Il viaggio in Iraq si è concluso. Francesco ritorna a Roma, dopo questi giorni di incontri che possiamo definire "storici".
Sono davvero tante, tantissime emozioni, riflessioni, lacrime e sorrisi, telefonate e messaggini con amiche e amici iracheni. Ma non volevo certo fare, ora a caldo, un bilancio di questo viaggio di Francesco nella terra di Abramo. Certo non può mancare un ricordo particolare per tutte le persone che ho conosciuto in Iraq in questi oltre 20anni. Nelle case, nelle chiese, nelle moschee, nelle scuole, nei bar e anche dal… barbiere. Oltre al caro amico Louis Sako, molti i ricordi di donne, forti e coraggiose.
Volevo lasciare spazio – oggi è l’8 marzo – a una donna che, pagando sulla sua pelle, è diventata un simbolo. Anche papa Francesco ha più volte ricordato, in questi giorni, tutte le minoranze, in particolare gli Yazidi: “vittime innocenti di insensata e disumana barbarie”.
Questa donna, yazida, si chiama Nadia Murad.
Lascio la parola a un’altra donna, amica, che ben conosce l’Iraq, Giuliana Sgrena. Tutti ricordiamo la sua storia, il suo rapimento, la liberazione e l’uccisione in quella circostanza di Nicola Calipari, da parte di un militare Usa. Scrive Giuliana Sgrena nel suo libro ‘Manifesto per la verità’: “Nadia Murad, vincitrice del premio Nobel per la pace 2018 insieme al ginecologo congolese Denis Mukwege, era diventata una sabaya (schiava di guerra). Entrambi sono impegnati nella lotta contro la violenza sessuale (Mukwege ha curato circa 50.000 vittime di stupro nell’ospedale di Bukavu) e l’uso dello stupro come arma di guerra”.
Sì, perché come scrive ancora Sgrena: ”Lo stupro è anche un’arma da guerra. La più subdola, perché mira a umiliare il nemico annientando una donna, spesso costringendola a mettere al mondo dei ‘bastardi’. La donna ‘bottino di guerra’ dagli antichi greci fino ai nostri giorni”.
Leggi anche: