Articolo di Michele Di Schiena – apparso su ADISTA il 24 aprile 1999
Certo “interventismo etico” è da noi sempre più impegnato, con l’aiuto di alcuni intellettuali organici alle logiche della Nato, nel portare avanti una vera e propria campagna di denigrazione e di accuse nei confronti del movimento per la pace, definito talvolta “pacifismo ipocrita” e talaltra “antiamericanismo ideologico”.
Visto che per costoro uno schieramento pregiudiziale contro la guerra sta diventando una colpa, è bene confessare pubblicamente il peccato: ebbene sì, siamo pacifisti e crediamo di essere per niente ipocriti e totalmente sinceri. Rifiutiamo perciò l’interventismo che, quando giustifica terrificanti rappresaglie come quelle della Nato, non può proprio definirsi etico e nasconde scelte di violenza repressiva frutto di risorgente cultura militarista o di un vassallaggio politico nei confronti della superpotenza americana ovvero ancora di suggestioni vendicative provocate tra la gente da martellanti campagne propagandistiche.
E poi, proseguendo nella confessione, diremo di più: siamo anche “antiamericani” se così si vogliono definire coloro che non hanno nulla contro il popolo americano ma rifiutano con determinazione l’ultraliberismo ideologico, il militarismo aggressivo e l’imperialismo dei gruppi di potere statunitensi impegnati a conseguire un egemonico predominio politico, economico e culturale sulle nazioni dell’intero pianeta.
Non crediamo alle guerre “giuste” che non hanno nulla a che fare con possibili interventi di interposizione a fini umanitari sotto l’egida dell’Onu, di una organizzazione, cioè, rappresentativa di tutti i popoli e di tutti gli Stati. Le operazioni contro la Serbia vengono invece portate avanti da alcuni Paesi tecnologicamente molto avanzati che nel loro insieme non rappresentano che una parte modesta delle genti e delle culture di questo mondo. Si tratta invero di una minoranza che si arroga poteri che nessuna norma di diritto internazionale le ha attribuito e che questi poteri esercita in funzione punitiva e on a difesa di uno Stato componente l’alleanza aggredito dall’esterno.
Guardando poi in particolare alla posizione dell’Italia va tenuto presente che il nostro Paese è di fatto entrato in guerra in aperta violazione dell’art. 11 della Costituzione che “ripudia la guerra… come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” e in dispregio degli artt. 78 e 87 dello stesso Statuto i quali stabiliscono rispettivamente che lo stato di guerra dev’essere deliberato dalle Camere e dev’essere dichiarato formalmente dal Presidente della Repubblica, situazione questa che in uno Stato di diritto potrebbe persino dare spazio – tanto per completare il quadro della giurisprudenza in questa materia – ad ipotesi di responsabilità per comportamenti integranti il reato di usurpazione di potere politico previsto dall’art. 287 del Codice penale.
Ma quale è il criterio valutativo in base al quale si giudica “giusto” questo conflitto? Se la giustificazione dell’intervento dovesse essere quella di abbattere il regime di Milosevic saremmo di fronte ad una Nato gendarme e bugiarda che indica un obiettivo ma ne persegue un altro. Se invece lo scopo rimane quello umanitario, è necessario allora fare i conti con l’evidenza dei fatti che mai come in questo caso sono argomenti veramente testardi. Questa guerra ha tutto aggravato e nulla risolto: bombardamenti sempre più distruttivi, pulizie etniche portate alle estreme conseguenze, esodi biblici, danni enormi all’economia dei Paesi colpiti e spese militari di smisurati importi con i quali sarebbe stato possibile sfamare milioni di uomini. Se la giustezza dell’intervento della Nato venisse quindi valutata con l’unico parametro utilizzabile da una cultura umanitaria che è quello capace di misurare la riduzione o la crescita delle morti e delle sofferenze, ebbene siffatto intervento apparirebbe a chiunque ingiusto, irrazionale, nefasto, indifendibile.
Quella dei Balcani è una guerra particolarmente pericolosa e questo rischio continua a crescere come indicano alcuni avvertimenti di Mosca che la Nato cerca di ovattare e di minimizzare. Se si dovesse allargare lo scontro armato, con ritardo si capirebbero le ragioni per le quali i “Costituenti della nuova Europa”, dopo il secondo conflitto mondiale, esclusero l’idea della guerra comunque aggettivabile e si comprenderebbe soprattutto il grande valore della “ideologia” di pace che proclama la nostra Costituzione. La scelta per la pace di tanti “profeti” laici della sinistra critica merita più rispetto e più attenzione così come meritano ascolto e riflessione i doloranti appelli di un papa il quale dice che “è sempre l’ora della pace” e chiede insistentemente la sospensione delle operazioni belliche e la ripresa del negoziato.