Mosaico di pace settembre/mosaiconline
Sono passati cinquant’anni dalla morte di Tommaso Fiore. Tutti sanno del suo impegno antifascista e in difesa del laborioso “popolo delle formiche”, come chiamò i contadini della sua terra. È molto meno noto il suo impegno pacifista durante l’ultima parte della sua lunga e inquieta esistenza, impegno che trovò il suo humus nella drammatica esperienza della vita di trincea nella Grande Guerra, portandolo a trasformarsi da “soldato dell’Intesa” a “soldato dell’Utopia” (cfr. Dal paese di Utopia, Stilo editrice, Bari, 2015).
Del suo impegno pacifista, dopo i due conflitti mondiali, ne sono una dimostrazione gli scambi epistolari che ebbe con i principali promotori della cultura nonviolenta italiana a partire dal periodo della Resistenza come Aldo Capitini, Danilo Dolci, Ignazio Silone e persino Bertrand Russell. Tutti carteggi in gran parte inediti.
Ormai molto avanti nell’età, Tommaso Fiore concentrò la gran parte dei suoi sforzi in iniziative per il disarmo mondiale e contro il rischio del nucleare.
Nel contesto della Guerra fredda, Fiore divenne uno dei promotori del Comitato Nazionale di solidarietà con Danilo Dolci e un gran numero d’intellettuali tra cui spiccavano Guido Calogero, Aldo Capitini, Guido Bassani, Vittorio De Sica, Renato Guttuso, Norberto Bobbio, Carlo Levi, Alberto Moravia, Ferruccio Parri, Vasco Pratolini, Beniamino Segre, Ignazio Silone, Elio Vittorini, Cesare Zavattini e Antonello Trombadori.
L’obiettivo del Comitato, in un primo tempo, fu quello di sostenere il poeta e attivista Danilo Dolci che, a partire dal 1952, si era reso protagonista di alcune clamorose iniziative nonviolente in Sicilia, dove si era trasferito quell’anno (Trappeto) contro la mafia, la disoccupazione, l’analfabetismo e la fame endemica figlie dell’assenza dello stato e delle disparità sociali.
Come ricaviamo dal carteggio con Aldo Capitini, ancora più attivo fu il ruolo che l’intellettuale pugliese ebbe nell’ambito della Marcia della Pace, la più importante manifestazione pacifista italiana: un percorso di ventiquattro chilometri, da Perugia ad Assisi, per schierarsi apertamente contro qualsiasi guerra.
I rapporti tra i due risalgono, stando ai carteggi, all’immediato Dopoguerra.
L’antifascista perugino, in una lettera del 6 marzo 1945, si presentò a Fiore in questi termini:
Caro Fiore,
Ho avuto notizie dal prof. De Sanctis e il giornale “Il nuovo Risorgimento”: lo leggerò, e te ne scriverò. Grazie del tuo pensiero. Spero che le comunicazioni miglioreranno tanto che ci potremo vedere fra non molti mesi. Ebbi anche da Laterza i tuoi saluti, nel ’43 seppi della tragica morte di tuo figlio.
Le mie notizie sommarie sono queste. Non sono iscritto a nessun partito, e mi dico “indipendente di sinistra” (come tra il Partito d’azione e il socialista, e con molto dentro). Ho formato il Centro di orientamento sociale, di cui ti mando stampati. Ho diretto per i primi numeri il “Corriere di Perugia”.
Le differenze certamente tra i due intellettuali non mancavano. E Fiore, uomo schietto, in un momento storico di riorganizzazione dei partiti, non mancò di puntualizzarlo poco tempo dopo:
Caro Aldo,
grazie dei tuoi scritti. Li passerò a mio figlio per il “N.R.” Quello che fai è estremamente utile. Gli amici però pensano che ogni movimento culturale deve assumere responsabilità politica. Il tuo posto sai bene dov’è. Se tu hai superato il concetto di classe non ti resta che entrare nel Partito d’Azione.
Tommaso Fiore aveva svolto le sue battaglie sempre con e nei partiti e per lui non era concepibile continuarle senza la mediazione di essi; per Capitini, quegli stessi partiti costituivano un limite alla sua libertà d’azione e di quella mediazione ne vedeva il limite legato alla necessità del consenso. Parlando del Congresso mondiale della Pace, tenutosi a Parigi fra l’aprile e il maggio 1949, Capitini spiegò le sue convinzioni in questi termini a Fiore:
Ti ringrazio appena letta la tua lettera, per la questione del Congresso di Parigi. Io non ho fatto nulla per essere nel gruppo, e se me lo chiedessero rifiuterei. Ormai sulla questione della pace (e via via lo dirò anche per le altre: avremo Convegni, scritti ecc.) Debbo presentare “posizioni di coscienza” (vi scrissi un articolo su Italia libera un anno fa), nella loro purezza. Sono per la pace fino in fondo; i comunisti che quasi esclusivamente improntano e popolano il Congresso di Parigi, suscitano guerre dove hanno la speranza di vincerle, fucilano gli obiettori di coscienza e li perseguitano, schiacciano le libertà, hanno osteggiato Gandhi ecc. …
Nonostante le diversità di vedute i rapporti tra i due andarono avanti con un sodalizio che si sviluppò attraverso scambi di idee, articoli e conferenze.
Il 13 maggio 1961, anno della prima Marcia della Pace, Capitini scrisse a Fiore:
Stiamo organizzando in Italia una Marcia della pace come già ne sono state fatte e sono in corso in molti paesi del mondo. Davanti al pericolo di guerra bisogna rendere consapevoli dal basso le popolazioni, particolarmente i giovani e coloro che non seguono quotidianamente i fatti politici, credendo di poter così provvedere meglio al proprio interesse. Per questo prepariamo una manifestazione che ha dell’esteriore, ma è divulgativa, popolare, e se riesce imponente, ha una indubbia efficacia.
La marcia, per Capitini, necessitava di “nomi di personalità” che potevano dare “certamente spicco e autorevolezza” all’iniziativa.
Tommaso Fiore, quasi ottantenne ma con l’entusiasmo di un ragazzino non soltanto partecipò alla marcia tra Perugia e Assisi, ma si adoperò per riproporne una in Puglia. Nel 1962, l’anno dopo la crisi dei missili di Cuba, sulle aspre colline argillose della Murgia, dove gli Stati Uniti dal 1959 avevano installato diversi campi di lancio di missili nucleari “Jupiter” (di gran lunga più potenti delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki), Fiore, con la sua autorevolezza, guidò un’ulteriore Marcia della pace tra Altamura e Gravina di Puglia. Si trattava di due delle città dove gli americani avevano impiantato le loro basi. L’iniziativa è stata ripetuta altre volte, anche di recente, il 19 marzo 2022, per chiedere la fine della guerra tra Russia e Ucraina.