In tanti lo conoscevano nel quartiere Tamburi di Taranto perché era uno di quei bambini senza capelli, per via della chemioterapia. Il quartiere Tamburi è il più inquinato della città. Ed è un quartiere che preesisteva alla costruzione del grande polo industriale. 

Vincenzo aveva 11 anni e lottava da tempo contro il suo tumore. È stato concepito proprio negli anni in cui cominciammo a prendere coscienza dell'inquinamento. Ricordo benissino quegli anni fra il 2008 e il 2009: organizzammo due manifestazioni mai viste prima, di ventimila persone l'una. Fermammo il centro con una presenza imponente di giovani, nessuna piazza era in grado di contenere la marea di ragazzi. Si diffuse una parola micidiale: diossina. E tutto cambiò.
Proprio in quegli anni, fra il 2008 e il 2009, Vincenzo si stava formando prima come embrione, poi come feto, poi come neonato. Mi ha spiegato la dottoressa Annamaria Moschetti, pediatra, che quella è la fase più delicata, di massima fragilità per l'organismo in formazione. E Vincenzo è venuto alla luce mentre dall'Ilva fuoriusciva una quantità di diossina pari a quella di diecimila inceneritori. La sua famiglia ha vissuto proprio accanto a quel camino che emetteva diossina. E non solo: c'erano le cokerie dell'Ilva. E Vincenzo, appena venuto al mondo, ha fumato un migliaio di sigarette nel suo primo anno di vita. Senza fumarne neppure una, ma semplicemente inalando il benzo(a)pirene delle cokerie, un cancerogeno certo.
La dottoressa Annamaria Moschetti ha dichiarato: “Vincenzo viveva esposto alle sostanze ad azione cancerogena certa immesse nell’aria dall’impianto siderurgico costruito a ridosso della città. È plausibile ed è probabile che l’esposizione alle sostanze cancerogene abbia determinato o concorso a determinare il cancro che l’ha ucciso”.
L'Ilva è lo stabilimento più grande e più vicino al quartiere Tamburi, ma alcuni chilometri più in là c'è anche una raffineria e un cementificio, più varie discariche che confinano con campi coltivati.
Per tanti anni la popolazione non è stata informata e avvisata del rischio cancerogeno. Non sono state prese le precauzioni a tutela della salute pubblica. Le associazioni dei cittadini hanno dovuto fare un'azione di supplenza dello Stato. Tanto che lo Stato italiano ha recentemente subito una condanna per violazione dei diritti umani da parte della CEDU (Corte Europea dei Diritti dell'Uomo) di Strasburgo. Lo Stato ha il dovere di proteggere. In modo surreale - quasi fossimo una nazione canaglia - è dovuta intervenire una corte di giustizia internazionale per richiamare lo Stato italiano ai suoi doveri.
In questo video girato la scorsa estate nel quartiere Tamburi ci sono gli amici di Vincenzo che vanno sotto la sua finestra a incoraggiarlo in coro: https://www.facebook.com/TamburiCombattenti/videos/981341975618016/ 

È con queste immagini che vogliamo ricordarlo. Il suo ricordo sia un monito per tutti, specie per chi ha la responsabilità politica di decidere e di proteggere.

Altri articoli sull'Ilva, le lotte cittadine per salavare la città sono pubblicati in Peacelink


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