“Monaci e parrini, viditi la missa e stoccaci li rini”, è un detto antico siciliano, forse troppo generico e ingrato, perché non tutti i monaci e i preti meritano di essere bastonati, anzi, forse nessuno, almeno secondo me che sono cattolico sociale ed “ecumenico”.
Ma al di là del proverbio popolare, che ha sempre un fondamento di verità, volevo fare una disamina di quello che oggi vuol dire essere prete, delle discrepanze, delle risorse potenziali, dell’apporto del laicato a una Chiesa cattolica sempre più stanca e fiacca, e senza preti! (i dati sulle nuove ordinazioni non consolano per niente, se si rimane in Occidente).
Vent’anni fa un prete mio compaesano e amico, ora responsabile della pastorale regionale siciliana, dopo avermi dato un passaggio in macchina, visto che io cominciavo a liberarmi dal giogo dell’automobile privata, mi fece questa battuta: “Il sistema ti dovrebbe vomitare”, cioè scherzosamente disprezzò il mio viaggiare liberamente, come per millenni ha fatto l’uomo fino a meno di sessant’anni fa, cioè fino all’avvento della “democratizzazione dell’automobile”, che Colin Ward definisce “l’invenzione più disastrosa della razza umana” (in: Dopo l’automobile, Eleuthera edizioni). Che i sacerdoti siano stati sempre borghesi o dalla parte del potere, ce lo insegna già Gesù con la sua crocifissione, avvenuta “grazie” ai Sommi sacerdoti. Ma in realtà da allora a oggi, e forse anche allora, non tutti i sacerdoti erano...”sommi”?! (Giuseppe di Arimatea è un esempio di come già allora c’erano sacerdoti indulgenti, anche se farisei, come era lui). Più di vent’anni dopo quella battuta del mio amico prete (post conciliare e progressista, lo riconosco e lo apprezzo per questo) il riscatto mi è arrivato da un sacerdote di circa 80 anni, parroco in Liguria, il quale percorre a piedi 10 Km al giorno per andare a celebrare la messa in una pieve di montagna, e ha dichiarato che per lui quella lunga passeggiata equivale a un’omelia! (Questa notizia l’ho avuta qualche mese fa da frate Eliseo dell’Eremo Le Stinche, che lo ha conosciuto personalmente).
La tragedia della Chiesa cattolica è in tanti aspetti, tra cui la solitudine che è anche prigione dorata di molti preti e anche di molti monaci. La difficoltà di scardinare tutto ciò, nonostante gli sforzi di papa Francesco e del presidente della CEI Matteo Zuppi (nel Sinodo di questi ultimi due anni si sta lavorando anche su quest’aspetto), è una difficoltà tutta nostra e oggi sempre più stringente. Nonostante le canoniche disabitate e gli eremi abbandonati, ancora c’è tanta “diffidenza”, pigrizia e chiusura da parte di parroci verso laici che si prodigano per rinnovare o contribuire a rivitalizzare spazi morti, e la chiusura è sicuramente nei confronti delle donne ma anche degli uomini. Segnali incoraggianti vengono, come al solito, dal basso e da illuminate figure. Dall’inizio del 2024, per esempio, grazie a suor Noemi, badessa delle suore benedettine di Sant’Anna, a Bastia Umbra (diocesi di Foligno-Assisi), Alberto Cisco ha iniziato ad abitare l’abbazia di San Benedetto al Subasio, dopo vent’anni di abbandono! Esempi che illuminano un sentiero ancora tutto da percorrere, e questo percorso richiede l’impegno di tutti, laici e cattolici, che sentono il bisogno di aprire nuovi spazi fisici e mentali, culturali e spirituali. Ho avuto la grazia di abitare, per due mesi, nel Santuario di San Nicodemo in Aspromonte, con l’approvazione del vescovo. Ho aperto una piccola libreria e organizzato un incontro di letture e canzoni dal titolo Camminando s’apre cammino (ottobre 2023). Inaspettatamente e sorprendentemente, sono arrivate centinaia di persone in quell’eremo fra i boschi dell’Aspromonte e un centinaio di persone all’incontro Libri nei sentieri dell’Eremo, e molti, sempre inaspettatamente, hanno acquistato molti libri in quei due mesi che sono rimasto lì. E’ la dimostrazione della potenzialità culturale e spirituale, che l’incontro tra laici e religiosi può generare, siamo solo all’inizio, il tempo è nostro! Un signore che mi ha dato un passaggio pochi giorni fa, in Valdarno, è ottimista: “Alla lunga, la Chiesa, i preti, i cattolici, si aprono al nuovo, ma bisogna sapere aspettare, pazientare, anche patire, a volte”. Il Cardinale Martini diceva che la Chiesa cattolica è indietro di 200 anni. Ora, ovviamente i prezzi da pagare per i “ritardi” ci sono, e spesso li pagano i meno visibili e i meno protetti (molti preti e monaci e parrocchiani, donne, soggetti “irregolari” per scelte e impostazioni coraggiose, padre Vannuncci direbbe “gli spiriti solitari”), forse è anche comprensibile tutto ciò. Di sicuro, c’è che per spingere verso le aperture (che aspettano da decenni o da secoli?) occorre forza psicologica, morale, forza di volontà, e non acquiescenza, soprattutto da parte dei giovani cattolici e laici (per giovani oggi si intende...anche i cinquantenni?!). Bisogna saper chiedere, e insistere, come insegna la vedova “molesta” del Vangelo di Luca e quell’altro passo del Vangelo: “Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato”. “Bisogna lottare”, dice Pietro, che con Miriam e i suoi tre figli abitano in una canonica in Valdarno, con il progetto Comunità e famiglia, progetto che da più di trent’anni funziona, partito dalla Lombardia e sempre più diffuso e “aperto”. Don Tonino Bello ripeteva spesso che i laici possono salvare i preti e le derive di abbandono e di declino delle realtà e delle strutture della Chiesa. Ma è ancora molto diffusa e dura a morire la mentalità secondo la quale un cattolico laico non possa avere cittadinanza e spazio nelle strutture e nelle realtà diocesane se non come “dipendente dai parroci”, o peggio ancora, è diffusa la tendenza a vedere i laici come “richiedenti asilo” rispetto ai preti o ai monasteri o agli eremi. Mentre è verto il contrario, e cioè che il prete stipendiato, vive forse un complesso di estraneità e di lontananza dalla quotidianità che spesso lo rende poco “empatico”. Il cardinale Delpini di Milano, non più di un anno fa, propose ai seminaristi di trascorre sempre più spesso periodi nelle famiglie e fuori dal seminario per “educarsi alla vita quotidiana di molti singoli e coniugati...laici”. Un “giovane” sacerdote della diocesi di Siena, don Domenico, mi diceva che secondo lui lo stipendio dei preti è un’arma a doppio taglio (1000 euro al mese, ufficialmente solo i parroci, ma poi anche il viceparroco e chiunque abbia un incarico in parrocchia e in diocesi, cioè quasi tutti i preti!) perché è una forma di assistenza che “è come un reddito di cittadinanza ante litteram, riservato solo ai preti!”. Lo stesso don Domenico ha organizzato spesso attività di autofinanziamento con i ragazzi africani che ospita, dimostrando che la creatività può creare autonomia anche a partire dalle parrocchie, e non stiampo parlando solo di raccolte di fondi per beneficienza, ma anche di autoproduzione e poi vendita in mercatini locali. Don A. M., ordinato prete a 56 anni, da sempre ha lavorato come contadino, dice ai giovani preti di non adagiarsi troppo sullo stipendio che percepiscono, “perché non ti fa capire cosa vuol dire cercare un lavoro o peggio ancora chiedere un lavoro ed essere esclusi o scartati, e in generale non permette di immedesimarsi in chi non sa come arrivare alla fine del mese”. Mi ha anche detto, che dal 2025 diminuiranno i “compensi” per i preti, anche perché sempre meno cattolici scelgono di dare l’8X1000 alla Chiesa cattolica, tutto è collegato? Ci sono diversi sacerdoti, negli ultimi trent’anni, che stanno scegliendo la vita eremitica, forse anche perché inariditi da una condizione che li costringe a fare gli impiegati della parrocchia. E’ un segnale anche questo di… uscita da un vicolo cieco in cui si trova la Chiesa cattolica degli ultimi trent’anni? Certo è che l’aumento di “vocazioni” eremitiche, anche tra i laici (vedi, oltre ad Alberto Cisco, Viviana Rispoli dell’eremo di Savigno, anche lei non ha mai preso i voti) è un segnale interessante di nuovi orizzonti e nuove possibilità. Giancarlo Bruni, teologo, frate servo di Maria e monaco di Bose (ebbene sì, si alterna tra due comunità monastiche) dice che le tante canoniche ed eremi abbandonati sarebbero un’occasione per molti laici disposti e rivitalizzarli, sulle orme di David Maria Turoldo e della comunità di laici e religiosi da lui fondata a Fontanella (Bg), dove Giancarlo ha vissuto. Si tratta, per usare le parole di don Tonino Bello, di “osare la profezia”, e ciò comporta sempre una lotta perché la pace (il Regno di Dio) “è un cammino in salita”, è sempre don Tonino a ricordarcelo. Gianni Novello, che ha fondato la Comunità di Santa Maria delle Grazie a Rossano Calabro, esperienza che è durata dalla metà degli anni Settanta al 2010, non ha voluto prendere i voti perché convinto che il battesimo ci fa sacerdoti, re e profeti.