Mosaiconline/settembre 2022 (cfr. articolo pagg.23-24)

A metà del 2022, il Tigray è sede della più pesante crisi umanitaria del pianeta, nel secondo più popoloso Paese d’Africa (113 milioni, https://www.cia.gov/the-world-factbook/countries/ethiopia/#people-and-society). La guerra fra Addis Abeba e piccolo Tigray appare anomala, considerate le proporzioni degli avversari: con sette milioni d’abitanti, il Tigray è da decenni in grado di dominare la scena politica della Repubblica Federale, la guerra in corso è il culmine di dinamiche storico-politiche complesse e ramificate.

Il Paese è in una guerra etnica che si sta estendendo ad altre delle oltre 80 comunità che lo compongono, in un’esplosione di risentimenti che mettono a rischio la stabilità dell’intera regione.

Origini
L’Etiopia è composta da etnie eterogenee. Il suo cuore storico, leggendario impero cristiano durato dal 1270 al 1974, è la regione centro-settentrionale popolata d’Amhara. A partire dall’Ottocento, l’impero non solo resistette al colonialismo straniero, ma partecipò fino agli anni Trenta del Novecento alla spartizione del continente: ciò incluse numerosi gruppi etnici in una monarchia che considerava subalterni i non-Amhara, benché maggioritari (Young, J., 1997, Peasant Revolution in Ethiopia: The Tigray People's Liberation Front, 1975-1991. Cambridge University Press. pp.44-48. E Gedamu, Y.  2021. The Politics of Contemporary Ethiopia. Ethnic Federalism and Authoritarian Survival. Routledge, pp.25-36). Gli Oromo sono il 35,8%, gli Amhara il 24,1, i Somali il 7,2, i Tigray 5,7 (https://www.cia.gov/the-world-factbook/countries/ethiopia/#people-and-society).
Iniziò a radicarsi un latente risentimento fra etnie che si considerano nazioni, chiuse in confini imperiali, ma ripiegate sulle loro identità, memorie storiche, agende politiche. Dopo l’occupazione italiana, la monarchia di Hailé Selassié fu restaurata e nel 1951 l’Etiopia fu unita all’Eritrea, con un referendum per l’indipendenza dopo 10 anni poco prima del quale l’imperatore occupò la provincia (1961), originando la reazione dell’ELF (Eritrean Liberation Front). Il Paese – vittima di stagnazione economica, carestie, arretratezza, irriformabile monarchia – non sopportò gli shock petroliferi del 1973 (Young, J.,1997, Peasant Revolution in Ethiopia: The Tigray People's Liberation Front, 1975-1991. Cambridge University Press).
Una coalizione marxista-leninista, dominata da studenti e esercito, depose l’imperatore nel 1974, inaugurando una delle più sanguinarie dittature comuniste del XX secolo: il Derg di Mengiustu, artefice del Terrore Rosso. In opposizione, più gruppi armati si formarono su base regionale-etnica. Due i più forti: il TPLF (Tigray People's Liberation Front) e l’EPLF (Eritrean People's Liberation Front), la cui alleanza indipendentista sottrasse per gli anni Settanta e Ottanta il Nord al controllo del governo. I Fronti erano anch’essi marxisti, ma fin da subito tennero abilmente conto della dimensione etnica, vero fattore di coesione regionale, interclassista e inclusivo, con approccio semi-nazionalista e anti-Amhara. La scelta di preferire l’etnia sia alla classe che alla nazione si rivelerà determinante. Sempre più forte al Nord, la coalizione alla controffensiva espugnò la capitale e dissolse il Derg nel 1991 (Young, J.,1997, Peasant Revolution in Ethiopia: The Tigray People's Liberation Front, 1975-1991. Cambridge University Press. pp.2, 53, 56-62, 80-87, 172-196).

