Mosaico di pace maggio 2023/mosaiconline
Giorgio Nebbia e la sua ricerca di connessioni tra ambiente ed economia. Intervista a Marino Ruzzenenti.
Intervista a cura di Anna Scalori
Marino Ruzzenenti vive a Brescia e si occupa di Storia contemporanea con particolare attenzione, negli ultimi tempi, ai problemi ambientali. Fa parte del Gruppo redazionale di Missione Oggi e collabora con la Fondazione Luigi Micheletti di Brescia. Parliamo con lui del suo ultimo lavoro “Giorgio Nebbia precursore della decrescita. L’ecologia comanda l’economia” (Jaca Book, 2022).
Perché la necessità, quasi l’urgenza, di un libro sul pensiero di Giorgio Nebbia e il suo contributo in tema di ecologia?
Da più di trent’anni inseguiamo l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile senza alcun risultato, anzi aggravando sempre più la crisi ecologica. Abbiamo coltivato l’illusione che l’economia potesse farsi carico della salvaguardia dell’ambiente. Nebbia, da chimico e merceologo prestato alla facoltà di Economia dell’Università di Bari, già oltre mezzo secolo fa aveva compreso che l’economia non è in grado di confrontarsi con le ragioni dell’ecologia, perché fondata sul calcolo monetario, ovvero su una convenzione del tutto astratta, che prescinde dalla realtà materiale del processo economico: questo, come spiegava Nebbia, è un flusso di materia e di energia prelevate dalla natura e in gran parte poi restituite alla stessa, ma in forma degradata e dannosa per i cicli naturali. Dunque, se non si studiano, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, i processi reali dell’economia umana, con i metodi di calcolo propri degli ecologi, non se ne viene a capo: l’economia governata dal calcolo monetario rimane cieca rispetto a quanto avviene nel rapporto tra produzione e “consumo” umani da un canto e ambiente e natura dall’altro. Nebbia ha impiegato trent’anni di ricerca per regalarci alla fine nel 2002 il calcolo del Prodotto interno materiale lordo dell’Italia nell’anno 2000. Ovvero l’unico strumento concreto che può far sì che i vincoli ecologici comandino davvero sull’economia, riducendo a zero le tante vuote chiacchiere su sviluppo sostenibile, green economy…
Si tratta di una sorta di rivoluzione copernicana, tanto attuale per una vera transizione ecologica, quanto scomoda per il sistema economico dominante. E forse proprio per questo pressoché ignorata.
Ci sono parole come crescita e sviluppo che spesso vengono usate come sinonimi e raramente fanno riferimento ai destinatari (La crescita di chi? Lo sviluppo di chi?). Puoi dirci in proposito il pensiero di Giorgio Nebbia?
Crescita, sviluppo, e addirittura sostenibilità, lamentava Nebbia, purtroppo, sono parole travisate e ridotte a un’unica formula imposta dall’attuale sistema economico: ricerca spasmodica non del ben vivere delle persone e della natura, ma della produzione di merci, spesso superflue, se non “oscene” (le armi!), per realizzare il massimo profitto monetario a vantaggio di pochi. Per questo per i popoli che godono di un’eccesiva opulenza, già cinquant’anni fa auspicava un “desviluppo” e una “continenza” nei consumi.
Insoddisfatto del Pil Giorgio Nebbia ha provato a costruire un indicatore capace di unire economia ed ecologia, e ha parlato di Bnl, Benessere nazionale lordo. Puoi dirci qualcosa in proposito?
Il benessere nazionale loro va inteso pensando alle merci in funzione non del profitto monetario, ma, da un canto, del minor impatto ambientale tecnicamente possibile (in termini sia di prelievi dalla natura sia di inquinanti sversati) e, dall’altro, del valore d’uso che possono avere per soddisfare i bisogni essenziali dell’umanità, secondo giustizia. Insomma, diceva Nebbia, bisogna passare dalla società dell’abbondanza per pochi a quella dell’abbastanza per tutti. Senza contare, aggiungeva, che l’umanità non vive solo di consumi materiali ma, soddisfatte le necessità per un’esistenza dignitosa, ha bisogno anche di relazioni, bellezza, meditazione, sentimenti, conoscenza, “consumi” altrettanto importanti e che, in una società in cui comanda il denaro, rischiano di essere mortificati.
Mi permetto di aggiungere, infine, un auspicio: che le nuove generazioni sensibili all’ambiente possano avvicinarsi all’insegnamento di Nebbia. Scoprirebbero che mezzo secolo fa il pensiero ecologico aveva chiarito, molto più di quanto si va dicendo oggi, la gravità e complessità della crisi ambientale e ciò che andava fatto per porvi rimedio. Mi permetto di dirlo, anche perché, forse per il giusto slittamento dell’attenzione verso la tragedia della guerra, temo che la crisi ecologica sia di fatto derubricata a crisi climatica e questa a sua volta ridotta a politiche di adattamento e di mitigazione, come le propagandate proposte di piantumare milioni di alberi. In sé buona cosa, ma certo non risolutiva. Se non vogliamo perdere anche questa opportunità di affrontare finalmente alla radice la crisi ecologica, rileggere Nebbia può essere, paradossalmente, di bruciante attualità.