Sui sentieri di isaia
Qualifica Autore: Già vice-presidente di Pax Christi Italia

Mosaico di pace/maggio 2021

Il percorso di Pax Christi affonda le sue radici nel dialogo e nell’ascolto. Racconti di un Movimento che intreccia e che rilancia voci e azioni di ecumenismo e di giustizia.

Ho davanti a me un testo davvero storico nell’evoluzione del nostro movimento, uno speciale Numero Unico di un “bollettino” della pace prodotto da Pax Christi Italia nel famoso Sessantotto. In esso leggo molto forte la decisione di incarnare in modo più incisivo, direi persino politico, l’impegno per la pace. Vi è soprattutto una bozza di “carta sull’educazione ai problemi della pace” come “problema di tutti”, “il problema del nostro tempo” perché” la pace esprime, integra, rende effettivi gli ideali della libertà, della unità, della scienza, del progresso”. Vi si dice che i cristiani devono collocare il problema tecnico-politico della pace internazionale nel contesto più vasto della “pace come dimensione permanente dello spirito, della pace come categoria morale-religiosa”. Si mette quindi un forte accento alla sfera educativa per la creazione di una coscienza del valore dell’uomo come uomo, senza discriminazioni e, allo steso tempo, per la creazione di una coscienza comunitaria mondiale come aspirazione storica ad una unificazione dei rapporti internazionali sotto una autorità veramente internazionale efficace. “La coscienza cristiana sente la necessità di esplicitare in un progetto dinamico di avvenire terrestre il comandamento centrale dell’amore”. Certamente c’è l’eco della grande enciclica “Pacem in terris” di Giovanni XXIII e della “Populorum progressio” di Paolo VI, scritte solo qualche anno prima.
Da allora Pax Christi Italia riesce per vari anni a radunare in convegni, routes, seminari di studio e assemblee, piano piano su tutto il territorio nazionale, anche molti giovani, capaci di confrontarsi con esperti e studiosi. In vari documenti e pubblicazioni del Movimento si insisteva sulla necessità che al suo interno ci si dovesse concentrare su tre punti decisivi: a. approfondimento del dialogo all’interno della Chiesa; b. esame del livello intellettuale e scientifico del lavoro del Movimento e dello sviluppo correlativo della formazione e della coscienza politica dei suoi membri; c. rafforzamento dell’azione individuale e collettiva sull’opinione pubblica. Sulla spinta della partecipazione giovanile, si insisteva anche su quattro problemi: a. il pericolo crescente del nazionalismo; b. la situazione degli obiettori di coscienza; c. i diversi aspetti della violenza nei suoi rapporti con la promozione dei Diritti umani; d. il rinnovamento necessario del regime delle relazioni economiche internazionali. Si coltivava nelle pubblicazioni e negli incontri anche una certa “simpatia spirituale” per la povertà o, meglio ancora, nella società dei consumi in espansione , per uno stile di vita di semplicità.
Al Numero Unico del 1968 farà seguito la pubblicazione di un Bollettino per informare regolarmente sulle attività dei gruppi, narrare impegni particolari, stimolare scelte su urgenze da affrontare. E ora con gioia festeggiamo 30 anni di Mosaico di pace.
Se fin dall’inizio la parola chiave di Pax Christi Italia è stata dunque “l’educazione alla pace”, certamente altre hanno via via caratterizzato l’evoluzione del nostro Movimento . Una di queste è stata “Ecumenismo”. Nella ricerca della pace , significa dialogo interconfessionale e interreligioso , riconciliazione e amicizia tra testimoni di spiritualità della pace. Io stesso mi son lasciato formare vivamente da questa ricerca partecipando tra i primi cattolici all’impegno per la riconciliazione e la pace della comunità ecumenica di Taizè, in Francia. La comunità formata da un centinaio di fratelli provenienti da tante diverse chiese, vuol essere una prova e un anticipo di unità tra cristiani, per un dialogo tra le religioni a servizio della pace nelle varie situazioni, soprattutto quelle più difficili e complesse nel mondo. Vuol essere una unità generata dall’ascolto delle nuove generazioni e dalla presenza dei fratelli in tanti continenti . Conosco particolarmente la fraternità presente nel Senegal, a Dakar, come segno di amicizia tra giovani cristiani e islamici. C’è anche Ak Benn, un progetto per esperienze di convivenza comune e di impegno per l’ambiente in Casamance, nel Sud senegalese. La comunità, a Taizé, ha ispirato un concilio di giovani di tante culture ed esperienze storiche, a cui moltii educatori e chiese cristiane hanno guardato per trovare “immaginazione e coraggio sufficienti per aprire …vie di riconciliazione “ e per impegnare la propria vita “perché l’uomo non sia più vittima dell’uomo”. Ora è in atto l’organizzazione di pellegrinaggi di fiducia su tutta la terra, con giovani di varie confessioni cristiane che vanno a vivere per dei tempi limitati e in piccole fraternità ,come tanti segni di riconciliazione e di amicizia ,in mezzo a situazioni complesse e difficili.
