Mosaico di pace maggio 2025

La Lettera enciclica Laudato Si’, è stata pubblicata da Papa Francesco il 24 maggio 2024. Sulla scia degli insegnamenti di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, il Pontefice ha invitato la comunità umana mondiale a farsi carico della crisi ambientale contemporanea, che è sia globale che locale, promuovendo un rinnovato impegno, cristiano e sociale, per la cura della nostra “casa comune”.

Con il sintagma casa comune Papa Francesco ha esteso il perimetro dei destinatari della sua Enciclica a tutte “le persone di buona volontà” (LS, 62), convocando l’intera famiglia umana nel riscoprire quell’elemento fontale che caratterizza la base comune della nostra esistenza: quella di abitare tutti insieme la stessa casa, il nostro pianeta Terra.
Tale nozione, non solo sociologica, ma declinata in un orizzonte evangelico di fratellanza umana, ha ampliato in modo inclusivo ed estensivo la nozione ecclesiologica di “barca” giovannea (cfr Gv 21), a cui era stata storicamente e simbolicamente associata l’immagine della Chiesa.
Anche l’apertura dialogica che struttura l’intero documento rispetto ai diversi campi del sapere umano (scientifico, teologico, filosofico, politico, economico, sociologico) ha suscitato l’interesse e la lettura dell’Enciclica ben oltre l’alveo cattolico, rendendo la Laudato si’ il documento magisteriale cattolico più impattante dopo il Concilio Vaticano II.
L’invito globale all’impegno ecologico per la casa comune è stato sapientemente integrato dal Pontefice nell’orizzonte della fede credente, in forza del monito teologico secondo cui per i cristiani “i loro doveri nei confronti della natura e del Creatore sono parte della loro fede” (LS, 64).
Pertanto, egli ha invocato per tutta la comunità ecclesiale globale un nuovo cammino di ascolto e di appropriazione della ricchezza offerta dalla fede nel Dio della Creazione, dinanzi alla “sola e complessa crisi socio-ambientale” (LS, 139) contemporanea.
Il Vangelo della creazione, titolo del capitolo II dell’Enciclica, ha ricentrato l’importanza del tema teologico della creazione, per fecondare e sostenere l’impegno attivo sia della vita sociale, orientata al valore del bene comune, sia della vita credente, nelle sue diverse declinazioni ministeriali: catechetiche, pastorali e liturgiche.
Già Benedetto XVI nel 2008, parlando al clero di Bressanone, aveva sapientemente stigmatizzato questo scollamento tra Creazione e Redenzione: “Negli ultimi decenni, la dottrina della Creazione era quasi scomparsa in teologia, era quasi impercettibile. Ora ci accorgiamo dei danni che ne derivano. Il Redentore è il Creatore”.
Certamente, la teologia della creazione, troppo relegata alla sola sezione introduttiva dell’antropologia teologica nei percorsi formativi, resta spesso disconnessa dall’annuncio della Redenzione. Essa rimane come cristallizzata nel “racconto delle origini”, senza ricadute spirituali e pastorali concrete: da qui anche la carentia che si risconta nei ministri ordinati, spesso poco sensibili alle questioni ambientali.
Papa Francesco, pur rispettando la scelta redazionale inclusiva dell’enciclica di trattare l’argomento senza riproporre l’intera teologia della Creazione, ha esplicitato nettamente la differenza tra la nozione di “creazione” rispetto a quella di “natura””: infatti, ““creazione” è più che dire natura, perché ha a che vedere con un progetto dell’amore di Dio, dove ogni creatura ha un valore e un significato” (LS, 76).
Nella Laudato si’ il Santo Padre ha afferma che, sulla base della rivelazione biblica, “l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra” (LS, 66 ). Questo insegnamento evidenzia come la relazione con il creato è una relazione fondamentale, che caratterizza e struttura ontologicamente l’essere umano. Tale relazione, connessa con la vocazione originaria di “coltivare e custodire” il giardino del mondo, costituisce un orizzonte esistenziale ineliminabile, un terreno fertile in cui si consuma concretamente e storicamente la vita dell’uomo: sia a livello basale organico, sia sociale, sia ecclesiale.
Per il Santo Padre proprio un sano recupero della relazione con il creato nella vita di fede credente consentirebbe di evitare quella accusa di distorsione interpretativa con cui è stato spesso additato il pensiero ebraico-cristiano. Infatti, a partire dalla rivoluzione industriale dell’Ottocento, si è assistito ad un eccesso di “antropocentrismo deviato”, una spirale di sfruttamento e di dominio dispotico delle risorse ambientali.
Dunque, la Laudato si’ non è una Enciclica green, espressione di un magistero accomodato sulle ideologie ambientaliste, bensì un documento magisteriale della Dottrina sociale della Chiesa, basato sull’annuncio di un’autentica teologia della creazione, capace di sostenere nel mondo credente (e non solo) l’impegno concreto per la custodia del creato.
