Lavoro
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“La società italiana è mutata e ha attraversato crisi e emergenze con il continuo intrecciarsi di realtà emerse e sommerse, quotidiane e di lungo periodo. Oggi questo non basta più.

L’adattamento continuato non regge più, il nostro complessivo sistema istituzionale deve ripensare sé stesso. Siamo di fronte a una società che potrà riprendersi più per progetto che per spontanea evoluzione” (Censis, 55° Rapporto sulla Situazione sociale del Paese).
Il mondo del lavoro è attraversato da preoccupazioni e timori sottesi al progressivo affievolimento delle misure compensative della crisi pandemica, alle drastiche dismissioni di aziende controllate da soci esteri, al fenomeno delle “grandi dimissioni” (post covid), ai rischi mortali per quanti operano in cantiere, alle inadeguatezze salariali. Le speranze sono riposte nelle opportunità delle nuove forme di mutualità ed impresa sociale e della nuova economia in fase di crescita, oltre che nella ricerca di un’intesa a livello europeo sulla definizione del salario minimo.

Neet
Alcuni dati difficilmente controvertibili sono da tener presenti. Ad esempio l’elevato numero di NEET, tra i 20 e 34 anni pari al 29,4%, che è incrementato di ben sette punti in quattordici anni e di cui l’Italia mantiene un non meritevole primato in ambito europeo. Le proiezioni demografiche recentemente rese note hanno plasticamente rappresentato la persistenza di ostacoli insormontabili quali l’inadeguatezza del sistema di welfare nel sostegno alle nuove famiglie e la perdurante precarizzazione dei rapporti di lavoro. I dati OCSE rielaborati da Open polis hanno evidenziato il drammatico arretramento (- 3,2%) di valore del salario medio annuale in Italia nel periodo 1990-2020. In mancanza di contromisure significative, tale impostazione delle politiche retributive – estranea alle dinamiche europee – segnerà diseguaglianze crescenti, ancor più da oggi in avanti, con la ripresa dell’inflazione e il rialzo dei costi post pandemia. Anche il Rapporto Censis ha monitorato come principale fattore frenante per l’inserimento professionale, anche nella pubblica amministrazione, la retribuzione, che risulta disincentivante rispetto al profilo di competenze specialistiche richieste dal datore di lavoro. Figuriamoci se si è nelle condizioni di mantenere, o tantomeno richiamare, i tanto declamati talenti dei giovani.

Quale inclusione?
Nella missione 5 – Inclusione e coesione – del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, una delle tre componenti, è stata destinata alle politiche per il lavoro, con una dotazione di 6,6 MLD che rappresenta il 3,4% dell’importo complessivo del Piano, ma in combinato con le risorse di REACT EU, la componente sale al valore del 5,3%. Oltre agli interventi per il sostegno alle imprese femminili ed alla certificazione della parità genere, al rafforzamento dei centri per l’impiego e dell’incontro tra istruzione e mondo del lavoro, il principale strumento di attuazione – unitamente al Piano nuove competenze - dovrebbe essere il Programma GOL (Garanzia Occupabilità dei lavoratori) che metterà a sistema un pacchetto di interventi orientati ad efficientare il sistema, operazione già tentata in precedenza, ma con risorse limitate ed obiettivi poco cogenti, oltre che ripartiti tra diversi livelli di governo e di (ir)responsabilità. È stato da poco pubblicato il decreto di approvazione del Programma, con una dotazione finanziaria di 880 Milioni di euro (prima tranche del 20% della dotazione complessiva) per dar vita, di concerto con le regioni, a cinque percorsi: reinserimento lavorativo, aggiornamento (upskilling), riqualificazione (reskilling), lavoro e inclusione, ricollocazione collettiva. L’assegno unico per le famiglie e la rimodulazione dell’Irpef potrebbero significare un primo tentativo di cambio di impostazione, ma bisogna verificarne intanto la praticabilità e poi dovrebbero essere accompagnate da molti altri interventi.

Cambiamenti possibili
Quali sarebbero le condizioni differenti dal passato per una missione che intercetta la vita quotidiana di tante persone? Le risorse finanziarie dovrebbero permettere un’infrastrutturazione di servizi più adeguata agli obiettivi, dotando di strumenti e di personale qualificato, come peraltro è previsto per tutta la Pubblica Amministrazione. C’è da vigilare attentamente sui tempi ed i modi (leggi: piani regionali) degli interventi, perché se è vero che la transizione digitale ed ecologica già hanno attivato e continueranno ad attivare sul mercato del lavoro profili professionali specializzati, bisognerebbe attrezzarsi alla velocità della luce per avvicinare queste occasioni a quanti sono in cerca di un nuovo lavoro o del primo lavoro. I sindacati e le associazioni di cittadinanza attiva potrebbero già prodigarsi in tal senso. Si pensi anche alle implicazioni in termini di programmazione delle politiche fiscali (no a bonus che drogano l’incentivazione di investimenti repentini) e della qualità dello sviluppo (l’edilizia ed il turismo, per quanto labour intensive, possono trainare per mansioni non propriamente qualificate e collaborazioni solitamente stagionali).
Per concludere, poiché non hanno più ragion d’essere interventi assunti come palliativi, ricordiamo le coraggiose parole del Papa pronunciate durante la messa di Natale “Dio stanotte viene a colmare di dignità la durezza del lavoro. Ci ricorda quanto è importante dare dignità all’uomo con il lavoro, ma anche dare dignità al lavoro dell’uomo, perché l’uomo è signore e non schiavo del lavoro. Nel giorno della Vita ripetiamo: basta morti sul lavoro! E impegniamoci per questo”.

Sul tema del lavoro, suggeriamo la lettura del numero di dicembre di Mosaico di pace, interamente dedicato al tema della 55sima Giornata mondiale della pace del 1 gennaio 2022.


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