Caro direttore, non voglio entrare nella polemica partitica ma, davanti a una citazione pubblica, è bene rifarsi a una regola universale (“ermeneutica”): un testo senza contesto diventa un pretesto. Diventa, cioè, strumentale e provocatoria, comunque fuorviante. Il Manifesto di Ventotene non dice, ad esempio, che la proprietà privata deve essere abolita.

Osserva che può essere “abolita, limitata, corretta, estesa [!] caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio” (del resto la nostra Costituzione all'articolo 42 non le riconosce una “funzione sociale”)? Il “movimento rivoluzionario”, di cui scrivono Spinelli, Rossi e Colorni nella parte finale, non è orientato a un “rinnovato dispotismo” ma alla “crescente possibilità di funzionamento di istituzioni politiche libere”. Il cenno alla “dittatura del partito rivoluzionario” non riguarda il dominio di un partito proletario di matrice leninista, che è definito “prigioniero del vecchio classismo”, pronto a sdrucciolare in una “dottrinaria soluzione comunista”. E’ visto come guida provvisoria di “uomini nuovi” in un periodo convulso in cui è ancora impossibile esprimere e definire la volontà popolare. La parola dittatura è certamente infelice. Ne era convinto lo stesso Spinelli per il quale il testo conteneva alcuni “errori politici” e una parte sicuramente datata. Ma tale considerazione, applicabile a tutti i movimenti, non può occultare la sostanza del testo: l'urgente necessità di costruire una federazione politica internazionale che potesse superare, prevenendoli, i nazionalismi portatori di guerre e di ogni forma di totalitarismo. Scritto nel 1941, in piena dittatura fascista, col rischio di vittoria della Germania nazista, durante una terribile guerra mondiale, il Manifesto, accoglie contributi eterogenei ma è in sintonia col federalismo angloamericano di ispirazione kantiana e ha come titolo “Per un’Europa libera e unita”. Questo è il cuore pulsante e attuale del testo, apprezzato da persone di diverso orientamento politico, che è diventato motore delle prime, ancora parziali, unificazioni continentali. Una domanda finale. Il riarmo nazionalistico europeo di cui si parla è in sintonia con la realistica utopia di un'Europa politica unita e col premio Nobel per la pace assegnato all'Europa nel 2012?

 


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