Intervista a due uomini che raccontano la loro esperienza di amori spezzati, rancori, sensi di colpa, solitudine e desiderio di recuperare uno sguardo positivo per il prosieguo del proprio cammino.
Giovanna D’Ari*
*La presente intervista è una versione più lunga rispetto a quella pubblicata nel numero di maggio di Mosaico di pace, nell’ambito del dossier “Frammenti di maschile nell’oggi” a cura del circolo DonneMujeresWomen di Roma.
Nelle interviste sono stati utilizzati pseudonimi nel rispetto delle persone coinvolte nelle due storie.
Negli anni passati nelle separazioni tutte le attenzioni erano poste sul “femminile” in quanto considerato, nell’immaginario collettivo/sociale, soggetto debole . Nel nostro tempo dove i ruoli donna/uomo sono in continua evoluzione, appare sempre più evidente la fragilità del “maschile”, pertanto è importante ascoltare e dare spazio a tutti i componenti del nucleo che si frantuma. Soltanto l’ascolto attento e l’assenza di pregiudizi può aiutare a un prosieguo di vite riconciliate.
La prima intervista è con Stefano e avviene dopo alcune telefonate. Resto particolarmente colpita dalla sua disponibilità nel raccontarsi. Ha un linguaggio asciutto, giornalistico. Quando gli chiedo una sua breve presentazione esordisce:
Sono Stefano, 48 anni, una Laurea Magistrale in Economia e Commercio, lavoro dal 1994 nella Pubblica Amministrazione; sono iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti, collaboro con alcuni giornali, riviste e agenzie sia come giornalista che come fotogiornalista. Sposato in chiesa nel 1995 ho una figlia di 21 anni, che vive con me da quando mi sono separato. Ho subito la separazione, nel senso che la mia ex moglie si è allontanata da casa. A fine 2000 ci siamo separati di fatto, nel 2001 lei è rientrata in casa per circa 5 mesi per poi allontanarsi nuovamente, quindi nel 2003 ci siamo separati legalmente per poi divorziare nel 2007. Quando sono rimasto solo mia figlia aveva 5 anni e quindi l’ho cresciuta quasi del tutto in maniera autonoma.
Alla mia domanda: quale disagio hai provato e provi nell’essere separato e successivamente divorziato in quanto uomo? Mi risponde:
All’inizio è stato un vero dramma, il fatto che mia moglie affermasse che sentiva di non amarmi più senza un apparente motivo plausibile mi ha letteralmente distrutto, anche perché ho sempre creduto nella famiglia e quindi ho provato una forte frustrazione e un senso di fallimento. Dapprima ho provato in tutti i modi a riconquistarla, poi ho capito che per essere una coppia e amarsi bisogna essere in due. Quindi pian piano me ne sono fatto una ragione, soprattutto dopo che lei mi ha spiegato che aveva cominciato a frequentare un’altra persona. Ho quindi preso in mano la situazione e visto che già mi occupavo quotidianamente di nostra figlia ho contattato un’avvocata che ha curato per entrambi la nostra separazione e poi il divorzio. Ho pagato tutto io, la casa dove vivevamo era in affitto e quindi non avevamo altre proprietà. Nei nostri accordi non c’erano prescrizioni economiche per la figlia da parte sua, né per quanto concerne le visite. Di solito stava tutta la settimana con me e un fine settimana con ciascuno, quindi lei la vedeva ogni 14 giorni. Era pesante la gestione di una bambina, ma mi sono adeguato e sono riuscito a gestire il tutto (scuola, sport, catechismo, feste ecc.). Ero cosciente di essere un’eccezione, ma sapevo che quella era la cosa giusta per me e mia figlia. In questo modo la mia vita non è stata rivoluzionata particolarmente, perché anche quando eravamo sposati mi ero sempre occupato di lei, per esempio quando mia moglie cambiò lavoro, mi presi 3 mesi di aspettava estiva al 30% dello stipendio per gestire mia figlia che aveva 3 anni. Quindi farlo a tempo pieno e da solo non mi spaventava, anche se a volte è stato pesante, non tanto dal punto di vista fisico, avevo poco più di 30 anni, quanto dal punto di vista mentale. Organizzare le giornate, le settimane, pranzo e cena, la spesa, parlare con maestre e poi professori, riunioni scolastiche, portarla allo sport fino ai 13 anni, fare assieme il catechismo familiare, prendere decisioni per lei e accompagnarla mensilmente ai day hospital: la mia vita si è quindi ridotta all’essenziale, ma ho provato a non abbandonare i miei interessi, naturalmente incastrandoli nella giornata. Comunque sono sempre stato orgoglioso di quel che ho fatto.
