Mosaico di pace febbraio 2025
Tra cammini fecondi e creatività solidale: 80 anni di strada e di fermenti di cambiamento.
Sono molti i racconti delle origini di Pax Christi International, dei suoi primi inizi nella sensibilità per la pace, negli anni del dopoguerra, dell’evoluzione delle tematiche affrontate, delle persone decisive nella sua prima organizzazione.
Quanto a me, arrivato a vent’anni nel Movimento, vi scoprivo una grande domanda di organizzazione e di politicizzazione sui temi legati alla pace. C’era una generazione portatrice di fermenti di contestazione al sistema. Eravamo negli anni Sessanta, il Sessantotto entrava nella società e nella Chiesa. Il Movimento c’era ma, al suo interno, soprattutto tra i giovani, si chiedevano prese di posizione più precise sui nodi storici del momento.
Una rinascita del Movimento partì, infatti, dai giovani che negli anni del ’66, ’67 e ‘68 iniziarono a riunirsi in assemblee in città del Centro Europa. In Germania e in Svizzera ricordo due assemblee lunghe una notte intera in cui attorno alla pace si focalizzavano, con coraggio e puntualmente, le tematiche politiche ad essa inerenti. A Friburgo fu chiesto che un giovane rappresentasse tali sensibilità nel Comitato Esecutivo internazionale del Movimento. Fu così che la scelta cadde su di me, approvata poi dai vertici del Movimento.
Le origini
Pax Christi era nata – e mi piace pensare a questa prima origine – in un campo di concentramento a Compiègne nella Francia occupata dai nazisti. Lì, nel 1944, furono internati alcuni oppositori al nazismo, tra cui il vescovo di Montauban, mons. Pierre-Marie Théas, francese, e il padre cappuccino Manfred Horhammer, tedesco. Nel campo, questi cominciarono a riflettere criticamente con altri prigionieri cristiani sui motivi per i quali, nei secoli, il cristianesimo non fosse riuscito a farla finita con il frequente e continuo ricorso alla guerra. E insieme fecero un voto per cui, se fossero usciti da quella terribile detenzione, avrebbero deciso di creare all’interno della Chiesa cattolica un movimento specializzato sulla pace caratterizzato da tre parole generatrici: studio, preghiera, azione. Quel voto, nato in un contesto martiriale, fu confermato, dopo la liberazione, dall’incontro con una donna francese, Marthe Dortel-Claudot, che aveva promosso già nell’autunno 1944 una iniziativa di pace e perdono denominata “Crociata di preghiera per la conversione della Germania”. Evolve presto come Crociata di preghiera…. per la Germania, e poi …per le Nazioni, e finalmente nel 1950 diventa “Movimento internazionale cattolico per la pace” con nuove più ampie aperture tematiche.
Dopo la guerra, l’impegno cristiano per la pace si mostrava presto nella volontà di riconciliazione tra francesi e tedeschi. Ad appoggiare l’organizzazione e il pensiero del Movimento al suo inizio troviamo, oltre a mons. Théas diventato nel frattempo vescovo di Lourdes, nomi molto significativi come il nunzio a Parigi Roncalli e mons. Montini attivo in Vaticano, diventati poi Papi con un costante insegnamento sulle urgenze della pace e della giustizia.
Il primo Presidente internazionale diventa il card. Feltin arcivescovo di Parigi. Il Movimento diventa una estesa aggregazione di base, internazionale, fatta di persone inserite nel mondo con la propria sensibilità e impegno, capaci di offrire il proprio apporto al Magistero ecclesiale sulla pace. Negli anni si sono avvicendati come segretari internazionali del Movimento vari laici e laiche. Attualmente la segretaria internazionale è una donna colombiana e sempre una donna è co-presidente internazionale. Oggi il movimento è presente, con varie modalità e talvolta anche con nomi diversi, in una sessantina di Paesi nel mondo, in tutti i continenti.
I temi
C’è al suo interno una lunga storia di Assemblee, dalle prime a carattere fondativo a una famosa e molto discussa, nel 1973 a Torino, in appoggio alla volontà di indipendenza dei popoli del Vietnam, Cambogia e Laos, allora sotto assedio delle truppe americane. Il susseguirsi di vari Consigli internazionali e Congressi tematici documenta una feconda maturazione ed evoluzione sui temi della nonviolenza, disarmo, diritti umani, dell’educazione alla pace, della spiritualità e della teologia della pace, della giustizia. Tali temi si troveranno poi uniti a quello urgente della salvaguardia del creato.