La posizione di forza militare del Tigray, consolidata da un’indistruttibile base regionale, divenne incontrastata quando nel 1993 il “socio’’ eritreo EPLF proclamò l’indipendenza. I rapporti fra i due ex-alleati si deteriorarono fino al 1998, scoppio di una guerra ventennale. Iniziò la transizione fino al 1994, durante la quale gli ex-ribelli si rifondarono in partiti e in una Coalizione – EPRDF (Ethiopian People's Revolutionary Democratic Front) – formata da TPLF, ADP (Amhara Democratic Party), ODP (Oromo Democratic Party) e il SEPDM (Southern Ethiopian People's Democratic Movement). Dal 1995, la nuova Costituzione creò un federalismo etnico alternativo alla disintegrazione del Paese: questo doveva garantire un’autonomia prossima all’indipendenza, in una rigida divisione dei poteri regione/nazione. Per ogni partito la base divenne la propria regione-etnia, stati di fatto indipendenti, con proprio esercito regionale, opposizioni interne, e rivendicazioni di terre irredente assegnate ai vicini (International Crisis Group, ‘Bridging the Divide in Ethiopia’s North’, Crisis Group Africa Briefing N°156, 12 June 2020. p.3).

Le differenze fra regione, popolo, etnia, partito scomparvero, con l’Etiopia ridotta a un imballaggio geopolitico. La sola dimensione regionale e i suoi interessi erano ammessi, a discapito di quello nazionale e degli avversari etnici. Ma sotto la parvenza dell’equilibrio, bolliva il più acuto risentimento, “coltivato in serra’’ da élites che nel veleno retorico iniettato nelle masse avevano il loro vero potere. In questa convivenza forzata, l’esasperata vittimista cifra etnica contro l’imperialismo Amhara (International Crisis Group, ‘Bridging the Divide in Ethiopia’s North’, Crisis Group Africa Briefing N°156, 12 June 2020. P.7-10) esacerbò i sempre presenti odi fra comunità, radicandoli.
Per 30 anni, l’etnicizzazione fu base dei rapporti fra gli alleati del EPRDF. Il sempre meno tollerato autoritarismo e la sudditanza verso il TPLF – prima militare poi istituzionale ed economica – si rafforzavano: il TPLF ha monopolizzato il potere attraverso una Costituzione autografa, clientele, cooptazione, bilanci pubblici, indottrinante retorica contro il pericolo accentratore, sorvegliando gli Amhara per ragioni storiche e gli Oromo per quelle demografiche. Lo sviluppo economico non impedì che la molla dell’odio contro il dispotismo TPLF si caricasse fra i giovani, come il risentimento contro i suoi metodi dispotici, corrotti, esclusivi. La democrazia non fu mai prioritaria: i principi maggioritari e meritocratici, in un regime di minoranza, erano ciò che si doveva impedire. Le crepe iniziarono nel 2015-6, quando le proteste si intensificarono: vera minaccia al regime etnico, le istanze democratiche forzavano i partiti non-TPLF a tener conto dei loro elettorati, minacciando la trentennale Coalizione (Gedamu, Y., 2021, The Politics of Contemporary Ethiopia. Ethnic Federalism and Authoritarian Survival. Routledge, pp.50-52, 81-90, 122-150, 210-215). La crisi si protrasse al 2018, quando per la prima volta un non-tigrino, Abiy Ahmed Ali del partito degli Oromo, divenne primo ministro.

Cronache
Il suo programma, fatto di amnistie e aperture, fu accettato dal TPLF. Ma in pochi mesi il premier assunse una linea revisionista del trentennio di regime TPLF (International Crisis Group, ‘Steering Ethiopia's Tigray Crisis Away from Conflict’, Crisis Group Africa Briefing N°162, 30 October 2020. pp. 4-5). Ciò che lo condusse allo scontro fu il piglio unificatore e accentratore, teso a superare il divisivo regime federale etnico, per un’autentica unità nazionale. La pace con l’Eritrea nel 2018, corredata da un Nobel, fu colta con allarme dal TPLF: un nuovo attacco al Tigray, artefice della ventennale guerra, non più in grado d’incidere nella Coalizione prima monopolizzata (Gedamu, Y., 2021, The Politics of Contemporary Ethiopia. Ethnic Federalism and Authoritarian Survival. Routledge, pp. 220-222). La svolta fu la fusione dei partiti del EPRDF nel nuovo Partito della Prosperità, fine 2019: unico a rifiutare, il TPLF. Sempre più isolato e odiato, il ceto dirigente tigrino si ritirò nella base regionale. La scelta di rinviare le elezioni del 2020 per il Covid19 segnò la rottura (International Crisis Group, ‘Toward an End to Ethiopia’s Federal-Tigray Feud’, Crisis Group Africa Briefing N°160, 14 August 2020. pp.3-7): il TPLF, rigettata la misura ritenuta fraudolenta, le celebrò il 9 settembre 2020 nel solo Tigray. Un’incostituzionalità contestata dal governo che iniziò ad ammassare truppe al confine. L’attacco tigrino il 4 novembre 2020, segnò l’inizio della ostilità.

