Intervista a don Armando Matteo (docente di teologia fondamentale presso la Pontificia Università Urbaniana) a cura di Patrizia Morgante*
*La presente intervista è una versione più lunga rispetto a quella pubblicata nel numero di maggio di Mosaico di pace, nell’ambito del dossier “Frammenti di maschile nell’oggi” a cura del circolo DonneMujeresWomen di Roma.
Nella società si parla sempre più sovente di un “disagio del maschile” verso un femminile sempre più assertivo: lo riscontra anche nella Chiesa? Come si manifesta a suo avviso?
Le forme che un tale disagio del maschile verso la nuova autocoscienza e collocazione nella società da parte del femminile assume nella Chiesa non sono dirette ed evidenti come per esempio nella società. Vi è sicuramente una fatica a fare i conti con quella che è stata la lunga rivoluzione dell’emancipazione femminile. Certamente abbiamo pronunciamenti magisteriali che fanno ormai piazza pulita di ogni pregiudizio androcentrico e quindi di ogni possibile misogenia nella teologia cattolica. Ma sul versante della vita spicciola della Chiesa non mi pare ci siano grandi spostamenti. Questo darebbe poi ragione dei non pochi interventi sul tema da parte di papa Francesco, il quale, per richiamare di più l’attenzione, è arrivato a sottolineare che la Chiesa è appunto "la" Chiesa, ovvero un nome femminile.In verità, per contrasto, il reale grande spostamento che riguarda il mondo femminile è la cresciuta disaffezione delle giovani donne e delle donne che transitano verso la maturità verso la realtà ecclesiale. Partecipano di meno a messa, scelgono di meno il matrimonio canonico, si avviano in pochissime verso una consacrazione religiosa, sono meno generose con le offerte liberali e più in generale manifestano una certa disistima per il clero. Mi pare di poter affermare che esista sul serio una certa qual "fuga delle quarantenni" dall’universo ecclesiale. Ma anche su questo non pare essere cresciuta la sensibilità diffusa nel cattolicesimo italiano. Di certo, è vero che la grande maggioranza del popolo cattolico da noi è costituita da donne, ma sono appunto donne anziane o già molto anziane e il ricambio con le generazioni più giovani non si preannuncia così scontato.
Perché ci sono ancora tante resistenze nel clero a riconoscere una partecipazione delle donne come partner e non come mere esecutrici? Le donne, consacrate e laiche, stanno chiedendo maggiori spazi di riconoscimento e partecipazione: gli uomini si sentono in pericolo, secondo lei?
La domanda diventa ancora più provocatoria se si pensa che sia proprio papa Francesco a chiedere con insistenza che questo avvenga: che cioè ci sia una maggiore presenza delle donne nei luoghi dove si prendono decisioni importanti nella vita della Chiesa. Certamente, si potrebbe pensare che sia solo un problema di tipo legislativo, canonistico; ipotizzo però che al fondo ci sia un ulteriore problema. Mi pare di poter affermare che quel che san Giovanni XXIII affermava a proposito della nuova condizione della donna nel mondo e cioè che si tratta di un “segno dei tempi” fatichi a trovare riscontro, con tutte le conseguenze che ne derivano, nell’immaginario del clero. In fondo, si pensa ancora alla donna tutta “casa, chiesa e cucina”, tutta dedita all’educazione della prole e non si riesce a prendere atto del nuovo. Lo stesso linguaggio tradisce un modello maschile di pensiero (concedere o meno questo o quello), che tanto avvicina nella testa della gente la Chiesa al mondo della politica, con conseguenze catastrofiche... Infine non si pone mano ad una grande riforma delle parrocchie: oggi sono luoghi ove i laici e soprattutto le laiche che li frequentano con assiduità vengono semplicemente “spremuti” ed è del tutto chiaro che questo può essere accettato solo da qualche babypensionato... Vorrei ancora mettere in luce un’altra cosa: cioè la scarsa attenzione del clero diocesano alla questione delle vocazioni alla vita consacrata. La Chiesa che è in Italia non sarebbe quella che è senza le suore. Mica l’abbiamo fatta noi preti! Qui mi pare esista un’altra grande disattenzione cui porre rimedio. Insomma, c’è da cambiare. Papa Francesco ha detto abbastanza ruvidamente ma giustamente che senza le donne la Chiesa rischia di diventare sterile... c’è dunque da pensare.
È sovente per noi donne, ascoltare uomini di Chiesa che parlano di donne ma non lasciano spazi per ascoltare le donne: c’è una resistenza per loro a tematizzare il tema del maschile nella Chiesa?
Anche in questo caso ci viene incontro quanto papa Francesco afferma in Evangelii gaudium, ovvero che una rifondazione o almeno una riformulazione del rapporto con le donne passa per una rilettura teologica della potestà sacramentale propria dei ministri ordinati. Se la linea è quella del potere la situazione diventa complessa e anche poco evangelica, se invece ci si dispone ad accogliere la linea del servizio, della cura, allora gli spazi di reciproco ascolto e di rinnovata reciproca collaborazione, a tutti i piani, sono possibili.
A che livello di maturità ritiene sia la collaborazione tra uomini e donne nella Chiesa italiana?
Vi è ancora molto da lavorare per giungere a una situazione più matura al riguardo che possa davvero onorare quel “genio femminile” di cui parlano molti pontefici e qui il riferimento è sempre in relazione alle decisioni che riguardano la vita ecclesiale. E forse ci sarebbe anche da chiedersi come mai su tanti temi di stretta attualità che toccano sul vivo il mondo delle donne - penso qui alla difficoltà a tenere insieme carriera e famiglia, alle scarse risorse per la ripresa della natalità, alla terribile vicenda dei troppi femminicidi - il cattolicesimo italiano non esprima con maggiore forza la propria voce e la propria vicinanza alle donne.
Papa Francesco parla più volte della tenerezza e della misericordia come caratteristiche che appartengono ai due generi eppure si continua a separare sensibilità e servizio alle donne e autorità e vita pubblica agli uomini: cosa pensa lei di questo?
Piaccia o meno a noi ministri ordinati, si deve prendere atto che il mondo ormai è delle donne. Basterebbe citare il semplice fatto che a livello planetario i riferimenti più credibili e di punta sono di sesso femminile: si pensi alla politica (Merkel, May), alla letteratura (Rowling), alla musica (Madonna e Alice), alla santità (Madre Teresa), all’economia (Lagarde), per non parlare di tanti altri settori prevalenti nella nostra società. Su tutto questo è ormai l’ora di aprire un grande dibattito all’interno della Chiesa e ipotizzo che proprio su un tema simile si potrebbe svolgere una delle prossime assemblee del Sinodo dei Vescovi. Non abbiamo più alcuna ragione, teologica, antropologica, culturale o di altra natura, per continuare a tenere le donne al margine delle decisioni relative alla vita della Chiesa.