Diritti e nonviolenza
Tutto questo ha prodotto e continua a produrre in Pax Christi tanto “studio, preghiera e azione” in collaborazione anche ecumenica, interconfessionale e interreligiosa con altre aggregazioni per la pace in varie zone del mondo. Particolarmente intensa è stata questa collaborazione in occasione della promozione da parte dell’assemblea delle Nazioni Unite di un Decennio (1995-2004) per l’educazione ai Diritti Umani. Pax Christi International si è attivata attraverso le sue varie sezioni nazionali, con appositi gruppi di dialogo interreligioso e pubblicazioni, a partecipare attivamente a Kingston nel maggio 2011 alla Convocazione internazionale ecumenica sulla pace organizzata dal Consiglio ecumenico delle Chiese. Il tema di una resistenza non violenta è stato l’elemento centrale affrontato nella ricerca della via per una Pace giusta. Abbiamo sperimentato il senso di tali incontri tra le Chiese cristiane e credenti di altre religioni impegnandoci a costruire Pace nella società, Pace con la Terra, Pace nell’Economia Pace tra i popoli. Temi attualissimi su cui continuare a pensare a tempo e controtempo di fronte alle sfide di tanto cinismo e crudeltà ancor oggi praticata. Temi complessi e dirimenti della pace che sono stati ripresi in una seconda grande assemblea ecumenica nel 2013 a Busan nella Corea del Sud e da riprendere di continuo per far maturare un corale consenso delle chiese sul punto decisivo: “Non vi è guerra, solo la pace è giusta”.
Di fronte alle guerre attuali, quelle più conosciute come in Ucraina e Israele e Palestina e quelle sconosciute o ignorate come per esempio i conflitti nel Congo Orientale, Pax Christi continua una presenza attiva fatta di visite, di volontariato, di prese di posizione contro l’invio e l’uso massiccio di armamenti, di sostegno agli obiettori locali alla guerra. “Ponti, non muri” è una campagna che da anni caratterizza l’attività di Pax Christi International, soprattutto della sezione italiana, nel terribile conflitto tra Israele e Palestina. Promuovere scambi, visite fraterne, scambi di esperienze è sempre stato uno stile del Movimento.
Le frontiere
Fin dall’inizio, quando nell’immediato dopoguerra erano ancora vivi tanti pregiudizi e sentimenti di condanna o di colpevolizzazione, sulle frontiere franco tedesche, Pax Christi organizzava pellegrinaggi, scambi tra scuole, gemellaggi tra comuni. Lo slogan suonava creativo: “Le frontiere non siano barriere, ma cerniere”. Per tanti anni, si sono promosse in Europa le Routes internazionali con interessanti tematiche, momenti di preghiera, tanta festa e convivialità. Alcune avvennero in Italia, una organizzata dai gruppi locali di Vercelli e di Ivrea a Oropa in Piemonte e due dalla Fraternità di Rossano in Calabria. Durante il Concilio Vaticano II, si sperimentava l’universalità della Chiesa non solo con una crescente apertura ecumenica ma soprattutto ricevendo visite di Padri conciliari di tutto il mondo. Si ascoltavano linguaggi teologici e culturali diversi, si apprezzavano simbologie e spiritualità diversificate, al di là di stili colonialistici e di supremazia identitaria.
In Europa c’erano già esperienze spirituali ecumeniche come la Comunità di Taizé in Francia, molto importanti per rafforzare una prassi di incontro tra diversità. Sul suo esempio sono nate altre di queste comunità in Svizzera, Olanda, Germania, e in Italia la Comunità di Bose e la Fraternità di Spello e di Rossano CLe frontierealabro. Sulla spinta di tali presenze, alcune sezioni di Pax Christi hanno collaborato a ricerche teologiche nuove parlando di Dio su cammini di Giustizia, come la Teologia della Liberazione in America latina, e la teologia della Pace in Germania e Belgio e in Italia promossa da Enzo Bianchi, Mattai, Chiavacci e don Giovanni Mazzillo.