I dati sul conflitto sono incerti, per l’isolamento della regione (Asylum Research Centre, ’Ethiopia: The Situation in Tigray’November 2021, COI included from 1st September 2020 – 29th September 2021, pp. 6). Le operazioni sono state pesantissime, con massicci bombardamenti fin dai primi giorni, e con nessun tipo d’atrocità risparmiato d’ambo le parti. Forze federali, regionali, eritree da un lato, e tigrine e miliziane regionali alleate dall’altro, si sono alternate nelle avanzate (Asylum Research Centre, ’Ethiopia: The Situation in Tigray’November 2021, COI included from 1st September 2020 – 29th September 2021, pp. 21-25, 75-78). Gli spostamenti hanno fatto esplodere orgogli etno-nazionali, con roboante chiamata alle armi (International Crisis Group, ‘Ethiopia’s Civil War: Cutting a Deal to Stop the Bloodshed’, Crisis Group Africa Briefing N°175, 26 October 2021. pp. 3-6): una guerra di tutti contro tutti è in corso. Dal marzo 2022 si sono alternati i cessate il fuoco, consentendo ridotti corridoi umanitari nell’aprile 2022 (Ethiopia - Situation Report, 7 Jul 2022 - Ethiopia | ReliefWeb). Nel luglio 2022, Tigray, Afar e Amhar vedono in azione gruppi d’ambo le parti, nel contesto di un negoziato iniziato, ma lungo.

La situazione umanitaria è catastrofica: fughe, bombardamenti, torture, attacchi a scuole e ospedali, massacri, stupri condotti da miliziani e civili, impiego di bambini-soldato (Asylum Research Centre, ’Ethiopia: The Situation in Tigray’November 2021, COI included from 1st September 2020 – 29th September 2021, pp. 87-194). Ciò che aggrava i bilanci è la “carestia indotta’’. Il Tigray è sigillato (Report: 5,000-Plus Deaths Under Ethiopia's Tigray Blockade, usnews.com), al chiaro scopo di soffocarne l’economia: scambi bloccati, produzione azzerata, interrotti elettricità, internet, trasporti, telefonia, carburante, servizi bancari, aiuti umanitari (https://foreignpolicy.com/2022/03/05/ethiopia-tplf-tigray-abiy-eritrea-amhara-peace/).
Gli sfollamenti hanno reso migliaia di autosufficienti produttori persone bisognose d’ogni servizio (https://www.who.int/emergencies/situations/crisis-in-tigray-ethiopia). Fame e malnutrizione dilagano, la sanità è collassata. All’inizio del 2022, le persone colpite sono fra 5,2 e 7 milioni (Tigray: Food aid reaches Afar and Amhara, but situation still ‘dire’ | UN News) e 4,2 gli sfollati interni (Ethiopia | Global Humanitarian Overview, unocha.org). Il 90% della popolazione ha bisogno di una qualche forma di aiuto e l’insicurezza alimentare acuta colpisce 8,1 milioni di persone (Ethiopia - Situation Report, 7 Jul 2022 - Ethiopia | ReliefWeb). Il numero di morti è ignoto, ma alcune stime parlano di almeno mezzo milione (https://www.washingtonpost.com/business/the-worlds-deadliest-war-isnt-in-ukraine-but-in-ethiopia/2022/03/22/eaf4b83c-a9b6-11ec-8a8e-9c6e9fc7a0de_story.html).


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