Mosaiconline dicembre 2023/Intervista ad Andrea Vitiello a cura di Rosa Siciliano

Ottanta anni fa, il 2 ottobre 1943, i nazisti attuavano un raid, dagli esiti fallimentari, in Danimarca per deportare tutti gli ebrei del Paese, ma la popolazione locale riuscì a salvarli quasi tutti trasportandoli in Svezia, grazie a una resistenza non violenta e all’aiuto di un nazista tedesco, Georg Ferdinand Duckwitz, nominato dopo la guerra Giusto tra le nazioni.

Questo episodio è in totale contrasto con quanto avvenuto in Italia, poche settimane dopo, il 16 ottobre 1943, nell’ex ghetto di Roma dove avvenne la razzia. In occasione di quell’importante anniversario abbiamo incontrato e intervistato Andrea Vitello, giovane storico e giornalista di Pressenza, autore di “Il nazista che salvò gli ebrei. Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca” (un saggio storico che tratta il suddetto argomento, pubblicato dalla casa editrice Le Lettere, prefazione di Moni Ovadia).

La resistenza nonviolenta avvenuta in Danimarca, nel tempo della deportazione degli ebrei, è un capitolo di storia poco conosciuto. Ce lo puoi sintetizzare in poche righe?
Il caso danese è unico nel suo genere, perché, rispetto ad altri salvataggi avvenuti nel corso della Seconda guerra mondiale in altri Paesi, in Danimarca l’intera popolazione, dal re fino alle persone appartenenti alle classi sociali più umili, contribuì al salvataggio degli ebrei. In questo Paese scandinavo, era presente una delle più antiche democrazie d’Europa e, durante i secoli, la discriminazione e il razzismo istituzionalizzati, non solo nei confronti degli ebrei ma di qualsiasi altra persona, erano sempre stati respinti dal Parlamento. La società si era evoluta all’insegna dell’empatia e della tolleranza, includendo senza discriminazioni persone e comunità, compresa quella ebraica. In Danimarca, a differenza dell’Italia, non venne mai aperto un ghetto e quindi gli ebrei non erano considerati come “gli altri”, ma integrati nella comunità e potevano vivere dignitosamente godendo di tutti i diritti riservati agli altri cittadini danesi. Quando la Danimarca era sotto occupazione nazista, il suo governo si rifiutò più volte di considerare la “questione ebraica” e di introdurre la legislazione antisemita, nonostante le pressioni tedesche. Gli ebrei vivevano liberi, come si evince dalle testimonianze e dalle foto che ho pubblicato nel libro. Quando si venne a sapere che il raid nazista per deportare tutti gli ebrei della Danimarca sarebbe avvenuto la notte tra il 1° e il 2 ottobre, la popolazione danese prima aiutò gli ebrei a nascondersi e poi a scappare in Svezia traghettandoli con barche, a rischio della loro vita. Un giusto danese verrà deportato e in seguito morirà per aver aiutato gli ebrei.
Grazie a queste azioni di coraggio quasi tutti gli ebrei presenti in Danimarca vennero salvati.

Perché hai deciso di approfondire il profilo di Duckwitz, nazista tedesco?
Georg Ferdinand Duckwitz, era un nazista tedesco della prima ora, che dal 1933 al 1935 lavorò presso l’ufficio politica estera del partito nazista sotto Alfred Resenberg. Duckwitz fu l’unico politico nazista, di alto rango (membro del ministro degli esteri del Terzo Reich), a opporsi alla deportazione degli ebrei. Egli inoltre partecipò alla congiura per assassinare Hitler. Quando il 28 settembre 1943, Duckwitz, membro dell’ambasciata tedesca a Copenaghen, venne informato dell’imminente deportazione, nei campi di concentramento, dei circa settemila ebrei danesi, questi avvertì subito i suoi amici del partito socialdemocratico che dettero l’allarme dell’incombente pericolo alla comunità ebraica. Anni dopo la fine della guerra, Duckwitz sarà insignito del titolo di Giusto tra le Nazioni dallo Yad Vashem. Duckwitz rappresenta un esempio di disobbedienza agli ordini, lui ha sempre mantenuto vigile la sua coscienza e, al momento opportuno, ha avuto il coraggio di fare tutto quello che poteva per salvare gli ebrei, poiché riteneva sbagliati gli ordini che gli erano stati impartiti. La sua storia dimostra che si poteva fare di più, a differenza di tutti quei nazisti che, anche al processo di Norimberga, si giustificarono dicendo che stavano solo ubbidendo agli ordini. Per questo è importante far conoscere la storia di Georg Ferdinand Duckwitz.

Solitamente si accusa la nonviolenza di essere utopica e teorica. Mi sembra però che in questo episodio storico, questa resistenza organizzata abbia condotto a risultati importante e tante vite umane sono state risparmiate....
Esatto. In Danimarca si cominciò con la stampa clandestina, per poi passare al teatro, al disertare le mostre e i film antisemiti dei nazisti fino ad arrivare agli scioperi e infine a nascondere e a trasportare in Svezia gli ebrei. La resistenza nonviolenta portò quindi al salvataggio di migliaia di persone e impedì che la Danimarca venisse distrutta dai nazisti. Tuttavia, non si racconta mai l’episodio danese, come non si raccontano gli episodi avvenuti in Italia o altri degni di nota. C’è una tendenza che è quella di parlare di resistenza solo quando è avvenuta in modo violento con i fucili ecc. Questo è sbagliato, soprattutto a livello educativo, perché si insegna agli studenti, quindi alle future generazioni, che esiste un solo modo per fare resistenza ed è con la violenza. E si manca di rispetto a tutte quelle persone che hanno resistito con la nonviolenza. Purtroppo, all’interno della società italiana, a volte, si assiste quasi a una esaltazione della violenza in ogni sua forma, e questo mi preoccupa. Bisognerebbe raccontare queste storie di nonviolenza a scuola e nei media, anche quando non ricorrono anniversari importanti.