Si può affermare che le tue energie sono state, in prevalenza, orientate verso tua figlia? Nel corso degli anni come il rapporto padre/figlia come si è evoluto?
Un rapporto stretto naturalmente e anche molto bello. Quando era piccola il nostro legame era speciale, lei parlava di me con i professori e con gli altri in maniera entusiasta. Poi con la sua adolescenza sono cominciati i primi contrasti con me e un riavvicinamento con la mamma. Io ero il cattivo che imponeva regole a casa e sulle sue uscite pomeridiane e serali. Ora il rapporto è ancora contaminato, (anche a causa di alcune disavventure giudiziarie che lei ha avuto), ma di sicuro sono ancora la sua principale figura di riferimento. Lorella è venuta con noi in affidamento a 11 mesi, ha una situazione familiare biologica devastata e devastante, con cui ha cominciato a fare i conti con l’adolescenza e che l’ha sicuramente portata a fare scelte sbagliate. I genitori biologici le hanno lasciato in eredità una malattia autoimmune. Il mio rammarico più grande: “non essere riuscito a darle una famiglia unita”. Questo per me è stato molto doloroso in quanto aveva già subito un abbandono, ma del resto bisogna essere in due per costituire una famiglia e io valgo solo uno.
Come nel tempo si sono evoluti i rapporti con la tua ex moglie e come hanno mediato la visione di essere i genitori di Lorella?
Gli unici rapporti con la mia ex sono collegati con mia figlia, altrimenti ritengo che non ci saremmo mai più sentiti. Si tratta comunque di rapporti civili, non abbiamo mai discusso per quanto concerne le visite né quando era piccola né dopo. Ora siamo su due posizioni diverse per quanto concerne la gestione di una situazione di dipendenza e illegalità di mia figlia e della sua educazione. Ritengo che io faccio il genitore e lei invece l’amica, quindi a mio parere questo è deleterio per nostra figlia e per una buona risoluzione dei suoi problemi e il suo profondo malessere. Ormai Lorella è grande, quindi il suo futuro dipende da lei.
Nelle coppie la presenza di parenti e di amici non è neutra. Spesso durante e dopo la separazione il loro ruolo può essere di supporto o di parte, aumentando tensione e disagi. Quale è la tua esperienza?
La mia famiglia di origine, i miei amici e amiche, mi hanno supportato sia dal punto di vista pratico che morale. Molto devo alle mamme di compagni di scuola delle elementari e medie a cui va un grazie di cuore. La mia famiglia di origine mi ha aiutato molto, è stata presente e mi ha sostenuto anche dal punto di vista economico. Non mi sono mai sentito solo. Alcune coppie di amici sono state fondamentali nei primi momenti di separazione, che poi sono durati qualche anno, quando ti senti realmente solo. Gli amici sono stati fondamentali almeno quanto la mia famiglia d’origine, che anche ora ha ottimi rapporti con mia figlia.
Molti anni sono trascorsi, le cicatrici e le delusioni restano, ma attualmente come ipotizzi il tuo futuro? Come la tua vita si è o si sta riprogrammando?