L’ecumenismo che serve la pace è uno dei grandi segni di speranza del nostro tempo. Produce incontri e iniziative comuni, profeti, martiri e giusti a cui rifarsi insieme nell’esempio, sensibilità che evolvono nello scambio di conoscenze e di metodi di lavoro. Ben al di là dei confronti e delle dichiarazioni dei teologi, le narrazioni ecumeniche stanno mostrando una unità vissuta in tante pratiche di vita. L’ecumenismo si fonda sulle Beatitudini. È insieme una spiritualità che coinvolge i credenti oltre i diversi linguaggi generati da condizionamenti storici. Si cerca insieme un altrove verso cui spostare le scelte della mente e le attenzioni del cuore: un altrove delle Chiese e delle religioni che è il servizio alla dignità delle persone e dei gruppi umani.
Questo “altrove” mi ha sempre attratto in avanti, generando in me , come in tanti altri, motivazioni al dialogo senza giudizio, all’ascolto, alla scoperta di belle testimonianze. Ho vissuto i passi di Pax Christi, ma anche gli spostamenti a Taizé, poi a Rossano in Calabria, poi ancora alla fraternità di Romena in Toscana come tappe di scoperta di quell’Altrove appassionante. Vedo queste diverse tappe come un susseguirsi dinamico, ma con unità di spirito, come ha insegnato frère Roger a Taizè, parlando di una unica “Dinamica del provvisorio”. In Calabria, ho molto imparato dalla vicinanza alla gente locale. Ho cercato con i miei compagni e compagne di comunità di portare in questa regione difficile testimonianze autorevoli di nonviolenza e di pace con giustizia. Nel flusso quotidiano della preghiera , nel ritmo del lavoro e dell’accoglienza, sentivamo forte il bisogno di leggere insieme, pochi o tanti che fossimo, i segni dei tempi. Lo facevamo spesso in unità con gruppi affini nell’ambiente calabro. C’erano e continuano ad esserci in quella regione dei gruppi creativi e coraggiosi che vorrei chiamare con il nome che dom Helder Camara in una sua visita ci ha insegnato: “minoranze abramiche” capaci di “sperare – operosamente – contro ogni speranza”. Un amico teologo, don Giovanni Mazzillo, ci ha offerto per tanti anni , in incontri estivi l’occasione di dare anche una base seriamente teologica a quanto vivevamo. Nascevano così le “settimane di spiritualità della pace”, diventate poi ,con una significativa dicitura, giornate per una “teologia che incontra l’altro”. Vi hanno partecipato vari teologi, giornalisti, anche vescovi, assetati di quell’Altrove che ha sempre assetato anche me e la mia comunità. Vita con la gente, spiritualità generatrice di impegno, riflessione e studio, come un filo rosso di unità nella nostra vita. Anche noi minoranza, con tanti problemi con vari potentati locali. Considero perciò un dono della Provvidenza che negli ultimi giorni prima di partire chiudendo perciò tra tante sofferenze l’esperienza di Rossano l’ultimo incontro sia stato una visita di una comunità protestante di Merano con il loro pastore e con il parroco e un gruppo di una parrocchia cattolica della stessa città.
“Fratelli tutti” è l’enciclica di papa Francesco che incoraggia uno stile di vita che unisce il popolo della pace. Francesco conferma quanti in mille modi già vivono con questa ricerca e con questa pratica di vita. Nella lunga evoluzione dei testimoni della nonviolenza e della pace giusta, Francesco non è solo. L’Enciclica condensa in sé le scelte e le pratiche di molti, da Erasmo da Rotterdam a Thomas Merton morto nel suo viaggio in Asia, in Thailandia, proprio durante un incontro monastico interreligioso tra contemplativi indù, buddisti, e cristiani, da Edith Stein che ha sperimentato nella sua vita l’Ebraismo, l’ateismo e il Cristianesimo con il martirio ad Auschwitz , a frère Roger di Taizè, a don Tonino Bello, fratello delle persone reali nel quotidiano della strada. E molti altri .
Dieci anni fa ho partecipato a Kingston in Giamaica a una grande Convocazione internazionale ecumenica per la pace. Facevo parte, tra alcune delegazioni italiane, di quella di Pax Cristi Italia . L a Convocazione è stata una tappa fondamentale a conclusione del “Decennio per superare la violenza”, un percorso per gli anni 2001-2011, deciso dal Consiglio Mondiale della Chiese dopo altri incontri grandi e piccoli nel mondo intero. Avevo partecipato anche ad altre Assemblee ecumeniche delle Chiese europee, nel 1989 a Basilea in Svizzera e nel 2007 a Sibiu in Romania. A Kingston partecipavano numerosi gruppi cristiani, protestanti, cattolici, anglicani, ortodossi, ognuno con le sue urgenze da esporre e pratiche di vita da raccontare. Ogni giorno, dopo la preghiera comune, i partecipanti si ripartivano in una grande quantità di gruppi biblici dove i testi venivano poi letti e ben contestualizzati. Seguiva poi il lavoro in 146 gruppi di studio, affrontando con relatori e relatrici di tutto il mondo un grande ventaglio di tematiche e di esperienze “per la costruzione della pace giusta in quattro ambiti: nella comunità, con la Terra, nell’economia, tra i popoli. Si è prodotta una Dichiarazione finale, ma più importante è stato il grande racconto che, attraverso i partecipanti, avveniva dal vissuto nei quattro angoli del mondo. Pensavo anche allora che siamo davvero circondati da un grande moltitudine di giusti. Nelle difficoltà, sento che mi sussurrano il coraggio.


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