Per i giovanissimi che ci leggono, chi sono i Giusti tra le nazioni?
Questo termine e il titolo dell’altissimo riconoscimento conferito dallo Yad Vashem ai non ebrei che durante l’Olocausto non rimasero indifferenti ma contribuirono a salvare gli ebrei. Il 19 agosto 1953 il Parlamento israeliano (Knesset) approvò all’unanimità la “Legge sulla commemorazione dei martiri e degli eroi dell’Olocausto” che istituiva lo Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah. Il 1° maggio 1962 fu inaugurato a Gerusalemme, presso il mausoleo dello Yad Vashem, il viale dei Giusti che poi si allargherà diventando il Giardino dei Giusti. Questi Giusti, mentre erano circondati dall’indifferenza e dall’ostilità dei propri vicini verso gli ebrei, decisero con coraggio, visto che sapevano bene cosa rischiassero qualora fossero stati scoperti, di compiere una scelta autentica per preservare i valori umanitari e non restare indifferenti. I Giusti, utilizzando il libero arbitrio, andarono controcorrente rispetto agli indifferenti e a chi aveva abbracciato i nuovi usi e costumi e la nuova moralità depravata e degenerata, così facendo, decidendo di considerare gli ebrei degli esseri umani la cui dignità andava preservata, scelsero il bene. Perciò le loro storie e il loro esempio morale devono essere insegnati nelle scuole attraverso la didattica della Shoah, con lo scopo di aiutare le nuove generazioni a costruire una società fondata sui più alti valori umani, e a prevenire nuovi possibili genocidi. Alla fine del 2007 erano stati riconosciuti 22.000 Giusti. Fino agli anni Novanta la commemorazione veniva fatta piantando alberi, ma successivamente, in mancanza di spazio per le piantumazioni, è stato costruito nel Giardino dei Giusti il Muro d’Onore su cui vengono scolpiti i nomi dei Giusti. Ci tengo a sottolineare che vennero nominati ufficialmente “Giusti tra le nazioni” dallo Yad Vashem, a Gerusalemme, ventidue danesi, ma ne sarebbero potuti essere riconosciuti molti di più, tuttavia la Resistenza e gli altri gruppi che contribuirono al salvataggio degli ebrei decisero di non far pervenire il loro nome allo Yad Vashem, perché consideravano le loro azioni collettive e come normali atti da compiere in certe situazioni.

Prendi in considerazione diversi testimoni. Cosa hanno in comune e perché racconti la loro storia?
Sicuramente hanno in comune una situazione difficile. Racconto le loro storie per far vedere al lettore le varie vicissitudini che hanno dovuto affrontare, oltre che per come la resistenza nacque in maniera spontanea e cominciò a strutturarsi proprio per salvare gli ebrei.

Credi possibile oggi organizzare una nuova resistenza alle tante violazioni dei diritti umani che si compiono anche con il nostro silenzio?
Assolutamente si però partendo da noi stessi bisogna aiutare a costruire una cultura della nonviolenza e una coscienza collettiva in grado di portare avanti alcune battaglie importanti come ad esempio la non proliferazione delle armi nucleari, la difesa dei diritti dei bambini del Congo costretti a estrarre il cobalto nelle miniere al posto di andare a scuola e fare una vita da bambini, o la difesa dei diritti degli uiguri detenuti ingiustamente nei campi di rieducazione della Cina comunista. Così come tante altre battaglie. In questo senso al fine di costruire una cultura della nonviolenza ritengo molto importante l’esperienza dell’Eirenefest il Festival del libro per la pace e la nonviolenza.

Come poter passare da un modello di nonviolenza ideale e legata a uno stile di vita individuale a un progetto politico capace di cambiare il corso della storia senza l'uso delle armi e della violenza?
Innanzitutto, bisognerebbe smettere di produrre e di vendere armi all’estero, l’Italia ad esempio nonostante la costituzione vende molti armi tra cui anche all’Arabia Saudita mentre stava bombardando i bambini dello Yemen. Bisognerebbe prendere ad esempio il Costa Rica che non ha un esercito e magari investire seriamente nella cooperazione internazionale e nei corpi di pace; tuttavia, come ha denunciato lo stesso Papa Francesco ci sono troppi interessi finanziari dietro a chi fabbrica e vende le armi e per questo è molto difficile che la politica si muova in tal senso. Questo però rappresenterebbe un primo passo importante. Come tuttavia ho risposto nella precedente domanda, spetta a noi provare a costruire una cultura della nonviolenza nonostante tutte le difficoltà. Dobbiamo far capire agli Stati e alle multinazionali che bisogna mettere al centro i valori dell’umanità e della tolleranza e non del profitto economico senza fine, in questo modo si potrebbero evitare molti conflitti armati.


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