Pertanto, per Papa Francesco la Creazione non è un “portico dei Gentili” dove si può andare d’accordo con tutti gli uomini, prima di entrare nel Mistero propriamente cristiano. Al contrario, in Laudato si’ la dottrina della Creazione è parte della dottrina su Dio e sul Cristo: solo se Dio è il Creatore di tutto, e Cristo, suo Figlio, il Mediatore universale, allora questi può salvare tutti gli uomini. La creazione è un dono proveniente dall’amore di un Dio che ‘convoca ad una comunione universale, la creazione appartiene all’ordine dell’amore’”(LS, 77)
Inoltre, la dignità definitiva della creazione trova proprio nel mistero dell’Incarnazione il suo fondamento teologico ed escatologico, perché, attraverso la natura umana creata, essa è stata assunta per sempre da parte del Figlio di Dio. Dunque, abbiamo “la certezza che Cristo ha assunto in sé questo mondo materiale e ora, risorto, dimora nell’intimo di ogni essere, circondandolo con il suo affetto e penetrandolo con la sua luce” (LS 221).
Dopo aver affrontato in Laudato si’ i temi dell’unica crisi socio ambientale, della prospettiva scientifica a livello globale, dell’importanza della teologia della creazione, dell’antropocentrismo equilibrato (rispetto alle deformazioni dell’antropocentrismo deviato e del biocentrismo) il Pontefice affronta l’importanza, personale ed ecclesiale, di una conversione ecologica. Questo sintagma, sviluppato in Laudato si’, dai numeri 216 a 221 vuole “proporre ai cristiani alcune linee di spiritualità ecologica che nascono dalle convinzioni della nostra fede” (LS, 216).
Il Pontefice ha scritto che: “Manca loro dunque una conversione ecologica, che comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda. Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana” (LS, 217)
Questa necessità di interpolare le fede all’interno della questione socio-ambientale racconta la sensibilità teologica pastorale e pedagogica del Santo Padre, “convinto che ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo” (LS, 15.).
Francesco ha innestato la conversione ecologica nella vita evangelica autentica, “perché ciò che il Vangelo ci insegna ha conseguenze sul nostro modo di pensare, di sentire e di vivere” (LS, 216). Infatti, il Vangelo di Cristo deve illuminare la nostra vita cristiana e le nostre scelte, personali ed ecclesiali, anche in riferimento al rispetto e alla custodia del creato. Insomma, fede e vita morale non possono essere disgiunte (cfr Gc 2,14-26), anche per quanto riguarda la propria relazione con il creato, perché fondata dal/nel Dio Creatore.
A tal proposito, il Pontefice ha assunto una posizione molto decisa, criticando come inautentiche tutte quelle posizioni ad intra dell’alveo cattolico che non riconoscono l’importanza delle implicazioni di fede nei confronti della Creazione. Il suo ammonimento è stato sia nei confronti di quei cristiani che “spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente” (LS, 217), sia nei confronti dei cristiani “passivi” ed “incoerenti”, che, non assumendo l’impegno di cambiare le proprie abitudini, vivono di fatto una vita di fede dissociata. Pertanto, il Pontefice riconosce che: “non sempre noi cristiani abbiamo raccolto e fatto fruttare le ricchezze che Dio ha dato alla Chiesa, dove la spiritualità non è disgiunta dal proprio corpo, né dalla natura o dalle realtà di questo mondo” (LS, 216).
Attraverso l’enciclica Laudato sì Papa Francesco ha manifestato un decisivo orizzonte missionario, in cui la vita di fede resta sempre ancorata alla concretezza della realtà storica e ai sui problemi contingenti. Quindi non meraviglia che la Chiesa di oggi si interessi anche a questioni come i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità: sono aspetti che riguardano l’intera umanità, che richiedono una corresponsabilità anche a livello di vita evangelica.
Tale sensibilità ecclesiale nasce dalla maturazione di una coscienza storica della vita della Chiesa, da una declinazione dinamica di incarnazione contestuale e culturale della sua missione, capace di assumere le sfide della contemporaneità alla luce della fede nel suo Signore Gesù Cristo.
Infatti, per Papa Francesco la verità della Rivelazione è storica, si rivolge nella storia ai suoi destinatari, che sono chiamati ad attuarla nella “carne” della loro testimonianza.
Ricordiamo, a tal proposito, che in Evangelii gaudium (n.115), suo manifesto pastorale programmatico, trasponendo il famoso assioma teologico di Tommaso d’Aquino (“Gratia perficit naturam secundum modum naturae”, Summa Theologiae I, 62, 5, co.) al nostro contesto culturale, Francesco ha afferma che: “L’essere umano è sempre culturalmente situato: ‘natura e cultura sono quanto mai strettamente connesse’. La grazia suppone la cultura, e il dono di Dio si incarna nella cultura di chi lo riceve”.


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