“Sì, ma lei deve calcolare anche le ricadute sul civile!”, mi dicevano i responsabili del progetto F-35, il 10 dicembre 2010, all’interno dell’aeroporto militare di Cameri, per giustificare gli investimenti e la ricerca nel settore militare. L’importante è la ricaduta! Le nostre bombe made in Italy vanno anche in Arabia Saudita, che le usa per bombardare lo Yemen. Tutto regolare secondo i Ministri Gentiloni e Pinotti. Un po’ meno per le Procure di Brescia e Cagliari che hanno aperto un’inchesta sulla spedizione di bombe aeree autorizzata dal governo, prodotte dalla RWM Italia, azienda tedesca del gruppo Rheinmetall con sede legale a Ghedi (Brescia) e stabilimento a Domunovas (Carbonia-Igliesias) in Sardegna.
“La presenza dei militari in Sardegna è una presenza importante per la Difesa del Paese e della stessa Regione, che ha anche delle ricadute economiche in quel territorio che devono essere tenute in considerazione” così diceva la Ministra Pinotti lo scorso 29 giugno. È vero, non parlava della fabbrica di Domunovas ma della caserma di Patrosardo a Nuoro.
Ma il concetto di fondo è sempre la ‘ricaduta’.
Così come non si sa per quale ‘ricaduta’, lo scorso 27 ottobre all’Onu - mentre 123 nazioni hanno votato a favore di un Trattato di messa al bando degli ordigni nucleari per il 2017 - l’Italia ha votato contro!
Ci manca solo che l’Unione Europa decida di finanziare la ricerca militare, per un importo di oltre 3,5 miliardi di Euro nel periodo 2021-2027.
Ci diranno sicuramente che ci sarà una ‘ricaduta’.
Attendiamo spiegazioni dai Ministri Pinotti e Gentiloni. Lo abbiamo chiesto come Pax Christi nei giorni scorsi con un intervento anche del presidente Mons. Giovanni Ricchiuti.
Per ora l’unica ricaduta certa è quella delle bombe che cadono seminando morte e distruggendo vite umane.
Questa è la vera ricaduta, che ci preoccupa e angoscia.
E spero che il ricordo dei morti di Nassiriya il prossimo 12 novembre non diventi occasione di retorica, ma faccia riflettere tutti sulla vera natura della guerra e delle bombe. Lo dico con profondo rispetto per chi ha perso la vita.
Io ero tra i pochissimi italiani presenti a Baghdad, il 18 novembre 2003, ai funerali, senza le salme, dei soldati italiani uccisi.
La vera ricaduta di una tragedia non può che portare su strade diverse, di pace e nonviolenza.