Organizzazioni internazionali
Qualifica Autore: Professore emerito di Diritto internazionale

Mosaiconline/giugno 2022

L’articolo del prof. Villani prosegue dal numero di giugno di Mosaico di pace.

In questo quadro si colloca la decisione del Governo italiano di inviare armi all’Ucraina emanando a tal fine i decreti-legge n. 14 e n. 16, rispettivamente del 25 e del 28 febbraio 2022. Le tipologie e le quantità di armi, essendo state secretate, sono del tutto ignote persino al Parlamento, il quale è posto in una condizione di preoccupante emarginazione ed è privato di un effettivo potere di controllo sull’esecutivo. È dubbio, inoltre, se tale invio sia compatibile con la fondamentale prescrizione costituzionale dell’art. 11, secondo la quale “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, salvo che per la difesa della Patria, che costituisce “sacro dovere del cittadino” (art. 52), nel caso, beninteso, di aggressione all’Italia, non certo ad altri Stati. Autorevoli opinioni hanno ritenuto che la decisione del Governo italiano sia in contrasto con il carattere pacifista della nostra Costituzione. A noi pare che, in principio, l’invio di armi all’Ucraina possa conciliarsi con il dettato costituzionale. Infatti l’art. 10 Cost., stabilendo che l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, per un verso, determina un ampliamento del divieto della guerra che, in conformità di una norma consuetudinaria (corrispondente all’art. 2 par. 4 della Carta), si estende a qualsiasi uso o minaccia della forza nelle relazioni internazionali; per altro verso, consente l’impiego della forza non solo per difendersi da un attacco armato, ma pure se tale attacco colpisce un altro Stato (legittima difesa collettiva, anch’essa consacrata nella Carta all’art. 51). E poiché l’Ucraina è vittima di un’aggressione l’invio di armi può considerarsi un mezzo lecito di sostegno a un Paese che esercita il diritto di legittima difesa.

Vanno fatte, peraltro, due precisazioni. In primo luogo l’invio di armi da parte dell’Italia determina la conseguenza che essa perde la qualifica di Stato neutrale, che comporta un dovere di imparzialità nei riguardi degli Stati in guerra, e diventa Stato belligerante. Ciò la espone alle reazioni della Russia, che potrebbero esprimersi anche in forma di violenza bellica, per esempio attaccando i convogli di armi destinate all’Ucraina. La scelta politica del Governo italiano, per quanto lecita (ma non certo doverosa) sul piano giuridico, è suscettibile di coinvolgere l’Italia in un conflitto dagli imprevedibili sviluppi. In secondo luogo un’assistenza militare resta lecita sino a che sia circoscritta nei limiti di un’azione difensiva. Qualora, invece, come fanno presagire le dichiarazioni sempre più minacciose di alcuni governanti, come Biden o Johnson, il confronto militare si trasformasse in una guerra contro la Russia, diretta a sconfiggerla e a provocare il sovvertimento del suo legittimo Governo, una guerra siffatta sarebbe illecita in base sia al diritto internazionale che alla Costituzione italiana. Il primo, infatti, consente l’uso della forza solo per respingere un attacco armato, non anche per “debellare il nemico”, secondo un modello di guerra che l’odierno diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite proibiscono in ogni caso. Quanto alla Costituzione, una guerra sarebbe un vulnus gravissimo e ingiustificabile al precetto del ripudio della guerra, poiché si tradurrebbe in una offesa alla libertà della Russia e un mezzo di soluzione di una controversia, che invece deve regolarsi esclusivamente con mezzi pacifici.

Di fronte al rischio di una terza guerra mondiale e alle sofferenze della popolazione ucraina desta profonda preoccupazione l’assenza quasi totale, sulla scena internazionale, di alcun tentativo di promuovere una soluzione politica alla guerra in atto e di qualsiasi gesto o persino parola di pace. Anche oggi risuona in tutta la sua drammaticità l’inascoltato monito di Papa Pio XII nel suo radiomessaggio del 24 agosto 1939: “Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”.

 


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