Sono circa 12 anni che ho una compagna, ma non viviamo assieme, dapprima perché dovevo occuparmi di mia figlia che, quando ci siamo messi insieme, aveva circa 9 anni, poi perché la sua adolescenza è stata per me fonte di preoccupazione e quindi di un totale impegno. Ora che è cresciuta, anche se con altri problemi, stiamo preventivando il nostro matrimonio per la fine dell’anno. La nostra vita non cambierà comunque rispetto a ora, perché lei abita fuori Roma, a circa 70 km e ha un negozio, io invece lavoro a Roma e quindi continueremo a vederci da pendolari. Mi permetto di affermare che l’uomo è un essere che si adatta, quindi anche se nella vita accadono fatti che la stravolgono, e la separazione è uno di questi, con impegno e volontà tutto si aggiusta e ci si adegua alla nuova situazione.
Grazie Stefano per esserti raccontato e per aver condiviso la tua storia. Auguro a te e alle persone a te vicine serenità. Un pensiero va a tua figlia, al suo futuro.
La prossima intervista è con Maurizio.
Maurizio si trova nel centro del ciclone separazione, cambiamenti dentro e fuori la sua esistenza. Rabbia che cerca di contenere e bilanci di esistenze.
Quando ho chiesto la sua disponibilità a raccontarsi è rimasto perplesso ma dopo ha accettato senza riserve. Il suo è quasi un parlarsi ad alta voce, trovare risposte a sentimenti che si azzerano, provare a individuare il nucleo di un fallimento. Quando con pudore gli chiedo di raccontarsi, cade un silenzio quasi imbarazzante, e poi come un fiume in piena comincia:
Sono Maurizio, 44 anni, diplomato, libero professionista nella consulenza a Professionisti e Aziende, “separato di fatto”... (nel senso che prima dell’estate è prevista un’udienza in Tribunale, alla quale ne seguiranno certamente altre poiché temo non si troverà alcun accordo). Conosco la mia ormai ex moglie dai tempi dei banchi del liceo, da sempre idealizzata per ciò che rappresentava per me, quanto a sentimenti e tipo di rapporto. Ci ritroviamo da adulti intorno ai 25 anni, lei con un passato e presente difficili (figlia di separati in una vicenda dai contorni forti, con disturbi psicologici e dell’alimentazione) quasi sul punto di abbandonare l’università e io, invece, giovane in carriera in una multinazionale, brillante e felice in un contesto familiare sereno e “normale”.
11 anni di fidanzamento, di cui 6 di convivenza, 6 di matrimonio. Una gravidanza interrotta, un percorso finalizzato all’adozione portato avanti all’80% e poi finalmente un figlio naturale, Riccardo di 3 anni.
4 anni fa la crisi economico-finanziaria dell’ azienda mina gli equilibri: io, da colonna portante cui lei si appoggiava, sempre pronto a gestire tutto e tutti, divengo via, via più fragile e meno sereno... mentre lei (a detta di parenti e amici) anche e soprattutto grazie a me si “rimette in pista” con la salute, gli studi, la casa, il lavoro e la famiglia che avevamo creato insieme. Nel momento più buio della mia vita, di fronte al mio primo problema che ha investito la coppia, lei mi volta le spalle e anziché supportarmi... mi presenta il conto del suo vissuto personale, fatto di paure, complessi, senso di inadeguatezza, paura dell’abbandono. E qui il paradosso! Anziché condividere e supportarmi, preferisce non affrontare la situazione e fare un percorso tutto suo. Mi sento tradito moralmente, mi manca quell’unione di spirito, la nostra capacità di aver sperimentato per 17 anni il condividere ogni cosa. E poi con un ulteriore passo viene il tradimento fisico! Lo sospetto col passare del tempo, lo scopro... e lei nega l’innegabile e reagisce alla mia rabbia con altra rabbia e violenza, inventando crisi di anni, e cercando nel passato “scuse” inesistenti, quasi a voler “pareggiare” i conti! Mi invita, solo dopo la scoperta della sua relazione, a tentare di farci aiutare da uno psicoterapeuta. Ma, una volta che questi ha condiviso con noi quale fosse il nuovo scenario su cui dover lavorare insieme, lei si è tirata indietro e ha chiesto inesorabilmente la separazione! Dopo 6-7 mesi di litigi violenti, umiliato e calpestato nell’orgoglio, sono stato "invitato" a lasciare casa e, dopo un paio di mesi a casa dei miei genitori, ora vivo da solo in affitto.