Nel 1978 mons. Luigi Bettazzi diventa presidente di Pax Christi Internazionale, succedendo all’olandese card. Alfrink. Già i due avevano collaborato a sviluppare un dialogo Est-Ovest tra cristiani, al di là del grande muro della cortina di ferro. Iniziato a Vienna nel 1974, lo si era continuato biennalmente a Leningrado, a Londra, a Mosca e Zagorsk, Anversa, fino al 1985 a Odessa e Mosca. Alla caduta del Muro di Berlino (Est-Ovest) rimaneva però l’altro grande Muro Nord-Sud, quello tra Ie condizioni economiche e finanziarie del Nord dominante del mondo e il Sud dominato e asservito, tra l’impero del denaro e le immense masse di poveri e diseredati. Di fronte a questo, con ancor più urgenza le tematiche da affrontate diventavano il disarmo, le diseguaglianze economiche, l’indebitamento estero, il cambiamento dei modelli di sviluppo provocatori di dipendenza e impoverimento nel Sud del mondo e distruzione sempre più rischiosa dell’ambiente naturale. Il Movimento favoriva inoltre esperienze di diplomazia popolare con scambi di visite dal Sud verso il Nord del mondo, per coscientizzare sulla situazione dei diritti umani, per raccontare di lotte per la democrazia e per una vita più degna.
In America centrale
Voglio per questo citare un’iniziativa a cui ho partecipato direttamente: la Missione di pace promossa da Pax Christi International in America Centrale, in giugno- luglio 1981, soprattutto in El Salvador, Guatemala, Nicaragua e Honduras, tra popolazioni oppresse o minacciate nelle loro speranze. L’invito a organizzarla era venuto dal Salvador, dal vescovo Oscar Romero, poi assassinato qualche settimana prima della nostra Missione e oggi riconosciuto dalla Chiesa martire e santo. Eravamo una piccola delegazione internazionale. Il mandato affidatoci era duplice. Si trattava di svolgere un’inchiesta sulla situazione dei Diritti Umani in questi Paesi e di informarsi sul ruolo e sulla posizione delle chiese locali. La Missione era presieduta da mons. Bettazzi, presidente internazionale di Pax Christi. Io ho effettuato con un giudice francese l’inchiesta per il Guatemala e Salvador dove localmente abbiamo dovuto talvolta muoverci con una certa clandestinità. Contemporaneamente Mons. Bettazzi ha effettuato delle visite nei vari Paesi incontrandosi con le autorità religiose. Interviste complementari hanno avuto luogo anche in Costa Rica, Panama e Messico. Alla fine della Missione un Rapporto della delegazione è stato discusso a Panama in luglio con autorevoli rappresentanti della Chiesa centroamericana. C’era anche il vescovo guatemalteco mons. Juan Josè Gerardi poi martirizzato nel 1998. L’impegno della Missione continuò in seguito anche con la dedizione alla difesa legale dei poveri di Marianela Garcia Villas, fino al suo martirio. Storie di fede e di martirio a incrociare ancora una volta le strade di Pax Christi. Il rapporto dell’inchiesta è stato pubblicato in quattro lingue e inviato a molte agenzie stampa nel mondo, ad ambasciate all’ONU e a importanti rappresentanti politici in USA e nell’Unione Europea. Anche in seguito a questo impegno, Pax Christi ha ricevuto nel 1983 il Premio Internazionale dell’Unesco per l’educazione alla pace.
Le inchieste
Pax Christi ha promosso altre inchieste, come quella nei conflitti per la terra in Brasile, particolarmente in Amazzonia. Poi ad Haiti nel 1985. Tornando, ho scritto nella presentazione della edizione italiana del Rapporto della Missione. “Haiti è giunta ad una situazione estrema di sofferenza e di oppressione perché è stato uno dei Paesi più dimenticati. Eppure, ha avuto una storia simbolo di lotta per la libertà. Qui e in varie parti impoverite del mondo molti hanno pagato per il loro coraggio di resistenza nonviolenta. Forse il martirio crescerà ancora. Ma è la via che alcuni pensano di dover passare perché la vita torni ad essere degna e ritrovi il gusto della libertà, della vita comunitaria, di popolo in festa” .
Pax Christi Internazionale vuole esserne in molti modi una compagnia solidale. Oggi ancor più dovendo “disperatamente sperare” di fronte alla guerra in Ucraina e ai conflitti in Congo e in Sudan, o Medio Oriente e nella situazione del conflitto israelo-palestinese talmente segnato da crudeltà da chiedersi se sia in atto un genocidio.