grandi catastrofi create dall’uomo, spesso sono state compiute nel nome di Dio e, di contro, non mi risulta che uomini e donne abbiano compiuto disastri in nome del Diavolo. Anzi, nel medioevo, le donne che garantivano le cure a base di erbe, venivano condannate al rogo come streghe quindi seguaci del Diavolo, mi pare che a questo punto sarebbe meglio seguire il Diavolo, o credere in Dio dubitando e pensando che Dio e il Diavolo potrebbero essere...Il Signore e il Satana, ma a questo punto torniamo all’inizio, e bisognerebbe leggere quel libro di Annick de Souzenelle, quello per cui don Antonio, solo perché lo cita ai colleghi esorcisti, viene considerato “indemoniato”.

Il Diavolo è il patriarcato…

La questione delle donne criminalizzate e messe al rogo e le donne che, separate, non riescono a superare quel trauma e quindi o si colpevolizzano o sublimano e comunque non affrontano il trauma, rimanda a delle cause recenti e più antiche. L’esempio della donna che all’interno della comunità cristiana e cattolica non riesce ad elaborare il trauma della separazione, ovviamente chiama in causa la comunità cristiana e cattolica, sia i suoi referenti e ministri istituzionali sia i componenti di base, laici o professanti. Ho purtroppo notato che molti sacerdoti, anche progressisti, quando ci si addentra nel discorso per attribuire le responsabilità di molti padri, e quindi atteggiamenti patriarcali, non si riesce facilmente a scardinare o a scalfire il moloch del patriarcato. Forse ci sono stati tempi migliori. Però io ho notato che quando ero bambino e avevo paura dei mostri, nel tempo mi sono reso conto che questo mostro di cui avevo paura, era il “mostro” che avevo dentro. E man mano che è uscito fuori e che mi è diventato familiare, che l’ho preso in mano, che l’ho padroneggiato, questo mostro mi fa sempre meno paura. Poi mi sono reso conto che uno dei mostri più difficili da affrontare è quello del patriarcato, anche quello interiorizzato dalle donne ovviamente. Però credo che la potenza del padre e delle sue derive è spesso favorita dalla cultura diffusa, da un’antropologia più o meno consapevole e da una religione che purtroppo dà valore alla figura del padre e non valorizza o peggio ancora disprezza la donna, la femminilità presente anche nell’uomo, nel senso di accoglienza, tenerezza, apertura, ascolto. Il Diavolo è la negazione di tutto ciò, il patriarcato è il Diavolo, anche in questo caso: il Diavolo con le corna è un pupazzo, mentre il patriarcato è vero, è reale, se affronteremo quel mostro patriarcale, ridimensioneremo la potenza del vero Diavolo e ritroveremo il Diavolo bambino e giocheremo con lui, e, ovviamente, giocheremo anche con Dio, con cui saremo in armonia, perché lo avremo liberato dal patriarcato antico e moderno.

 


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