Mosaiconline/novembre 2020
Nel numero di novembre di Mosaico di pace, Francesco Comina intervista Marzia Camarda, scrittrice e imprenditrice culturale: perché le protagoniste dei racconti di Gianni Rodari sono anticonformiste in contrapposizione alle favole classiche? Di seguito la conversazione prosegue.
Per quanto riguarda il matrimonio e la famiglia, Rodari era figlio del suo tempo e dunque anche un poco conservatore, che era poi anche la storia della sinistra storica. Nel suo libro è raccolta anche una intervista alla moglie. Che cosa emerge al proposito sulla figura di Rodari?
In realtà ciò che ho cercato di dimostrare e che mi sembra sia emerso chiaramente dai documenti è proprio che Rodari non era affatto conservatore né in generale, né per quanto riguarda il tema del matrimonio o della famiglia: è l’unico autore che io conosca, di quei tempi, che abbia fatto dire di no a un sacco di proposte di matrimonio da parte delle sue eroine (e ancora oggi, a giudicare dai reality show, l’evenienza che una donna rifiuti una proposta di matrimonio è ancora percepita come “strana”); in questo senso Rodari è totalmente in controtendenza proprio rispetto alla sinistra storica, che invece nonostante i presupposti teorici era piuttosto tradizionalista (e sicuramente più tradizionalista di lui). Anche nella scelta della compagna mi sembra che si riflettesse questa attitudine: Maria Teresa Ferretti conobbe Gianni Rodari mentre lavorava proprio alla ricostruzione di alcuni archivi della Resistenza (erano quindi entrambi impegnati politicamente, lei all’epoca era segretaria di un gruppo parlamentare) e, come emerge dall’intervista che lei giustamente ha menzionato, non è certamente una donna di poco polso. In generale, dunque, Rodari ha un’attitudine nei confronti della coppia (anche della propria) non fondata su un’autorità acritica: anzi, per ragioni storiche sapeva anche troppo bene che cosa significasse obbedire senza farsi troppe domande e quindi una parte fondante del suo lavoro consistette proprio nel continuo smantellamento di quelle gerarchie sociali fondate sostanzialmente sull’abuso di potere. La cosa interessante del lavoro di “smontaggio” dei modelli fondati sull’autorità da parte di Rodari è che per lui non si tratta solo di un’opera distruttiva (o sovversiva, come è stata talvolta definita): così come smonta, Rodari rimonta (linguaggi, trame, strutture sociali) rifondandoli però secondo presupposti diversi, su diverse basi valoriali. Quindi per esempio non autorità ma dialogo a tutti i livelli, dal livello macro – la società in generale – al livello micro, ovvero proprio quello della famiglia: in un bellissimo articolo dal titolo Padre da dieci anni scrive che ha imparato «che dai figli è meglio ottenere la stima che il rispetto; meglio la solidarietà che la gratitudine». La famiglia diventa quindi il primo luogo di apprendimento non del supino prostrarsi di fronte all’autorità costituita, ma del dialogo e del rapporto di affetto e solidarietà che costituisce l’ossatura civile e solidale di ciascuno di noi e che, collettivamente, è l’unica strada per dare vita a una società giusta e rispettosa dei diritti e dei doveri di tutti e tutte.