Ho ascoltato in silenzio, non ho potuto o forse non ho voluto interrompere il suo racconto. Le sue espressioni, la mascella serrata evidenziano anche una sofferenza fisica che il suo corpo non riesce a contenere. Alla domanda come vivi da “maschio” questa realtà che ti attraversa mi risponde:
Forse il sentirmi giudicato da molti senza che sia stata ascoltata la mia versione... credo che a causa dei preconcetti tipici della nostra società e del nostro tempo, sia più facile ricondurre il tutto a una “normale” dinamica marito/moglie che si separano “come da letteratura”... per divergenze caratteriali ecc. Non è sempre così! Io le avrei tentate tutte. Ho subìto la sua scelta, e non ho fatto il macho, per rispetto di mio figlio e di ciò che eravamo. 17 anni insieme sono un pezzo importante di vita. Mi sono fatto calpestare e annullare!
Quanta amarezza, nelle parole di Maurizio. Cerco di orientare il nostro colloquio sul l rapporto con il figlio e i suoi occhi si illuminano anche se la tristezza di fondo persiste. Il tono della sua voce si addolcisce.
Il rapporto con mio figlio, che per ora vedo due pomeriggi a settimana e a weekend alterni, è bellissimo e triste al tempo stesso. Bellissimo perché ci cerchiamo e ci amiamo follemente l’un l’altro... è un maschietto adulto, da qualche tempo abbiamo iniziato a giocare in un modo più “fisico” e questo ci unisce molto. Vedo che con me accetta anche le regole, adora che io gli racconti storie di esperienze vissute insieme o inventate, è uno dei nostri giochi preferiti… Non mi si stacca mai di dosso, ma il nostro nemico è il tempo, l’orologio... mi rendo conto che odio il tempo! Mi e ci manca tantissimo giocare nella sua cameretta, addormentarlo la sera e svegliarlo al mattino, fare colazione insieme e portarlo a scuola. Mi fa tanta tenerezza quando mi chiede se può dormire con me “anche stasera” quando “il tempo sta per scadere” e DEVO riportarlo a casa della mamma... o quando non vede l’ora di andare “a casa di papà”. Oro vivo in una mansarda di 60 mq e lui, purtroppo, non ha i suoi spazi come a “casa di mamma”. Ora il papà non può permetterselo.
Mi aggancio all’affermazione “casa di mamma” per chiedergli dei rapporti con la sua ex . La risposta immediata è:
Freddi e al momento molto tesi. Lei finora non ha saputo “gestire” la mia rabbia e il mio rancore, anzi li ha alimentati con i suoi atteggiamenti. Non perde occasione per umiliarmi, o attaccarmi perché teme di essere attaccata. Inventa cattiverie, falsità e menzogne... un disco rotto da quando è venuto fuori il tradimento. Abusa della mia disponibilità in termini di orari ed è poco rispettosa di quelle poche regole che, per ora, noi ci siamo dati. La nota di colore è che lei sembra preoccuparsi, ora, del mio futuro...: “Hai le potenzialità per rifarti una storia con una che meriti!”.
Ferite profonde, il tempo è l’unica medicina, i sentimenti negativi devono essere canalizzati. Ma poi resta la quotidianità e alla domanda come va economicamente la vita da singolo, con tono sarcastico, risponde:
È tutto più difficile. Mi hanno aiutato e mi aiutano ancora i miei genitori. Il tempo che io VOGLIO ritagliarmi con mio figlio (due pomeriggi a settimana) ha ridotto del 20% la mia capacità produttiva a lavoro: la mia remunerazione è su base provigionale e più appuntamenti percorro, maggiori sono le possibilità di chiusura di contratti. Ancora una volta… il tempo è il mio nemico! I costi fissi di una casa, da solo, ovviamente si ammortizzano più difficilmente.
