Uno spicchio di cielo dietro le sbarre: l’esperienza del giovane Claudio in un libro del Centro Gandhi.
“Per arrivare alla pace, l’umanità deve prima vincere la battaglia che è dentro di sé, rispettando i diritti degli altri”.
Ho deciso di iniziare questo articolo con la citazione di Veronica, 12 anni di Ostia Lido perché sintetizza bene la cornice, nell'alveo della presentazione del libro “Uno spicchio di cielo dietro le sbarre” (ed. Centro Gandhi-Pisa), di Claudio Pozzi. Una sorta di diario dal carcere per un’assurda vicenda umana dal 2.04.al 1.10.1972 di Claudio che è stato costretto a trascorrere 5 mesi di prigione per non avere indossato una divisa militare, prima della promulgazione della Legge 772 del 1972. Mi sono tuffato completamente nelle pagine di questo avvincente diario, che Claudio ha voluto scrivere all'interno di queste onde del mare burrascoso e sono riuscito a non affondare e affogare perché, mentre leggevo, trovavo la forza prorompente e il coraggio legato alla sua straordinaria tenacia, per onorare la tensione ideale, etica, sociale e spirituale di una scelta nonviolenta, che è stata argomentata e confermata. Sostenuta in modo convinto dalla comunità ecclesiale “Shalom” di Napoli e da numerose realtà pacifiste e nonviolente quali la LOC, il MIR, sparse in varie parti d’Italia – oltre che da autorevoli rappresentanti della società – in tanti si sono mobiliati in solidarietà a Claudio, con manifestazioni, marce, digiuni e proteste costruttive. Eventi tutti che hanno contribuito alla promulgazione della L. 772/1972 che riconosceva il diritto di obiezione di coscienza al servizio militare, con la sostituzione di un servizio civile di 20 mesi.
A tale proposito, tutta questa vicenda mi ha riportato a una scelta personale perché dal febbraio del 1978 all’ottobre del 1979 ho usufruito della legge sull'obiezione di coscienza. “Il nostro amore è talmente grande e la nostra fede talmente forte ,che niente ci potrà fermare a costo dei più bestiali sacrifici”: queste parole scritte da Claudio a due settimane dalla sua incarcerazione, esprimono bene la tenacia e la determinazione con le quali si faceva forza, con il sostegno di tanti che lo incoraggiavano a non arrendersi.
“Quando arrivai all'aula del Tribunale in manette per il processo, c’erano tante persone tra le quali mia madre che piangente gridò forte: “Perché le manette? Mio figlio non è un delinquente!”. Cos'altro aggiungere? Mi preme evidenziare i versi di una canzone scritta all'inizio del 1900 da Luigi Molinari, avvocato, pedagogista, antimilitarista, anarchico, cantata da Claudio il 1 ottobre del 1972 quando fu scarcerato: “Nel fosco fin del secolo morente, sull'orizzonte cupo e desolato s’affacciò l’alba minacciosamente del di’ fatato”, Sì, possiamo leggere e vedere in quello “spicchio” di cielo quell'alba! Pur tenendo ben presenti la diversità delle vicende, quello che è accaduto a Claudio mi riporta a tre giganti e cioè Etty Hillesum, Victor Frankl e don Lorenzo Milani, che hanno voluto testimoniare sino in fondo – nella prigionia nazista e nell'isolamento imbarazzante voluto dal magistero ecclesiastico – che la propria interiorità, dignità e libertà non possono essere imprigionate mai!
Termino questo articolo con una sorta di gioco linguistico con dieci parole/idee/concetti con la “S” di cui sette “SO” che a mio parere sono una sintesi significativa di quello che ho provato leggendo questo prezioso e utile libro/laboratorio: S-peranza, S-lancio, S-timolo e SO-lidarietà, SO-stegno, SO-rriso, SO-rpresa, SO-rgente, SO-gno e SO-vrano.