Mosaico di pace aprile 2025
Il pacifismo e la non violenza di Giacomo Matteotti
“Vi è stato detto, è vero, che i vostri dolori troveranno una ricompensa al mondo di là. Noi non sappiamo dove e se quest’altro mondo ci sia. Ma non crediamo questa una buona ragione per rinunciare a un po’ di paradiso in questo mondo nel quale viviamo e sulla cui esistenza nessuno può dubitare”. (Giacomo Matteotti, in “La Lotta”, ottobre 1906).
Il pacifista antimilitarista
Nel contesto della Prima guerra mondiale, Matteotti si distinse per la sua ferma opposizione al militarismo. La sua lettera alla moglie Velia del 3 settembre 1914 evidenzia il suo orrore per la guerra e la sua determinazione a opporsi a qualsiasi intervento bellico: “Il pensiero di coloro che stanno uccidendosi è terribile; mi pare giusta l’insurrezione se si volesse domani con assai poca lealtà lanciarci in una guerra contro l’Austria”. Matteotti seguì il principio dell'Internazionale socialista, che proclamava "guerra alla guerra", impegnandosi a utilizzare la crisi generata dal conflitto per mobilitare le masse popolari contro il capitalismo. La sua posizione rimase costante anche di fronte alle pressioni dei suoi compagni socialisti, divenuti interventisti.
L’antinazionalista ‘antipatriottico’
Matteotti non si limitò a criticare la guerra, ma mise in discussione anche il concetto di patria. Durante una seduta del Consiglio provinciale di Rovigo nel 1916 le sue parole contro la guerra e il nazionalismo furono considerate "gravissime": “ Matteotti continua a pronunciare parole gravissime contro la guerra e contro la civiltà italiana e contro il sentimento di patria” (dal verbale della seduta). La sua autodifesa durante il processo dimostrò la sua coerenza: una condanna, per lui, sarebbe stata “un onore”!
Nel 1918, scrivendo alla moglie, Matteotti espresse la sua speranza che l'amore per la patria non fosse mai un’espressione egoistica, ma piuttosto un impulso a migliorarla, anche criticandola.
Nell’ottobre 1923, a guerra finita, avvertendo il pericolo di un aumento dei nazionalismi, forieri di militarismi e imperialismi, scrisse che “la causa prima di tutte le sofferenze è stata proprio la guerra e la politica bellicosa dei nazionalismi”.
Il non violento antifascista
Matteotti si oppose fermamente alla violenza come strumento di lotta politica. Durante una mozione socialista contro la violenza, nel 1921, affermò che atti di violenza non avrebbero giovato alla causa socialista ma l'avrebbero danneggiata. Definì il fascismo come il braccio armato degli agrari contro i lavoratori, evidenziando come la violenza fosse un elemento strutturale, e non collaterale, del nuovo regime. La sua opposizione alla violenza si manifestò anche nel tentativo di evitare che i socialisti partecipassero a celebrazioni nazionalistiche, come quelle del 4 Novembre, che avrebbero esaltato la guerra.
L'episodio di violenza subito da Matteotti nel Polesine, descritto da Piero Gobetti nel 1924, ne evidenziò il coraggio e la determinazione. Nonostante le minacce e le aggressioni subite, Matteotti rimase fermo nei suoi principi. La sua serenità di fronte alla violenza fascista dimostrò la sua forza morale e la sua dedizione alla non violenza.
Conclusione
Giacomo Matteotti rappresenta un esempio di come il pacifismo e la non violenza possano essere strumenti politici potenti nella lotta per la giustizia sociale. La sua vita e le sue azioni ci invitano a riflettere sull'importanza di costruire un "po' di paradiso" nel nostro mondo, affrontando le ingiustizie e le violenze con coraggio e determinazione, senza mai rinunciare ai principi di pace e di solidarietà. La sua preziosa eredità continua a ispirare coloro che lottano per un futuro migliore, libero dalla guerra e dalla violenza.
Testi di riferimento:
Stefano Caretti, Introduzione a Giacomo Matteotti, Socialismo e guerra, Pisa University Press, 2013
Giuliano Zincone, Matteotti. Dieci vite, Neri Pozza, 2024
Davide Grippa, Matteotti e la non violenza, in Giacomo Matteotti, Contro ogni forma di violenza, Einaudi, 2024