Affermi che i tuoi genitori ti aiutano, ma nella vostra storia che ruolo hanno avuto?
I miei genitori hanno accolto mia moglie come una figlia (ha vissuto in casa nostra per lunghi periodi in più occasioni) sono increduli, delusi, arrabbiati: ho visto mio padre piangere in una delle rarissime occasioni della sua vita… mi sono ripromesso che sarei ripartito da lì! Entrambi soffrono tantissimo, come me. Inizialmente mi consolavano e comprendevano... in seguito, vedendo che non c’era più nulla da fare, mi hanno invitato a “farmene una ragione” e portare avanti legalmente la cosa, “assecondando” quella che era una scelta di mia moglie. I genitori di lei? Sono separati da 40 anni, senza alcun rapporto ancora oggi. Mio suocero, con il quale ho sempre avuto un ottimo rapporto, inizialmente si sentiva quasi come me, anche se tendeva a sminuire se non negare i fatti di cui la figlia si era resa responsabile e tentava di ascoltare e capire l’uno e l’altra nel tentativo tenero e goffo di ricucire. In seguito è diventato sempre più schivo, distaccato e adesso non mi cerca più...
Gli amici ti sono stati vicini in questo periodo? Ti sono stati di conforto? La risposta è perentoria:
I nostri amici e colleghi ci consideravano una coppia felice, all’insorgere della nostra crisi hanno manifestato stupore, incredulità. Il loro dispiacere mi è stato comunicato attraverso messaggi sul cellulare... Mentre coloro che conoscono la nostra storia nei dettagli sono imbarazzati. In mia presenza sembrano schierarsi dalla mia parte, sostenendo che io non ho nulla da rimproverarmi e che lei è irriconoscibile, una persona diversa.
Quando gli chiedo se ha la consapevolezza che questa dolorosa fase passerà, la vita riprenderà il suo corso e vi sarà un futuro mi risponde:
Certo che guardo al futuro, ma con una certa preoccupazione. Innanzitutto per gli effetti su nostro figlio. Devo convincermi che un figlio di separati può crescere in modo diverso, ma non necessariamente “sbagliato”. Proprio in tale direzione, quello che mi preoccupa è il nuovo equilibrio che ciascuno di noi dovrà necessariamente trovare, indipendentemente l’uno dall’altra... perché sarà la condizione necessaria alla serenità di noi singoli e di conseguenza di Riccardo.
Dovrò metabolizzare il dolore e la delusione, credo che per forza di cose dovrò abbandonare la rabbia e il rancore, pur non dimenticando. Mi sono sposato in chiesa davanti a Dio perché credevo e credo ancora in un vincolo sacro e indissolubile e nelle promesse “nella buona e cattiva sorte, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia”... Per quanto riguarda mia moglie, cui il bambino verrà affidato, spero trovi risorse e illuminazione nel contribuire ad educare e crescere nostro figlio. Ora è venuto a mancare l’elemento “squadra” e complementarietà che fino a quando si conviveva ci aveva contraddistinto.
Gli aspetti economici di solidità e stabilità... sono importanti, ma ritengo che le capacità non mi manchino e si troverà comunque una soluzione.
A conclusione delle interviste mi restano particolarmente evidenti i tanti sentimenti che Stefano e Maurizio condividono. Il loro dolore e il profondo valore che davano e danno alla vita di coppia. Due uomini che devono mettere insieme pezzi di vita. Uomini che non nascondono le loro fragilità. Uomini che navigano a vista sull’onda della liquidità del nostro tempo. Padri che cercano un modello rinnovato di relazione con i figli . Nuove intuizioni per essere padri. In modo inconsapevole i miei occhi si posano, sulla copertina bianca del testo di Massimo Recalcati “Cosa resta del padre?”